2018-07-24
Le polizze vita arrivano a fine corsa. Il 99,7% dei clienti vuole il contante
Secondo l'associazione delle assicurazioni solo 2.672 su 749.313 contratti scaduti si risolvono in un assegno mensile. Gli altri sottoscrittori chiedono tutto il capitale. Colpa dei tassi bassi e dell'incertezza finanziaria.Rendita vitalizia? No, grazie. L'assegno mensile piace sempre molto poco ai titolari di polizze assicurative sulla vita: chi si impegna a sottoscrivere questi contratti, infatti, nella grande maggioranza dei casi preferisce riscuotere alla scadenza il capitale. Lo conferma l'indagine annuale dell'Ania, l'associazione nazionale che riunisce le imprese assicuratrici, che ha analizzato il ricorso alla rendita vitalizia per quanto riguarda gli esercizi dal 2014 al 2016, prendendo in esame tutte le compagnie italiane ed extra Ue che operano nel settore vita. Le polizze analizzate sono state divise in due gruppi: il primo comprende i contratti di capitale che prevedono l'opzione di conversione in rendita vitalizia, mentre del secondo gruppo fanno parte i contratti di rendita differita.E a quanto pare le compagnie dovranno studiare una strategia differente, perché i dati sono inequivocabili: specie per quanto riguarda i contratti di capitale (quelli del primo gruppo) la propensione alla rendita - cioè il rapporto tra le rendite attivate e i contratti in scadenza - si conferma ancora estremamente contenuta, anche se il dato risulta in lieve crescita per entrambe le forme di contratto. Colpa dei tassi bassi, o forse dell'incertezza sull'effettiva durata della rendita vitalizia? Di certo si sa che l'opzione dell'assegno mensile viene scelta da una percentuale davvero esigua del totale dei sottoscrittori di polizze vita. Nel 2016, per esempio, solo lo 0,357% delle 749.313 delle polizze terminate ha dato luogo a erogazioni in rendita (2.672 in tutto).Tra il 2014 e il 2016, rivela la ricerca Ania, il numero complessivo dei contratti (di capitale e di rendita differita) giunti a scadenza è stato pari a poco meno di 2,6 milioni, a fronte di un ammontare di capitali pari a 59,2 miliardi di euro (di cui oltre il 90% relativo a contratti di capitale, sia in termini di numero sia in termini di importo). In media solo lo 0,320% dei sottoscrittori di queste polizze vita ha deciso di ricorrere alla rendita vitalizia, erogata quindi per soli 8.175 contratti: una percentuale veramente minima, anche se in lieve aumento rispetto allo 0,296% registrato nella precedente rilevazione (relativa agli esercizi dal 2013 al 2015). In termini di importi, tra il 2014 e il 2016 solo lo 0,569% del totale è stato erogato sotto forma di vitalizio. Queste percentuali si chiamano «tasso di propensione alla rendita» e sono particolarmente basse soprattutto tra chi sceglie il contratto di capitale.Nel triennio 2014-2016 queste tipologie di contratto hanno rappresentato quasi la totalità delle polizze vita giunte a scadenza (2,4 milioni su un totale di 2,6 milioni): la propensione alla rendita sul totale dei contratti è stata dello 0,037%, pari ad appena 896 contratti (era dello 0,032% nella statistica relativa agli esercizi 2013-2015). Negli ultimi anni il trend è rimasto praticamente immutato, anche se di recente c'è stata una lieve crescita: dal 2010 al 2015 questo rapporto di propensione, calcolato per i singoli anni, è stato pressoché stazionario e pari a poco più dello 0,030%, mentre è cresciuto allo 0,050% nel 2016. Prendendo in considerazione gli importi, la somma dei capitali maturati è stata pari a 54,5 miliardi di euro, di cui solo lo 0,099% (contro lo 0,068% degli anni 2013-2015) ha dato luogo all'erogazione in rendita; nel 2016 la propensione alla rendita è stata pari allo 0,171% degli importi, in crescita rispetto ai valori registrati dal 2010, pari in media allo 0,070%. Le percentuali sono decisamente più alte se si prendono in considerazione i contratti di rendita differita, che però rappresentano una piccolissima parte del totale delle polizze vita: tra il 2014 e il 2016, a fronte di oltre 154.000 polizze maturate, il 4,714% (pari a 7.279 contratti) ha visto l'erogazione di una rendita, un dato che segna un aumento rispetto al 4,040% registrato nel triennio 2013-2015. Questa crescita, nota l'Ania, è determinata principalmente dal valore registrato nell'ultimo anno (5,280%), il più alto mai osservato. In termini di importi, invece, dei 4,7 miliardi di euro costituenti i capitali di copertura, il 5,963% (contro il 4,744% registrato tra il 2013 e il 2015) ha effettivamente dato luogo all'erogazione in rendita, con il valore del 2016, pari a 7,719%, che segna un significativo aumento rispetto ai valori degli anni precedenti.Si tratta comunque di polizze di importo non molto elevato: il capitale medio maturato è stato pari a 23.173 euro, di cui 22.689 euro relativi a contratti di capitale e 30.684 euro relativi a capitali di copertura di contratti di rendita differita. In merito ai contratti che hanno dato luogo al pagamento della rendita, l'importo medio complessivo dei capitali maturati è stato pari a 41.179 euro: i contratti di capitale hanno registrato un ammontare medio pari a 60.390 euro, superiore di oltre 20.000 euro a quello dei contratti di rendita differita (38.814 euro).
Donald Trump (Ansa). Nel riquadro il suo post pubblicato su Truth con cui ha annunciato il raggiungimento dell'intesa tra Israele e Hamas
Nella notte raggiunto l'accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione dei prigionieri. Il presidente americano: «Giornata storica». Le truppe israeliane lasceranno la Striscia, tranne Rafah. Guterres: «Tutti rispettino l’intesa».
È stato Donald Trump, poco prima dell’una italiana, ad annunciare il raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per una tregua nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora in mano al gruppo islamista. «Sono molto orgoglioso di comunicare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace», ha scritto il presidente americano su Truth, definendo quella di oggi «una giornata storica».
Secondo le prime ricostruzioni dei media israeliani, la firma ufficiale dell’intesa è prevista alle 11 italiane. L’accordo prevede il ritiro dell’Idf, l’esercito israeliano, da gran parte della Striscia di Gaza, con l’eccezione di Rafah, e il rilascio degli ostaggi sopravvissuti entro la fine del fine settimana, probabilmente tra sabato e domenica. Il piano, frutto di settimane di mediazione tra Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia, stabilisce anche la liberazione di circa duemila detenuti palestinesi in cambio del rilascio dei prigionieri israeliani. Lo scambio dovrà avvenire entro 72 ore dall’attuazione dell’accordo.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la notizia in un comunicato del suo ufficio, parlando di «una conversazione molto emozionante e calorosa» avuta con Trump subito dopo l’annuncio. «I due leader si sono congratulati per lo storico risultato ottenuto con la firma dell’accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi», si legge nella nota. Netanyahu ha ringraziato Trump «per la sua leadership e per gli sforzi a livello globale», ricevendo a sua volta le lodi del presidente americano per «la sua guida determinata». Trump, parlando poi con Axios, ha rivelato di aver ricevuto un invito ufficiale a recarsi in Israele. «Probabilmente nei prossimi giorni visiterò il Paese e potrei rivolgermi alla Knesset. Vogliono che tenga un discorso, e se lo desiderano, lo farò sicuramente», ha detto. E ha aggiunto: «Per raggiungere questo accordo si sono uniti gli sforzi di tutto il mondo, compresi Paesi ostili. È un grande risultato. La mia chiamata con Netanyahu è stata fantastica, lui è molto contento, e dovrebbe esserlo». In un altro messaggio pubblicato sui social, il presidente americano ha voluto ringraziare i mediatori regionali: «Tutte le parti saranno trattate equamente. Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America. Benedetti gli operatori di pace!».
Da Gaza, Hamas ha confermato la propria adesione, sottolineando che l’accordo «prevede la fine della guerra, il ritiro dell’occupazione, l’ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri». Il movimento islamista ha ringraziato «i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia» e «gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a porre fine definitivamente alla guerra». Hamas ha poi chiesto ai mediatori internazionali di «costringere Israele ad attuare pienamente i requisiti dell’accordo e a non permettergli di eludere o ritardare quanto concordato». Secondo la Bbc, resta invece fuori dall’intesa la richiesta di Hamas di includere nel piano lo storico leader palestinese Marwan Barghouti, la cui scarcerazione è stata respinta da Israele.
La notizia dell’accordo ha provocato scene di entusiasmo nella Striscia: i media israeliani riferiscono che migliaia di palestinesi sono scesi in strada a Gaza, tra clacson, canti e fuochi d’artificio, dopo l’annuncio del presidente americano. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha accolto con favore la svolta: «Accolgo con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria». Guterres ha poi invitato «tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo», sottolineando che «tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in modo dignitoso» e che «deve essere garantito un cessate il fuoco permanente».
Intanto, sui social, i familiari degli ostaggi hanno diffuso un video di ringraziamento rivolto a Trump: «Il presidente ce l’ha fatta, i nostri cari stanno tornando a casa», affermano alcuni di loro. «Non smetteremo di combattere finché non tornerà l’ultimo dei 48 ostaggi». Se i tempi saranno rispettati, la giornata di oggi potrebbe segnare la fine di una guerra durata quasi un anno, costata decine di migliaia di vittime e un drammatico esodo di civili. Un accordo che, nelle parole dello stesso Trump, «è solo il primo passo verso una pace forte e duratura».
Continua a leggereRiduci
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
Continua a leggereRiduci