
È la lunga scia di bimbe osannate dagli ecologisti e poi sparite. Enrico Giovannini senza volerlo ammette: «Nel 1992 ce n'era una uguale».Nel passato ci sono tante Greta Thunberg che non ce l'hanno fatta. Certo, non c'è ragione di dubitare del fatto che per le decine di migliaia di studenti scesi in piazza venerdì Greta rappresenti un fenomeno del tutto nuovo. Così come appare evidente che la maggioranza dei suoi giovani seguaci sia totalmente in buona fede quando ripete a memoria i mantra verdi: gli adulti ci hanno rubato il futuro, non c'è più tempo, il mondo è spacciato. Ma chi non è di primo pelo deve ammettere che tutto il bailamme mediatico intorno alla giovane attivista svedese puzza di operazione costruita a tavolino. E siccome ogni tanto la verità per fortuna viene a galla, ci ha pensato l'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini a dire le cose come stanno, seppur sotto forma di lapsus. Parlando venerdì a tarda sera nel programma televisivo Linea notte, Giovannini (oggi portavoce dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) a un certo punto ha affermato: «Al summit di Rio c'era una ragazza che fece esattamente gli stessi discorsi, allora vorrei sapere chi può pensare che dal 1992 c'è qualcuno che sistematicamente ogni 35 anni tira fuori…». Forse conscio di aver espresso un pensiero troppo franco, dopo aver pronunciato queste parole Giovannini ha interrotto bruscamente la frase ed è passato a un altro concetto. Non c'è bisogno di troppa fantasia per immaginare cosa stesse per dire l'ex presidente dell'Istat prima di zittirsi. La sostanza è che la vicenda che oggi vede protagonista Greta Thunberg in realtà è una minestra riscaldata. Negli ultimi tre decenni la retorica contro i cambiamenti climatici si è servita pressappoco degli stessi ingredienti. Oltre all'attacco ai governi e alla necessità di agire in fretta, la costante di questa strategia di comunicazione è rappresentata dalla presenza dei giovanissimi per veicolare il messaggio. Una sorta di efebofilia climatica che ha raggiunto la sua acme per l'appunto con la figura di Greta Thunberg.Ma non mancano i precedenti caduti nel dimenticatoio. Passata alla storia come «la ragazza che ha zittito il mondo», la canadese Severn Cullis-Suzuki aveva appena 12 anni quando nel 1992 tenne una durissima relazione in occasione del Summit della Terra a Rio de Janeiro. Ai tempi la Suzuki faceva parte del Enviromental children's organization, un gruppetto di suoi coetanei impegnati «a fare la differenza». Molti passaggi della sua prolusione sono perfettamente sovrapponibili con i discorsi di Greta: «Voi adulti dove cambiare il vostro modo di agire. Nel venire qua, non ho secondo fini. La mia lotta è per il futuro: perdere il futuro non è come perdere le elezioni o qualche punto nei mercati azionari». Man mano che Severn va avanti nel suo ragionamento, in platea i volti si fanno scuri e gli occhi sfuggenti. «Sognavo un mondo popolato da piante e animali, ma oggi non so se i miei figli saranno in grado di vederlo», incalza la giovane. Qualche dubbio sul fatto che sia tutta farina del suo sacco è lecito, dal momento che la ragazza è figlia del famoso ambientalista David Suzuki. Oggi Severn ha 39 anni e vive tranquillamente con la propria famiglia in un arcipelago a largo della Columbia Britannica. A dispetto dei suoi timori, il mondo è ancora in piedi.Facciamo un passo avanti nel tempo. Nel giugno del 2015, di fronte ai membri dell'Assemblea generale dell'Onu, il quindicenne attivista Xiuhtezcatl Martinez spiega che «la posta in gioco è l'esistenza della mia generazione», considerato che «negli ultimi 20 anni di negoziati quasi nessun accordo vincolante è stato raggiunto sul piano del risanamento climatico». Per certi versi, il suo cursus honorum ricalca quello di Greta. Martinez diventa attivista a soli 6 anni dopo aver visto un documentario sull'ambiente, e nel 2013 viene premiato per il suo impegno nientemeno che da Barack Obama. Tra le azioni che lo hanno reso celebre, la causa contro il governo degli Stati Uniti, accusato di «negare il diritto costituzionale alla vita, alla libertà e alla proprietà, per il fatto di aver ignorato il cambiamento climatico». La mente corre inevitabilmente alla denuncia intentata in questi giorni da Greta contro i governi di cinque Paesi. Oggi Martinez si guadagna da vivere facendo l'artista hip hop. Sempre nel 2015, un'altra adolescente è assurta agli onori delle cronache per essersi battuta contro il cambiamento climatico. Si tratta della diciottenne filippina Marinel Ubaldo, intervenuta alla conferenza sui cambiamenti climatici dell'Onu Cop21 di Parigi dopo aver perso tutto a causa del tifone Haiyan. Più vicina nel tempo l'americana Jamie Margolin, che a soli 16 anni nel 2017 ha sfilato con il suo movimento Zero hour, e Genesis Butler, 12, diventata famosa lo scorso febbraio quando ha offerto di donare 1 milione di dollari in beneficenza se il Papa fosse diventato vegano. Menzione a parte per l'italiano Potito, il ragazzino di 12 anni che venerdì ha manifestato da solo in piazza nel suo paesino in provincia di Foggia. Da Severn Suzuki a Greta Thunberg, tutti questi ragazzi si sono trovati a essere ingranaggi di un meccanismo molto più grande. Rimane da capire se chi ce li ha infilati abbia realmente a cuore il loro bene.
Ansa
Il ministero dell’Istruzione cassa uno dei rilievi con cui il Tribunale dei minorenni ha allontanato i tre figli dai genitori: «Fanno educazione domiciliare, sono in regola». Nordio, intanto, dà il via agli accertamenti.
Se c’è un colpevole già accertato nella vicenda della «famiglia del bosco», che ha visto i tre figli di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion affidati dal Tribunale dei minori dell’Aquila a una struttura, è al massimo l’ingenuità dei genitori, che hanno affrontato le contestazioni da parte dei servizi sociali prima e del tribunale poi. Forse pensando che la loro buona fede bastasse a chiarire i fatti, senza affidarsi al supporto di un professionista che indicasse loro quale documentazione produrre. Del resto, in procedimenti come quello in cui sono stati coinvolti non è obbligatorio avere il sostegno di un legale e risulta che il sindaco del loro Comune, Palmoli in provincia di Chieti, li avesse rassicurati sul fatto che tutto si sarebbe risolto velocemente e senza traumi. Ma i fatti sono andati molto diversamente.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Ridotti i paragrafi del primo documento, il resto dovrebbe essere discusso direttamente da Volodymyr Zelensky con il presidente americano Il nodo più intricato riguarda le regioni da cedere. Forse ci sarà un incontro in settimana. E l’ultimatum per giovedì potrebbe slittare.
È un ottimismo alla Giovanni Trapattoni, quello espresso ieri da Donald Trump sul processo diplomatico ucraino. «È davvero possibile che si stiano facendo grandi progressi nei colloqui di pace tra Russia e Ucraina? Non credeteci finché non li vedete, ma potrebbe succedere qualcosa di buono», ha dichiarato il presidente americano su Truth, seguendo evidentemente la logica del «non dire gatto, se non ce l’hai nel sacco». Una presa di posizione, quella dell’inquilino della Casa Bianca, arrivata dopo i recentissimi colloqui, tenutisi a Ginevra, tra il segretario di Stato americano, Marco Rubio, e la delegazione ucraina: colloqui che hanno portato a una nuova versione, definita da Washington «aggiornata e perfezionata», del piano di pace statunitense. «I rappresentanti ucraini hanno dichiarato che, sulla base delle revisioni e dei chiarimenti presentati oggi (l’altro ieri, ndr), ritengono che l’attuale bozza rifletta i loro interessi nazionali e fornisca meccanismi credibili e applicabili per salvaguardare la sicurezza dell’Ucraina sia nel breve che nel lungo termine», si legge in una dichiarazione congiunta tra Washington e Kiev, pubblicata nella serata di domenica.
Elisabetta Piccolotti (Ansa)
Sulla «famiglia nel bosco» non ci risparmiano neppure la sagra dell’ipocrisia. La deputata di Avs Elisabetta Piccolotti, coniugata Fratoianni, e l’ex presidente delle Camere penali e oggi a capo del comitato per il Sì al referendum sulla giustizia, avvocato Giandomenico Caiazza, aprendo bocca, non richiesti, sulla dolorosissima vicenda di Nathan Trevallion, di sua moglie Catherine Birmingahn e dei loro tre figli che il Tribunale dei minori dell’Aquila ha loro tolto dicono: «Non mi piace la superficialità con cui si parla dei bambini del bosco», lei; e: «In un caso come questo dovremmo metterci al riparo da speculazioni politiche e guerre ideologiche preventive», lui.






