2024-08-31
Le leggi non contano più. Con l’arrivo dell’Anticristo l’emergenza è la regola
Il filosofo Giorgio Agamben. Nel riquadro, il suo libro «La lingua che resta», edito da Einaudi (Getty)
I decreti del potere esecutivo (come in pandemia) sostituiscono la forma «normale» di governo, su impulso di un’entità diabolica globale. Smascherata da Joseph Roth e Giorgio Agamben.«L’Anticristo è venuto: travestito in modo tale che noi, noi che siamo abituati ad attenderlo da anni, non lo riconosciamo. E già abita in mezzo a noi, in noi stessi. E su di noi grava l’ombra pesante delle sue ignobili ali. E già ardiamo nella gelida brace dei suoi occhi infernali. Alle nostre gole ignare si avvicinano ormai le sue mani, pronte allo strangolamento. E già lambisce il nostro mondo con la sua lingua blasfema e incendiaria». Così scrive Joseph Roth nel libro del 1934 intitolato L’Anticristo, che ora viene pubblicato in nuova edizione da Castelvecchi. Un testo che a molti può apparire oscuro, perfino confuso a paragone con le altre opere del maestro austriaco. Ma che diviene chiarissimo non appena se ne coglie lo spirito. Roth non era un mistico né un profeta, però era un acutissimo osservatore della realtà e aveva compreso in profondità le forze di sovversione sprigionate dalla modernità, che si manifestano a suo avviso in due forme principali: lo strapotere della tecnica dovuto all’abuso della ragione e la confusione linguistica che diviene mistificazione, menzogna. «Il cieco non distingue le une dalle altre. Noi, i ciechi, non le distinguiamo», dice Roth. «A cose autentiche diamo nomi falsi. Vacui tintinnii risuonano nei nostri poveri cervelli, non sappiamo più bene quale nome debbano portare le cose. Non riconosciamo più le forme, i colori, la massa. Per forme, colori e massa abbiamo solo i nomi e le designazioni. Poiché siamo divenuti ciechi, utilizziamo nomi e designazioni in modo scorretto. Chiamiamo piccolo il grande, grande il piccolo; il nero bianco e il bianco nero; l’ombra luce e la luce ombra; il variopinto lo chiamiamo morto e il morto variopinto. Così nomi e designazioni perdono contenuto e significato. È peggio che al tempo della costruzione della Torre di Babele. Allora solo le lingue erano confuse e l’uno non comprendeva l’altro poiché ciascuno nominava le stesse cose in modo diverso. Oggi però tutti parlano la stessa lingua, ma falsa, e tutte le cose hanno le stesse designazioni, ma false. Viene costruita, per così dire, una torre babilonese orizzontale, ma i ciechi, che non hanno il senso della misura, credono che la torre sia verticale e che divenga sempre più alta e che tutto vada bene, dal momento che comunicano fra di loro in buona armonia... mentre invece sulla massa, le figure e i colori delle cose comunicano solo come ciechi, vale a dire: utilizzano in modo falso e alla rovescia le designazioni che originariamente erano utilizzate correttamente».Non è difficile cogliere in questa tela degna di Bosch i tratti del nostro tempo, della manipolazione del linguaggio dominante. Il fatto che la parola sia svuotata di verità è il segno visibile della presenza dell’Anticristo, ripete Roth. «Il male sta forse ancor più nella parola, che si sostituisce alla verità e non viene più usata per significare qualcosa ma solo per illustrare se stessa. E qui Roth vede agitarsi l’Anticristo nei giornali, nel loro potere e nell’impiego spregiudicato della menzogna», nota Flavia Arzeni nell’introduzione alla nuova edizione del libro di Castelvecchi. Della presenza funesta dell’Anticristo Roth ritrova ovunque le tracce: nella Germania nazista che si è creata un dio di ferro pronto alla guerra, nella Russia sovietica che adora la macchina, negli Stati Uniti «dove la tecnica si sostituisce al pensiero, il baratto alla comunicazione, il falso al vero e ogni cosa, per quanto intima e segreta, ha un prezzo per essere venduta a chiunque voglia acquistarla». Che si creda nella realtà dell’Anticristo o che lo si intenda come emblema della crisi attuale, il libro di Roth merita di essere letto perché fornisce una diagnosi quasi perfetta del nostro disastro. E merita di essere letto assieme a un altro testo appena uscito che - significativa coincidenza - ne aiuta la comprensione e lo completa. Si tratta di La lingua che resta (Einaudi) di Giorgio Agamben che dedica un capitolo proprio all’Anticristo. Esistono eventi, dice il filosofo italiano, che mutano il destino del genere umano. Uno di questi è la nascita di Cristo che in effetti anche per i non credenti cambia il corso della Storia. «Un potere simile», scrive Agamben, «è toccato agli occhi di coloro che ne erano testimoni e in qualche modo ancora per noi - alla caduta dell’Impero romano, alla scoperta dell’America e alla Rivoluzione francese; più di recente, la capacità unica di determinare ex novo il corso della storia è stata attribuita, sia pure in misura diversa, allo sterminio degli ebrei, alla bomba atomica e alla distruzione dell’ambiente naturale (per non parlare del tentativo, certamente pretestuoso, di conferire un tale privilegio alla recente pandemia influenzale). In alcuni di questi esempi, il nesso col paradigma teologico della fine del mondo è così evidente, che si è potuto parlare di una secolarizzazione dell’escatologia, quasi che aver calcolato la cronologia storica a partire da un evento teologico costringesse ad assumere come certa o possibile quella crisi finale che in esso era implicita». Ebbene, secondo Agamben tra questi eventi tellurici va annoverata anche la venuta dell’Anticristo. Anch’egli, come Roth, sembra suggerire che il tempo di questa venuta sia giunto, sia qui e ora. Rileggendo gli scritti del teologo Erik Peterson e commentando la Lettera ai Tessalonicesi, Agamben spiega come l’Anticristo sia il principe di questo mondo nel senso di «principe degli angeli delle nazioni». Se gli angeli rappresentano gli Stati nazionali, ecco che l’Anticristo è un potere superiore e globale, condottiero di un governo mondiale. Ma come si manifesta questo potere globale? Come suggeriva Roth, esso si dipana spargendo caos, «anomia». La Lettera ai Tessalonicesi, sostiene Agamben, contiene allora «un messaggio che ci riguarda da vicino, perché è proprio un simile “mistero dell’anomia” che stiamo vivendo. Il potere statale fondato sulle leggi e le costituzioni si è andato trasformando - attraverso un processo iniziato da tempo, ma che giunge solo ora alla sua crisi definitiva - in una condizione anomica, in cui la legge è sostituita da decreti e misure del potere esecutivo e lo stato di emergenza diventa la forma normale di governo».Come qualcuno aveva previsto, oggi nulla è vero dunque tutto è permesso. Le parole perdono di significato, l’ordine diviene caos. L’emergenza è la regola, e la libertà svanisce. Ma molti di noi, come i ciechi che Joseph Roth tentava di scuotere, ancora insistono a non accorgersene.
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)