2020-09-27
Le piante più antiche di Roma sono i platani della valle dei cani
A terra dal 1600, riposano nel cuore del parco di Villa Borghese. Arbusti stregheschi, fessurati e spaccati, creano anfratti nei quali ci si può nascondere. Pochi altri esemplari si possono trovare nell'orto botanico.Provate a inoltrarvi nelle strade della città eterna e chiedete: lei sa qual è l'albero più vecchio di Roma? Secondo lei quanti anni può avere l'albero più vecchio di Roma? Sarebbe interessante fare un esperimento di questo tipo e raccogliere, un giorno dopo l'altro, un quartiere dopo l'altro, le risposte che le persone darebbero. Si potrebbe cucire insieme un libro con tutte le possibili risposte a questa domanda. Il titolo potrebbe essere: L'albero più antico di Roma o Qual è l'albero più vecchio di Roma?Forse qualcuno potrebbe ricordare il grande noce che sorgeva in quella spianata fuori le mura dove oggi sorgono le due chiese di Piazza del Popolo, fra le cui radici si racconta che fossero stati sepolti i resti del grande piromane, l'imperatore Nerone. Forse qualcuno potrebbe ricordare i lecci monumentali di cui scriveva Plinio Il Vecchio nei suoi annali naturalistici. Forse qualcuno invece vi accompagnerebbe a vedere quel misero reperto legnoso che resta della celebre quercia del Tasso, sul Gianicolo, già tristemente descritta da Achille Campanile. Ma potreste anche essere fortunati, e incontrare qualche cercatore di alberi secolari in incognito, e sentirvi raccontare che ci sono due antichi platani all'Orto botanico di Trastevere, oppure altri raccontarvi dei platani della valle dei cani, nel vasto polmone verde che circonda Villa Borghese.All'interno degli spazi urbani i luoghi ove incontrare alberi plurisecolari non sono poi molti: orti botanici, anzitutto, e giardini di residenze storiche. Gli orti botanici sono stati iniziati nel Trecento - Vaticano e Salerno - anche se i più annosi risultano gli appartenenti all'ondata successiva, quella più nutrita mossa dalle accademie, che ha attraversato gli stati italiani nel corso del XVI secolo, in città quali Pisa, Padova, Bologna e Firenze. Successivamente ne sono stati ricamati in spazi minuti che nel tempo sono cresciuti in varie città, fra XVII e XIX secolo, quali Torino, Genova, Milano, Palermo, Napoli, Cagliari, Ferrara, Catania e Lucca. Le ville extraurbane ospitavano selve, soprattutto a Roma, mentre molti altri centri erano pressoché castrum militari, sorti circondati da mura e dove ogni spazio era assai prezioso; bisognerà attendere il XVII e il XVIII secolo per avvistare i primi giardini, privati anzitutto, e i primi spazi verdi ad uso pubblico, e un secolo ancora per iniziare a piantare alberi e disegnare viali all'inglese. Di queste invenzioni oggi abbiamo ampia presenza e documentazione, e molte residenze private sono nel frattempo passate sotto la gestione del demanio statale, assumendo in taluni casi il ruolo di beni storici, piuttosto che di biblioteche civiche o di aree espositive. Napoleone e la nascita dello Stato Unitario fra il 1861 ed il 1870 hanno abbattuto mura e spalancato lo sviluppo urbano alle campagne circostanti. Ville che un tempo erano sorte in comunione con il silenzio lavorato delle campagne agricole o delle colline sono state avvicinate e inglobate nelle sempre più abitate e costruite città moderne.Ma qual è la giusta risposta alla domanda iniziale? Gli alberi più annosi di Roma sono platani orientali (Platanus orientalis), importati da fenici e dai romani dalla Grecia, e non a caso proprio in quel Paese dalla lunga cultura filosofica e architettonica ne esiste un esemplare millenario, forse il più grande del continente, sulla cima del Monte Pelion, a Tsagarada, in Tessaglia. L'ho visitato anni fa e la sua dimensione supera le più rosee e arboree aspettative. In Italia abbiamo alcuni esemplari che superano i dieci metri di circonferenza del tronco: un grande platano alle porte di Ascoli Piceno, un platano in una frazione del comune di Caprino Veronese, e il maggiore, il platano-grotta di Curinga, nelle Calabrie. L'età stimata oscilla fra i cinquecento anni e il millennio. Tutti appartenenti alla stessa specie degli alberi più annosi di Roma: i platani dell'Orto botanico e i platani di Villa Borghese. In entrambi i casi si tratta di piante che sono state messe a dimora agli albori del 1600, come d'altronde testimonia una pubblicazione datata 1650, in Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, compilata da Iacopo Manilli che indicava la presenza di 40 platani. Ne sono rimasti 11, di cui otto in fila, sono quelli che incontrerete nella valle detta dei cani o dei platani, nell'ampio ventre frondoso del parco di Villa Borghese. Alberi stregheschi, le cortecce macchiate di bianco, di grigio e di caffelatte. Fessure e spaccature nei legni, rami come braccia sparate e mai finite e anche una grotta dentro la quale potervi nascondere. Da anni se ne occupa la meritoria associazione Amici di Villa Borghese, anche se manca un progetto concreto di valorizzazione. Il maggiore dei platani per circonferenza misura 600 centimetri, a petto d'uomo, ed è mezzo metro più «ristretto» rispetto ad uno dei due platani che custodiscono le geometrie dell'ardita Fontana degli undici zampilli, disegnata dal Ferdinando Fuga nel 1741-44, presso l'Orto botanico, un tempo proprietà del Cardinale Neri Corsini. Il platano colossale era alto una quarantina di metri, recenti potature l'hanno abbassato, mentre del compagno resta una massa vivente che tenta di risollevarsi, dopo il trauma di uno schianto da fulmine ricevuta oramai 30 anni fa. Questi sono gli alberi più annosi della città che fu di Giulio Cesare, di Michelangelo Buonarroti e di tanti papi. Ottimo luogo, i platani, per venire a meditare ogni mattina, all'alba, mentre la capitale si risveglia.Scelta musicale: a proposito di albe pochi sono gli artisti capaci di avvicinare la musica alla meditazione quanto i tappeti sonori e le fluttuazioni del californiano Harold Budd, classe 1936. Chi scrive confessa di essere fedele suddito della religione percettiva di questo annoso esploratore della musica d'ambiente, che da oltre 60 anni compone splendide melodie. Fra i suoi album possiamo citare un lavoro uscito nel 1991 per la Warner Bross e ristampato da un'etichetta indipendente, come la quasi totalità della musica di questo compositore che abita il deserto del Mojave, All Saints Records: By the Dawn's Early Light, ovvero Alla prima luce dell'alba. Non una traccia, ma l'intero album va ascoltato e riascoltato: gli assoli minimali al pianoforte, le atmosfere del suo mondo fluttuante. Una carezza lunga 53 minuti.