2021-01-04
Le periferie ostaggio dei campi rom. «Li lasciano liberi di avvelenarci»
Chi vive ai confini della capitale e di Napoli è costretto a respirare i fumi dei roghi tossici che arrivano dagli insediamenti: «Chiusi in casa per la pandemia, non possiamo nemmeno spalancare le finestre».Gli abitanti di Tor Sapienza si lamentano da anni: «Il sindaco non ha fatto altro che scaricare il problema sulle nostre spalle».Lo speciale contiene due articoli.«I campi ormai sono come le ambasciate: l'ingresso è vietato, lì dentro valgono solo le regole delle famiglie rom». Tor Sapienza, quadrante est della Capitale. Da qualche giorno, l'aria è tornata acre, irrespirabile. Il cielo annerito dai fumi dei roghi tossici che provengono dal campo rom di via Salviati, uno degli insediamenti formali della città di Roma. Batterie, cavi, tutto finisce nelle fornaci all'interno dei container. «La puzza ti entra in gola, gli occhi bruciano» racconta chi questo incubo lo vive da anni. Vicino al bar della piazzetta, Roberto Torre, che conosce la zona sasso per sasso, di lamentele ne raccoglie tante, ogni giorno: «Hai sentito Robe', non si è respirato neanche stanotte» gli confidano le donne anziane del quartiere, che qui sono un numero consistente. Di promesse, negli ultimi 20 anni, ne hanno sentite tante da queste parti, troppe. «Il primo protocollo alla Regione Lazio lo abbiamo presentato nei primi anni del 2000» ricorda Torre. Tavoli, incontri con i prefetti e le forze dell'ordine, persino una Commissione parlamentare di inchiesta. «Soldi buttati», lamentano i cittadini. «Appena la Commissione si è sciolta, siamo tornati al punto di partenza». Come un eterno gioco dell'oca, si ritorna sempre al via, ai roghi che i rom continuano ad appiccare, anche se di notte e in maniera meno eclatante rispetto al passato, quando le fiamme avevano reso necessaria la presenza dell'esercito. «Tra gennaio e ottobre di quest'anno abbiamo assicurato un notevole abbattimento del fenomeno» garantisce il sindaco, Virginia Raggi. Eppure qui non ci crede più nessuno: «Siamo chiusi in casa per via della pandemia e non possiamo neanche aprire le finestre per cambiare l'aria» raccontano alla Verità i cittadini del quartiere, «ostaggi» in un isolamento autoimposto per evitare di respirare la «robaccia che arriva dal campo». «Si riempiono la bocca di belle parole, ma poi li lasciano liberi di avvelenarci» racconta ancora Torre, la cui finestra è a pochi metri di distanza dai container di via Salviati. «Perché tutto questo non succede davanti al Campidoglio? La periferia è insultata continuamente e la politica non risponde: a loro, se respiriamo diossina, non interessa». Nell'enorme buco dei quartieri periferici, sembrano essersi perse anche le amministrazioni che hanno governato la città di Napoli. Come spesso accade nel nostro Paese, anche qui il provvisorio si è fatto definitivo. E ora che l'emergenza sanitaria presenta il conto, i risultati appaiono drammatici. Nel campo rom di Secondigliano, il Covid si è insinuato in una situazione sanitaria critica, «una sorta di Far West», come lo definisce il consigliere regionale della Lega, Severino Nappi. «In quel campo ci sono ammassate centinaia e centinaia di persone nel totale disinteresse delle amministrazioni comunale e regionale». Dopo i focolai di dicembre, la zona rossa è stata cancellata poco prima di Natale. I problemi, tuttavia, sono ancora lì, irrisolti. A pochi chilometri di distanza, un'altra «bomba sociale ed ecologica», come la chiamano i cittadini del quartiere: il campo rom di via Cupa Perillo, a Scampia, dove oggi ci sono circa 400 persone. «Le baracche sono costruite con materiale preso dalla spazzatura, i roghi tossici rendono irrespirabile l'aria», spiega il consigliere regionale Marco Nonno (Fratelli d'Italia). «Qui gli allacciamenti dell'elettricità e dell'acqua sono abusivi, i servizi non ci sono». I bambini vivono in condizioni impossibili, senza scuola, costretti a mendicare. E pensare che di fondi, dal Comune, ne sono arrivati eccome. Per i servizi di «integrazione e inclusione scolastica dei minori rom», l'area welfare ha messo a disposizione quasi mezzo milione di euro per lo scorso anno scolastico. Eppure, anche le associazioni allargano le braccia: «Nonostante le buone intenzioni, i risultati sono troppo esigui, le soluzioni tardano ad arrivare» racconta alla Verità Barbara Pierro, dell'Associazione Chi Rom e chi no. In un appello inviato al Governatore della Regione, Vincenzo De Luca, e al sindaco della città Luigi De Magistris chiedono di rivedere le politiche abitative, per cancellare il modello dei campi rom. Di risposte, al momento, non ne sono arrivate. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/le-periferie-ostaggio-dei-campi-rom-li-lasciano-liberi-di-avvelenarci-2649724282.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nelle-baraccopoli-tutto-e-permesso-ma-raggi-tace-servirebbe-l-esercito" data-post-id="2649724282" data-published-at="1609703995" data-use-pagination="False"> «Nelle baraccopoli tutto è permesso ma Raggi tace. Servirebbe l'esercito» «Da anni chiediamo la chiusura dei campi rom e di trovare delle soluzioni abitative dignitose. Non siamo più liberi di passeggiare nel nostro quartiere, di aprire le finestre in una giornata di sole. Qui la diossina ci entra nelle case, d'estate si muore». Marco Caruso vive a Roma «ostaggio» dei fumi tossici dei rom: da una parte la baraccopoli istituzionale di via Salone; poco più in là, il campo di via Salviati. Negli ultimi giorni è tornato l'incubo dei roghi tossici tra le strade dei vostri quartieri. Da quanto tempo lei si trova in questa situazione? «È una piaga contro la quale combattiamo da tempo, da almeno 5 anni i roghi sono aumentati in modo preoccupante. I fumi arrivano dal campo rom più vicino a noi, quello di via di Salone, il più grande d'Europa. Quando il vento ci è nemico, alle nostre finestre arriva anche la puzza dei roghi del campo di via Salviati, non distante da qui. Ci sono giorni d'estate, in cui siamo obbligati a restare tappati in casa». Che cosa bruciano? «Gomme, rifiuti, rame». Un business tollerato, secondo lei? «Sì, qui lo sospettiamo da tempo. Il problema resta irrisolto perché a qualcuno conviene, soprattutto alla politica. Sui campi rom hanno fatto campagna elettorale, mai i problemi restano irrisolti e scaricati sulle nostre spalle». Secondo i numeri del Comune, i roghi sono diminuiti del 30%. Non è così? «Mentono sapendo di mentire». Che cosa intende? «Un minor numero di interventi non significa una riduzione dei roghi. Ne abbiamo filmati ovunque, non solo nei campi. È l'intera filiera che crea un danno enorme. Se credono che la presenza dei vigili davanti ai campi sia sufficiente a fermare il fenomeno, si sbagliano di grosso». Perché non basta? «I vigili hanno un dovere preciso: evitare che i rifiuti arrivino nei campi. Ma una presenza fissa, statica non serve a nulla: i rom creano varchi, entrano dappertutto. E la spazzatura continua a bruciare. Se non vogliono chiuderli, allora chiediamo l'esercito, a ingaggio dinamico dentro i campi». Da anni presentate esposti. Il mondo politico sembra un muro di gomma. «Con i nostri esposti siamo arrivati persino in Unione europea. Ricordo l'audizione della Commissione parlamentare d'inchiesta: ci avevano promesso i presidi dell'esercito fuori da campi, che abbiamo visto solo per qualche mese. Penuria di risorse, ci hanno spiegato. Peccato che per i controlli di Natale e Capodanno gli agenti li abbiano trovati». Lei è preoccupato per la sua famiglia? «La mia battaglia è iniziata quando è nata mia figlia. Non voglio che cresca in questa aria irrespirabile. Correre e documentare i roghi è l'unico modo che abbiamo per dimostrare che le cose accadono». Vi accusano di fare dei fotomontaggi. È così? «Dicono che i nostri video non sono reali, che le foto immortalano altre zone della città. Per questo abbiamo deciso di fissare data e luogo su ogni immagine. Dobbiamo lottare contro chi non accetta le nostre posizioni, contro chi ci accusa addirittura di razzismo. In molti non riescono a capire, soprattutto chi non abita vicino ai campi, che la diossina è una problema per tutti». Ha cercato un dialogo con gli abitanti dei campi? «Come si può dialogare con chi non vuole? Ogni volta che ci proviamo, veniamo presi a male parole». Molti abitanti della zona sperano in una nuova amministrazione. Ci crede anche lei? «Spero che ci possano ascoltare. Per ora abbiamo sentito solo parole. Risposte zero. Fatti nemmeno a parlarne. Virginia Raggi ha vinto in periferia: dopo i voti, il nulla».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)