2020-08-08
Le carte sbugiardano Conte. Sulla zona rossa lombarda ha mentito ai pm di Bergamo
Il Cts chiese di chiudere Alzano e Nembro il 3 marzo. Il premier non lo fece, poi giurò alle toghe di non aver ricevuto la relazione. Ma in un'intervista affermava il contrario.A Nembro nei primi 20 giorni di marzo si registra un aumento di morti del 1.000% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ad Alzano si arriva al 1.022. A conti fatti la nera mietitrice travestita da coronavirus si è portata via l'1% della popolazione di quei Comuni delle valli che cingono Bergamo. Più che a Wuhan. E mentre per Codogno e altri nove Comuni arriva la chiusura totale, il governo lascia correre il virus in Val Seriana. La situazione si trasforma in un film horror: tra l'1 e il 31 marzo ad Alzano si registrano 83 morti. A Nembro i deceduti sono 121. L'inizio di una strage. Il Comitato tecnico scientifico che supporta il governo giallorosso nel contrasto al coronavirus «propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei comuni della «zona rossa anche in questi due Comuni», con lo scopo di «limitare la diffusione dell'infezione nelle aree contigue». I due centri abitati sono proprio quelli di Alzano Lombardo e di Nembro. È il 3 marzo e gli esperti, dopo aver recepito una nota dall'Istituto superiore di sanità, che già il giorno prima proponeva di isolare il cluster infettivo di Alzano e Nembro, raccomandano al governo di istituire anche lì la zona rossa. Sono i numeri a preoccupare gli esperti: «I due Comuni», verbalizzano, «si trovano in stretta prossimità del capoluogo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e di 11.522. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molta probabilità ascrivibili a un'unica catena di trasmissione. Ne risulta, pertanto, che l'R0 è sicuramente superiore a 1». Conclusione: quella zona «costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio». Il documento viene inviato a Palazzo Chigi. E qui si apre uno degli scenari che, anche dopo l'ultima desecretazione, non sembra essere ancora del tutto chiaro. Il premier Giuseppe Conte conferma in un'intervista al Fatto Quotidiano che «la sera del 3 marzo il Comitato tecnico scientifico propone per la prima volta la possibilità di una nuova zona rossa per i Comuni di Alzano Lombardo e Nembro». Stando alle parole del presidente del Consiglio, il 5 marzo gli sarebbe arrivato anche un approfondimento che aveva richiesto personalmente ai tecnici e che contiene la «conferma dell'opportunità di una cintura rossa». Il 12 giugno, però, sentito dai pm della Procura di Bergamo (che ipotizzano l'epidemia colposa) Paolo Mandurino e Fabrizio Gaverini, l'avvocato avrebbe risposto di non aver mai ricevuto il verbale del 3 marzo. Insomma, il premier ha mantenuto due differenti linee: una con la stampa e una opposta con la magistratura.In quelle ore anche la Regione Lombardia pressava Palazzo Chigi chiedendo misure più stringenti. Tra il 4 e il 5 marzo forze dell'ordine e truppe alpine confluiscono a Bergamo, pronte a sigillare i due Comuni. Ma c'è un contrordine. E quella zona non diventa rossa, ma arancione. Le attività commerciali non chiudono, imprese e attività lavorative procedono. Il procuratore Maria Cristina Rota afferma pubblicamente che, da quello che le risulta, quella di istituire una zona rossa «è una decisione governativa». Che per i due Comuni lombardi non arriva. Il verbale del 3 marzo, coperto qua e là da omissis, è venuto alla luce per una richiesta di accesso agli atti del consigliere regionale lombardo di Azione, Niccolò Carretta. Gli è stato fornito da Regione Lombardia, insieme a una risposta del direttore generale del Welfare, Marco Trivelli: «Il potere extra ordinem è da intendersi ripartito e necessariamente coordinato dal livello più alto, quello governativo». Non solo: «Lo stesso presidente del Consiglio, il 25 febbraio», ha sottolineato «che ogni intervento locale deve necessariamente coordinarsi col potere centrale». Il presidente della Regione Lombardia, insomma, «poteva intervenire ma solo nelle more del Dpcm e comunque coordinandosi con il potere centrale». Il verbale smentisce anche le chiacchiere attorno alla mancata richiesta della zona rossa da parte della Regione Lombardia: «Nel tardo pomeriggio», danno atto nel verbale i tecnici, «sono giunti all'Istituto superiore di sanità i dati relativi ai Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Al proposito è stato sentito per via telefonica l'assessore Gallera e il direttore generale Cajazzo che confermano i dati relativi all'aumento». Con l'input arrivato dalla Lombardia, il Comitato «propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei Comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell'infezione nelle aree contigue. Questo criterio oggettivo potrà, in futuro, essere applicato in contesti analoghi». Un caso di scuola, insomma. Dal «Comitato noi denunceremo» chiedono la desecretazione di tutti i verbali. E sostengono: «Solo attraverso quei verbali potrà emergere quale e a chi attribuire la responsabilità delle omissioni che hanno portato a una strage annunciata e consapevole da chi detiene il potere». I legali del comitato hanno già presentato numerose denunce in Procura. Ma dalla Protezione volontaria civile di Alzano, Francesco Rossoni fredda tutti: «Chiudere il 3 marzo non avrebbe cambiato nulla, i buoi erano già usciti dalla stalla fin dal 20 febbraio». La tesi (difensiva) di Conte, invece, vuole che il governo abbia optato per un atto «ulteriormente restrittivo», su un'area più vasta. E da Palazzo Chigi scaricano sugli scienziati: «Tutte le decisioni sono state prese dopo un confronto con i componenti dell'Iss e del Comitato tecnico scientifico». Le restrizioni ulteriori di cui il premier si fa scudo, però, non hanno sigillato i due Comuni fino al Dpcm del 22 marzo, che arriva quando ormai è davvero troppo tardi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)