2019-11-27
Le operazioni di soccorso in mare fanno aumentare partenze e morti
Uno studio realizzato da tre economisti del collegio Carlo Alberto di Torino mostra che della presenza di navi europee e italiane nel Mediterraneo hanno beneficiato i trafficanti. Causando disastri umanitari. Ha suscitato notevole clamore mediatico, nelle scorse settimane, uno studio firmato dai ricercatori Matteo Villa e Eugenio Cusumano a proposito delle Ong. I due accademici sostengono che le organizzazioni umanitarie non sono un «pull factor», cioè la loro presenza nel Mediterraneo non ha fatto aumentare le partenze di migranti dalle coste libiche. Ovviamente la gran parte dei media ci si è buttata a capofitto, utilizzando lo studio per dimostrare che Matteo Salvini, Giorgia Meloni e quanti avevano attaccato i «taxi del mare» erano in torto. Su quella ricerca, in realtà, ci sarebbe molto da discutere. Villa e Cusumano prendono in considerazione i recuperi in mare effettuati dalle Ong tra il 2014 e il 2019 e a dimostrazione della loro tesi scrivono che «nel 2015, il numero totale di partenze dalla Libia è leggermente diminuito rispetto al 2014 anche se i migranti salvati dalle Ong sono aumentati dallo 0,8 al 13% del totale delle persone soccorse in mare». E ancora: «Dopo il luglio 2017, il il numero di migranti in partenza dalla Libia è precipitato anche se le Ong sono diventate i principali fornitori di ricerca e soccorso». I dati successivi al luglio 2017 fanno poco testo, perché sono successivi all'accordo con le milizie libiche voluto dall'allora ministro Marco Minniti. Sui numeri precedenti bisognerebbe valutare con attenzione il rapporto fra salvataggi effettuati dalle navi umanitarie e quelli realizzati tramite le varie operazioni internazionali tipo Triton. In ogni caso, lo studio di Villa e Cusumano sembra un po' debole come base d'appoggio per sostenere che le operazioni di ricerca e soccorso in mare non siano un «pull factor». Tanto più che esiste uno studio - parecchio approfondito e molto serio - il quale dimostra esattamente il contrario. Villa e Cusumano lo cita solo di sfuggita, come se fosse cosa di poca importanza. In realtà si tratta di una ricerca autorevole e parecchio interessante, che non per nulla ha suscitato l'attenzione di Bloomberg news, che le ha dedicato un bell'articolo firmato da Ferdinando Giugliano. La ricerca di cui stiamo parlando è stata realizzata da Giovanni Mastrobuoni, celebre economista del Collegio Carlo Alberto di Torino assieme ai colleghi Claudio Deiana e Vikram Maheshri. Tre studiosi di vaglia, non certo sospettabili di simpatie sovraniste. Costoro hanno esaminato i dati riguardanti la rotta del Mediterraneo centrale, in un periodo di tempo compreso fra il 2009 e il 2017. Mastrobuoni, Deiana e Maheshri considerano soltanto le operazioni Sar (search and rescue, cioè ricerca e soccorso) gestite in un modo o nell'altro dall'Europa. Parliamo dunque di Hermes, Mare Nostrum e Triton. Non si occupano delle Ong, anche perché il tema è politicamente molto scivoloso. Tuttavia le loro conclusioni hanno molto a che fare con i taxi del mare. Esaminando le varie operazioni di ricerca e soccorso europee, i ricercatori hanno scoperto che i trafficanti di uomini «hanno risposto passando da barche di legno in condizione di navigare a fragili gommoni. In tal modo, queste operazioni hanno indotto un numero maggiore di attraversamenti e hanno avuto l'effetto finale di compensare interamente i benefici di sicurezza previsti per le operazioni di ricerca e salvataggio, che sono andati, almeno in parte, a beneficio dei trafficanti». Ecco, queste sono le «conseguenze inaspettate» delle politiche di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. I trafficanti di uomini, sapendo che c'erano navi europee pronte a imbarcare i migranti, hanno cominciato a utilizzare gommoni e altri barchini a maggior rischio naufragio. Non solo: hanno anche aumentato in modo considerevole il numero delle partenze. In questo modo, i possibili benefici in termini di sicurezza per i migranti sono stati di fatto annullati. Certo, gli studiosi sono estremamente prudenti, fin troppo forse. Temono strumentalizzazioni politiche, e in fondo c'è da capirli. Quando si pubblicano studi contrari al pensiero dominante, le conseguenze sono sempre pesanti. Qui però il messaggio è piuttosto chiaro: le operazioni di soccorso fanno aumentare le partenze, i rischi e i morti. Anzi: non solo il numero dei morti cresce, ma i disastri avvengono sempre più vicino alle coste libiche, proprio a causa del tipo di imbarcazioni scelto dai trafficanti. Lo studio in questione, per altro, si riferisce agli anni più caldi dell'invasione, quelli con centinaia di migliaia di sbarchi sulle nostre coste. Anni in cui nel Mediterraneo operavano sia le navi «ufficiali» dell'Italia e di altri Stati europei sia quelli delle Ong. Ora, noi non siamo raffinati economisti, però è abbastanza logico supporre che le navi di soccorso - di qualunque tipo - abbiano svolto la stessa funzione provocando i medesimi effetti. La sensazione è che lo studio di Villa e Cusumano volesse a tutti i costi dimostrare una tesi che, in fondo, è tutta politica, giusto per smentire le dichiarazioni dei sovranisti. La ricerca di Mastrobuoni, Deiana e Maheshri appare un tantino più approfondita e un po' meno orientata. È ovvio che le Ong non siano l'unico fattore che spinge gli immigrati a partire. Sul numero dei morti incidono le condizioni meteo e - in troppe circostanze - il semplice caso. Sui flussi hanno influenza le decisioni politiche, gli accordi fra Stati, e vari altri fattori. Ma è indubbio che la presenza di navi pronte a recuperare gli stranieri dai barconi abbia facilitato la vita ai trafficanti. Forse, per risolvere definitivamente il problema, bisognerebbe realizzare uno studio che esamini sia l'operato delle Ong sia quello delle navi europee e italiane. Ma è facile che arrivi a conclusioni sgradite ai fan dell'accoglienza, quindi sospettiamo che non si farà mai. Nel frattempo, Villa e Cusumano sostengono che i governi dovrebbero prendere in considerazione l'idea di rimettere in pista operazioni come Mare Nostrum. Beh, se gli effetti sono quelli sono quelli che abbiamo appena elencato, significherebbe dare il via a una nuova invasione e mettere nuovamente in pericolo migliaia e migliaia di persone. Di aumento dei flussi e di naufragi abbiamo già avuto notizia negli ultimi giorni. Forse possiamo farceli bastare, che ne dite?
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