2020-05-15
Le linee guida pazze scatenano le Regioni: «Così ripartire diventa impossibile»
Luca Zaia (Massimo Bertolini/NurPhoto/Getty Images)
I protocolli per barbieri, ristoranti e stabilimenti balneari fanno infuriare i governatori: «Sono regolamenti inapplicabili».Un qualche compromesso si era raggiunto nei giorni scorsi, con un primo successo politico delle Regioni, che da lunedì potranno disporre la riapertura di negozi, bar, ristoranti (il relativo Consiglio dei ministri è previsto per oggi alle 12). Tutto questo - però - sulla base di linee guida nazionali e differenziazioni territoriali in base all'andamento dei contagi. Con la possibilità per il governo, se necessario, di ridecidere alcune chiusure. Da parte di Roma, quindi, una dose eccessiva di furbizia: con la riserva mentale di rivendicare meriti se le cose andranno bene, e di colpevolizzare le Regioni se invece andranno male. Ora il punto riguarda proprio le regole, il «come». Se ci si dovesse attenere alle linee guida elaborate dall'Inail e dall'Istituto superiore di sanità, i ristoranti, le spiagge e i negozi di barbiere e parrucchiere dovrebbero trasformarsi in una via di mezzo tra una sala operatoria e una capsula spaziale. Per i ristoranti (documento di 15 pagine) sono richiesti: non meno di 4 metri quadrati di spazio per ciascun cliente (come se ogni trattoria fosse un campo di aviazione), pagamento elettronico, e per il personale obbligo (oltre alla mascherina chirurgica) anche di guanti in nitrile, nonostante - secondo molti chef e ristoratori - un rischio igienico più elevato rispetto a un frequente lavaggio delle mani. Per gli stabilimenti balneari (documento di 18 pagine) si prevede: prenotazione obbligatoria, pagamento elettronico, prevenzione dell'affollamento attraverso non meglio precisate «tecnologie innovative», 5 metri di distanza tra le file di ombrelloni, 4,5 tra un ombrellone e l'altro, 2 metri tra ciascun lettino e l'altro, chiusura delle piscine interne, e più igienizzazioni dell'attrezzatura nella stessa giornata. Tutte cose - a partire dalle distanze - perfino fisicamente incompatibili con le dimensioni di spiagge e stabilimenti. Per i negozi di parrucchiere, barbiere e altri trattamenti estetici (documento di 16 pagine) si impongono: mascherina chirurgica per il personale, distanza di 2 metri tra le postazioni, prenotazione obbligatoria, pagamento elettronico, sacchetto da fornire al cliente per metterci i suoi effetti personali, mantelle-grembiuli-asciugamani monouso, conversazione con il cliente attraverso lo specchio (gli «esperti» hanno scritto proprio così!). Inutile dire che, in queste condizioni, molti non vogliano aprire. Senza dire dei prezzi: con costi aggiuntivi così elevati, e con una frequenza di clientela che sarà inevitabilmente abbattuta, il costo unitario di ogni servizio sarà destinato a lievitare, deprimendo ulteriormente l'economia. E peraltro un simile clima «da guerra» difficilmente può incoraggiare le persone a uscire di casa e a tornare alla normalità. E c'è l'ulteriore contraddizione dei mezzi pubblici che in diverse parti del territorio sono a frequenza ridotta, e quindi a forte rischio affollamento: a che serve distanziarsi con cura maniacale una volta arrivati in un locale, se prima ci si è magari accalcati su un bus o in metro? Contro tutto questo ha comprensibilmente tuonato ieri il governatore del Veneto Luca Zaia: «Abbiamo il massimo rispetto del lavoro fatto dall'Inail, ma le loro guida sono inapplicabili: così non si aprono le spiagge e i ristoranti». Quindi la richiesta: «Chiediamo che nel prossimo Dpcm ci sia la delega alle Regioni di applicare linee guida alternative a quelle dell'Inail. Perché se così non fosse, nessuno può derogare e non si può aprire. Deve essere il Dpcm che ce lo permette», ha spiegato.Le osservazioni di Zaia paiono di assoluto buon senso: non può esserci una norma automatica «ma deve essere mediata dell'umanità di quelli che ci lavorano. Per certi settori economici, le regole sono impossibili da mettere in pratica, basti pensare all'Harry's Bar: con quelle norme potrebbe avere un solo tavolo al piano terra ed uno al primo piano. In Germania o in Austria danno solo indicazioni di massima». E infine un tentativo di coordinamento tra Regioni: «Come governatori lavoriamo per macro-aree perché ci siano orientamenti uniformi: ci stiamo scambiando bozze delle linee guida e delle ordinanze, se poi il Dpcm dice che sono facoltative e allora cambia tutto».Molto netto, rivolgendosi in particolare al Pd, anche il governatore della Liguria Giovanni Toti, che ha definito le linee guida nazionali per le spiagge «tali da ritenere unanimemente impossibile aprire gli stabilimenti balneari» e la distanza prevista tra i tavoli dei ristoranti tale «da non consentire la riapertura della maggior parte di questi. Come Regione - ha aggiunto - cercheremo ancora una volta di risolvere i guai fatti dal loro partito a Roma». In conclusione, si può osservare che forse il punto da mettere in discussione è proprio la pretesa pubblica di regolare tutto con norme eccessivamente di dettaglio: metodo che rischia di non funzionare, rendendo la vita più complicata agli italiani. Sarebbe meglio attenersi a indicazioni generali di prudenza, raccomandare mascherine e cautela, ma senza pretendere di normare ogni singolo gesto di imprenditori e clienti.