2020-11-14
«Le discoteche si devono riaprire». La mail che sbugiarda i tecnici sardi
L'infettivologo Stefano Vella, componente del Cts dell'isola, l'11 agosto dava l'assenso all'ordinanza di Chriistian Solinas: «Inevitabile e necessaria». Però adesso prova la retromarcia: «Parlavo soltanto a titolo personale».«È inevitabile e necessario che riaprano». Così scriveva l'11 agosto Stefano Vella, infettivologo del Comitato tecnico scientifico, al direttore generale della sanità della regione Sardegna, Marcello Tidore, riferendosi alla possibilità di far ripartire le discoteche in Costa Smeralda per salvare il Ferragosto. Una frase che sembra un punto esclamativo ma che voleva dire no. Il virus ha colpito in profondità non solo la società italiana, ma anche il lessico. Da domani chiunque voglia mettersi duramente di traverso rispetto a una decisione inaccettabile può semplicemente annuire. L'interlocutore si ritirerà sconfitto.Il professor Vella ne è convinto e anche ieri, intervistato da La Repubblica, ha spiegato così la missiva spedita agli uffici regionali: «Quella mail non è un parere positivo all'idea di tenere aperte le discoteche d'estate verso cui, come Cts, ci siamo sempre fermamente opposti. Parlavo solo a titolo personale». Dadaismo puro. Si potrebbe obiettare che non era neppure un post su Facebook con la formula ambigua usata da certi giornalisti («Qui solo opinioni personali»). E il contesto non era una trasmissione di seconda serata sulla movida al tempo del virus ma un parere vincolante riguardo a un atto istituzionale come un'ordinanza regionale. Per il resto, Vella provi a rispondere «è inevitabile e necessario» a chi gli chiede gentilmente se può sfasciargli il parabrezza dell'auto con una mazza da baseball. Ne verificherà gli effetti.La mail completa del professore è questa. «Ho sentito per il momento solo Giovanni Sotgiu, ma a lui e me va bene. Perché (le discoteche - ndr) sono solo all'aperto ed è inevitabile e necessario che riaprano. Oltre ai controlli delle forze dell'ordine che andranno rinforzati». Lo scritto arriva a spezzare una narrazione a senso unico che vorrebbe accreditare la giunta di centrodestra della Sardegna e il presidente Christian Solinas come untori della seconda ondata, poi approdata in continente a infettare le immacolate regioni a guida piddina come Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Campania. Dove è noto che nella settimana di Ferragosto le discoteche erano così chiuse da attirare millennials eccitati da mezza Europa.Parlare di ciò sarebbe fuorviante perché la decisione di riaprire le piste da ballo ha provocato inchieste (due, Procure di Cagliari e Tempio Pausania) solo in Sardegna, meta della cosiddetta Destra Smeralda tutta champagne e Billionaire. Per ora non ci sono indagati, il governatore Solinas parla di «macchina del fango per screditare l'isola», ma l'opposizione di sinistra sta provando a dare la spallata. Due giorni fa il presidente Anci della Sardegna, Emiliano Deiana del Pd, ha buttato lì: «In un Paese normale ci sarebbero nuove elezioni», auspicando una mozione di sfiducia alla giunta regionale. Un passo in linea con la feroce strategia politica dem e grillina di criminalizzare il virus, testata con buon seguito mediatico in Lombardia durante la prima fase della pandemia. L'intento però è poco credibile. Scavando nei retroscena (casualmente non portati alla luce dall'inchiesta di Report che ha illuminato la vicenda) si scopre che l'opposizione è così poco estranea all'ordine del giorno in Consiglio regionale sulla riapertura, da averlo firmato con la maggioranza. Il numero quattro era un odg bipartisan nel quale anche i consiglieri di minoranza chiedevano alla giunta di «adottare atti idonei a rendere possibile l'apertura di discoteche e locali da ballo». A questo proposito c'è un video in cui la consigliera grillina Desiré Manca sottolinea: «Non lo abbiamo letto ma non ci opporremo sicuramente, almeno alla lettura, con lo spirito di stare vicino a chi attende una risposta». L'11 agosto ad attenderla sono i titolari dei locali, già penalizzati nei mesi precedenti, e ai quali anche l'ex sindaco di Cagliari Massimo Zedda, leader progressista sfidante di Solinas alle ultime regionali, vorrebbe dare una risposta positiva. La sua motivazione è particolare. Se non potranno aprire le discoteche, spiega «oggi, domani e dopodomani sorgeranno feste non autorizzate in luoghi ingestibili da un punto di vista della sicurezza. Sorgeranno come funghi i cosiddetti «bevuta libera», i free drink non autorizzati in luoghi difficilmente raggiungibili dalle ambulanze e dalle forze dell'ordine, così avremmo ottenuto l'en plein dell'insicurezza sanitaria e dell'insicurezza per le persone. È un film già visto». Non propriamente una forte presa di distanza, anzi. Tutto ciò peraltro aveva un senso, la situazione sanitaria supportava la strategia di apertura con le regole previste dall'ultimo dcpm di Giuseppe Conte. Mascherine, gel, distanziamento, locali al 50, 60%. Da qualche settimana la Sardegna - a differenza di Romagna, Puglia, Campania - era praticamente Covid free; l'11 agosto c'erano 20 casi (sei ricoveri, nessuno in terapia intensiva) e da settimane non si registrava un decesso. Oggi la stessa sinistra che supportava la riapertura vorrebbe approfittare politicamente di quella scelta condivisa. La decisione di far ripartire i woofer, come scrisse il Fatto Quotidiano il 12 agosto fu «supportata dal Cts e rafforzata da un ordine del giorno approvato all'unanimità». Se vale la logica della corsa al massacro, nel gruppo degli untori ex post dovrebbe essere inserito anche il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che in quelle ore in un'intervista a Radio24 diceva: «I giovani non sono degli untori, è giusto che si divertano con responsabilità. Le discoteche possono rimanere aperte nei termini attuali, con i numeri che abbiamo oggi». Era un coro di sì. Ma con il Vella language significava no.