2022-01-17
Le terre rare preoccupano Washington e Roma
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(Photo by Per-Anders Pettersson/Getty Images)
Il Senato americano torna a porre la questione delle terre rare. Un tema spinoso, su cui ha concentrato di recente la propria attenzione anche il Copasir. Washington e Roma potrebbero dunque giocare di sponda in funzione anticinese?Gli Stati Uniti puntano i riflettori sulle terre rare. Venerdì scorso, è stato introdotto al Senato un disegno di legge volto a ridurre la dipendenza di Washington dalla Cina per quanto riguarda l’approvvigionamento di questi elementi. Il provvedimento è stato presentato congiuntamente dal senatore repubblicano Tom Cotton e dal collega democratico Mark Kelly: un raro esempio di proposta bipartisan, che evidenzia come la questione delle terre rare sia considerata sempre più urgente dagli Stati Uniti. «Il Partito comunista cinese», ha dichiarato Cotton, «ha una stretta sulle forniture globali di elementi delle terre rare, che vengono utilizzati in tutto, dalle batterie agli aerei da combattimento. Porre fine alla dipendenza dell'America dal Pcc per l'estrazione e il trattamento di questi elementi è fondamentale per vincere la competizione strategica contro la Cina e proteggere la nostra sicurezza nazionale». Nel dettaglio, il disegno di legge prevedrebbe vari punti. Prescrive innanzitutto ai dipartimenti della Difesa e dell'Interno di creare una riserva strategica di elementi e prodotti di terre rare entro il 2025, cosicché siano prontamente disponibili delle riserve in caso di interruzioni nella catena di approvvigionamento. In secondo luogo, gli appaltatori del Pentagono dovranno tracciare l’origine delle terre rare usate per la realizzazione della tecnologia militare statunitense. Un terzo punto decisivo è la limitazione dell’uso di terre rare cinesi nei sistemi del Dipartimento della Difesa entro il 2026. Si richiede infine «all'ufficio del rappresentante commerciale e del dipartimento del commercio degli Stati Uniti di presentare un rapporto al Congresso sulle pratiche commerciali sleali della Cina nel mercato dei metalli delle terre rare, con potenziali dazi da seguire». Secondo quanto riferito da Fortune a febbraio scorso, Pechino controlla circa il 40% dei depositi di terre rare a livello mondiale e, cosa ancora più importante, ha sviluppato le strutture industriali adeguate per la lavorazione di questi elementi. Sotto questo aspetto, gli Stati Uniti risultano notevolmente indietro. E, nel 2020, il Dragone ha minacciato Washington di tagliare i rifornimenti ad alcune grandi aziende americane nel settore della Difesa: un inquietante monito, arrivato in reazione alla posizione statunitense sul dossier taiwanese. La situazione è preoccupante, anche perché –come recentemente riferito da The Diplomat– la Cina risulterebbe responsabile del deposito di oltre l'80% dei nuovi brevetti internazionali relativi alla tecnologia delle terre rare. Non solo: il mese scorso, Pechino ha creato il colosso China Rare-Earths Group, nato dalla fusione di varie realtà industriali. «La fusione crea un nuovo gruppo che probabilmente aumenterà il controllo del mercato», ha riferito a tal proposito Bloomberg News. Finora, al contrario, gli interventi della politica americana nel settore si sono rivelati troppo timidi: Donald Trump e Joe Biden hanno, sì, dimostrato di avere contezza del problema. Tuttavia, sino ad oggi, Washington si è mossa in modo fondamentalmente rapsodico e inefficace. È quindi possibile (e auspicabile) che questo nuovo disegno di legge bipartisan cominci a dare una scossa positiva a Campidoglio e Casa Bianca sul tema. Tra l’altro, la questione delle terre rare offre un interessante punto di convergenza con l’Italia. Giovedì scorso, il Copasir ha infatti pubblicato una relazione sulla sicurezza energetica, mettendo in luce come, su questo fronte, il nostro Paese rischi un’eccessiva (e pericolosa) dipendenza dalla Repubblica popolare cinese (soprattutto in riferimento al settore dell’eolico). Il tema delle terre rare potrebbe quindi costituire un punto di collegamento tra Roma e Washington per affrontare il comune problema dell’approvvigionamento energetico e per rinsaldare un asse geopolitico atlantico in funzione anticinese.