Milano contiene le perdite (- 0,46%), lo spread sale ma poi si assesta a 207 punti. Adolfo Urso alza l’allerta sugli approvvigionamenti energetici. Francoforte fa paura sui tassi: «Rischio inflattivo con il conflitto».
Milano contiene le perdite (- 0,46%), lo spread sale ma poi si assesta a 207 punti. Adolfo Urso alza l’allerta sugli approvvigionamenti energetici. Francoforte fa paura sui tassi: «Rischio inflattivo con il conflitto».«La situazione di emergenza» innescata dall’attacco ad Israele «rischia di far esplodere altre problematiche, mi riferisco a quella dell’energia, come accaduto per la guerra della Russia in Ucraina, per l’approvvigionamento di gas e petrolio», ha detto ieri pomeriggio il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso a Rai News 24. Sottolineando che «da quei Paesi giungono altre risorse alla nostra Europa. Dobbiamo capire e comprendere anche se dobbiamo pensare all’autonomia strategica del nostro continente per l’approvvigionamento energetico ma non solo».Intanto i prezzi del gas sono saliti in Europa: +15,44% a 44,14 euro per megawattora. Israele ha tagliato il 20% della produzione gas naturale. Inoltre, domenica scorsa la Finlandia e l’Estonia hanno osservato un insolito calo di pressione nel gasdotto offshore Baltic connector che collega i due paesi a causa di una perdita. Allo stesso tempo, sembra che i lavoratori degli impianti di gas naturale liquefatto della Chevron in Australia stiano pianificando di riprendere gli scioperi. Le previsioni di clima mite a ottobre, la domanda più bassa del solito, la presenza di elevati livelli di stoccaggio e le continue iniezioni di gas, combinate con la riduzione della domanda industriale nonostante le scarse forniture, controbilanciano gli elementi rialzisti. Ci sono però altri problemi che riguardano direttamente il nostro Paese. L’Algeria ha espresso «piena solidarietà per il popolo palestinese» e condannato la reazione di Israele ma l’Italia si è affidata proprio ad Algeri per sostituire le forniture di gas della Russia dall’inizio della guerra in Ucraina. Le Borse europee ieri hanno tenuto: Milano ha chiuso con un -0,46%, Parigi in calo dello 0,55%, Francoforte dello 0,66% e Londra in parità. Lo spread tra Btp e bund è però tornato a correre per poi fermarsi a 207 punti base. Ieri Sergio Nicoletti Altimari, capo del dipartimento Economia e Statistica di Bankitalia, in audizione sulla Nadef, ha detto che «l’elevato rapporto tra il debito pubblico e il Pil è un serio elemento di vulnerabilità» aggiungendo che le tensioni geopolitiche - legate sia al conflitto in Ucraina sia agli attentati in Israele - «generano forte incertezza circa le prospettive di crescita». Le tensioni sul territorio israeliano stanno intanto portando gli operatori finanziari verso i beni rifugio come il dollaro, che, complici la stretta monetaria della Fed e la resilienza dell’economia statunitense, quest’anno è già salito del 2,1 per cento. Se chiudesse al rialzo per il terzo anno consecutivo, il biglietto verde metterebbe a segno la più lunga serie di aumenti dal 2016, con conseguenti pressioni sui Paesi importatori di energia, in particolare gli Emergenti come India e Cina, sostengono gli analisti di Moneyfarm. Allo stesso tempo, le ostilità in Israele hanno determinato anche un’impennata dei prezzi del petrolio, dal momento che il coinvolgimento dell’Iran e di Hezbollah fa temere potenziali ripercussioni sul fronte della produzione. Beni rifugio come il dollaro e l’oro, insieme al prezzo del petrolio saranno quindi tre indicatori chiave da tenere sotto attenta osservazione nelle prossime settimane. L’impatto sui mercati del conflitto in Medio Oriente sarà più profondo se dovessero essere coinvolti altri Stati, anche se per il momento gli esperti escludono un embargo petrolifero come quello scattato nel 1973 in seguito alla guerra dello Yom Kippur. Da allora l’influenza dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) sulla produzione globale è diminuita notevolmente. Resta, inoltre, da capire come procederanno i colloqui in corso tra Arabia Saudita e Israele per normalizzare le relazioni tra i due Paesi. La guerra in Israele potrebbe essere «una scusa per le compagnie petrolifere per arrestare i cali nei prezzi della benzina alla pompa», ha detto ieri il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, spiegando che se la guerra fosse lunga e allargata al golfo Persico «non c’è fine al possibile rialzo» dei prezzi dell’energia. Le ipotesi estreme di 150 dollari al barile di greggio e di 2,5 euro al litro di benzina sarebbero, in questo caso, possibilità «ancora molto improbabili ma non impossibili», secondo Tabarelli.Sullo sfondo, il conflitto in Israele rischia di rinviare il raffreddamento dei tassi di interesse dopo i dieci rialzi consecutivi messi in campo dalla Bce. Non a caso ieri il governatore della banca centra olandese, Klaas Knot, ha dichiarato che «l’elevato prezzo del petrolio a causa del conflitto in Israele potrebbe presentare un nuovo shock all’inflazione». E anche il vicegovernatore della Banca d’Italia, Piero Cipollone, nell’audizione alla commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo in vista della nomina nell’esecutivo della Bce, ha messo le mani avanti: le aspettative sull’inflazione «restano ancorate, ma non possiamo riposare sugli allori. Un approccio prudente è necessario, viste le incertezze economiche geopolitiche rafforzate dagli eventi tragici che stiamo vedendo in Israele».
Ansa
La saldatura tra Ppe, Ecr e Patrioti consente di rivedere le regole sulla due diligence che avrebbero affossato la nostra industria. Socialisti e Verdi, in fibrillazione per la nuova «maggioranza», attaccano il voto segreto.
La maggioranza Ursula si spacca sulla due diligence e per la prima volta si rompe il «cordone sanitario» a Bruxelles. Il Parlamento europeo ha approvato con 382 voti a favore, 249 contrari e 13 astenuti il compromesso promosso dal Ppe sulla semplificazione delle direttive sugli obblighi di due diligence e reportistica ambientale per le aziende. Il testo è stato approvato con una maggioranza composta dal Ppe insieme con l’Ecr e i gruppi delle destre Patrioti per l’Europa e Europa delle Nazioni sovrane. La maggioranza Ursula composta da Ppe, Socialisti, Liberali e Verdi si sgretola sul muro delle follie green. Quella rivista è considerata una delle leggi più controverse del von der Leyen I. Il testo nella versione originale impone alle imprese di verificare l’intera catena di fornitura per prevenire violazioni dei diritti umani e ambientali.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 14 novembre con Carlo Cambi
La Germania lancia il piano per reclutare mezzo milione di ragazzini, tra combattenti e riservisti: dal 2026, questionari obbligatori e visite militari ai diciottenni. Se scarseggeranno volontari, i coscritti verranno estratti. Per adesso, esentati donne e «non binari».
Dal divano alla trincea. Dai giovani che salvano il Paese restando sul divano durante il lockdown, ai diciottenni che devono mobilitarsi per la futura guerra contro la Russia. Nell’Europa di oggi, la storia si ribalta con disinvoltura. E così, archiviato lo spot del 2020, in cui lodava gli eroi della pandemia per essere stati «pigri come procioni», la Germania ha cambiato parola d’ordine. Prima era: «Restate a casa». Adesso è diventata: «Arruolatevi».
Il piano teutonico per rimpinguare le file dell’esercito con la coscrizione, concordato dai partiti di maggioranza e presentato ieri in conferenza stampa a Berlino, non è privo di aspetti grotteschi. A cominciare dal regime di esenzioni: il questionario che, dal 2026, il governo spedirà a chi compie la maggiore età, per determinarne l’abilità alla leva, dovrà essere obbligatoriamente compilato dai maschi, ma potrà essere ignorato dalle femmine e dai «non binari». Il confine tra l’inclusività e la gaffe è labile: il guanto di velluto arcobaleno l’avrà preteso la sinistra? Oppure la Bundeswehr non intende ingaggiare trans e individui dall’identità di genere ambigua?
Ll’ex ministro dell’Energia Svitlana Grynchuk (Ansa)
Scoperta una maxi rete di corruzione. L’entourage presidenziale: «Colpa di Mosca». Da Bruxelles arrivano ancora 6 miliardi, ma crescono i dubbi sull’uso degli asset russi.
Quando gli investigatori dell’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) hanno aperto il fascicolo dell’operazione «Mida» di sicuro non si immaginavano di imbattersi in una struttura capace di gestire come un feudo privato uno dei settori più sensibili dell’Ucraina: il sistema elettrico nazionale. Quindici mesi di intercettazioni telefoniche e ambientali, sopralluoghi e documentazione sequestrata hanno rivelato un apparato clandestino che drenava denaro dagli appalti di Energoatom, la società pubblica che controlla tutte le centrali nucleari del Paese. Una rete che, secondo gli inquirenti, sottraeva percentuali fisse dagli appalti (tra il 10 e il 15%) trasformando ogni contratto in una fonte di arricchimento illecito mentre la popolazione affrontava - e lo fa anche oggi- blackout continui e missili russi diretti sulle infrastrutture.





