2025-04-09
Le Borse rimbalzano, Milano a +2,4%. Wall Street inquieta resta sull’altalena
A Tokyo la seduta migliore dalla fine del Covid. Bene anche il resto dell’Asia. Ma la bufera non sembra ancora passata.Non c’è pace sulle Borse. Nel corso della giornata qualche segno di schiarita arrivato dalla Casa Bianca aveva permesso alle piazze europee il rimbalzo dopo aver perso oltre il 15% nei tre giorni precedenti. In serata, invece, l’annuncio di Donald Trump di dazi al 104% contro la Cina ha gettato nello scoramento Wall Street. L’indice S&P 500 che era arrivato a guadagnare il 4% è tornato velocemente in negativo. Eppure le premesse lasciavano sperare in una seduta di forte rialzo. Era stato lo stesso Trump a dare vigore ai mercati dichiarando che «anche la Cina vuole fare un accordo, ma non sa come avviarlo» e che «aspetta una chiamata». Purtroppo è arrivata solo una sportellata che ha spinto il capo della Casa Bianca ad alzare i toni. Diversamente da Tokyo, con il premier giapponese Shigeru Ishiba che ha annunciato di aver «concordato» di «proseguire» le trattative sui dazi, e da Seul, con il presidente ad interim Han Duck-Soo pronto a sedersi al tavolo. A frenare la caduta dei listini europei e a riportarli in territorio positivo erano state le dichiarazioni di alcuni membri dell’amministrazione Trump, indotti a mediare dopo il tracollo di Wall Street cominciato giovedì. Primo tra tutti il segretario al Tesoro, Scott Bessent. Gli effetti delle aperture al dialogo si sono subito fatti sentire. Il Nikkei ha chiuso a +6% rimediando un po’ al crollo di lunedì (fino a -8%), l'Hang Seng di Hong Kong ha guadagnato l'1,5% dopo il calo più pesante dal 1987 così come Shanghai. In Europa ha prevalso l'ottimismo. Lo Stoxx 600, che raggruppa le 600 maggiori capitalizzazioni di Borsa europee, è salito del 2,7%. Milano ha guadagnato il 2,44%, Parigi il 2,50%, Francoforte il 2,48%, l'Ftse 100 londinese del 2,71%. Un rimbalzo dopo il più grande calo degli ultimi cinque anni con l’inizio della pandemia. Alexandre Baradez, responsabile dell'analisi di mercato di Ig France, ha addirittura parlato di «una giornata di forte ripresa, la più grande dal 2022». Sull’onda di questo entusiasmo aveva ripreso fiato anche Wall Street prima di essere tramortita dall’annuncio di nuovi dazi.«I mercati stanno mostrando alcuni primi segnali di stabilizzazione dopo l'incredibile crollo degli ultimi giorni», ha affermato Jim Reid, economista della Deutsche Bank. In attesa di conoscere la «risposta» Ue ai dazi, che dovrebbe essere presentata la prossima settimana, i titoli si muovono in ordine sparso. Petrolio e gas restano in attesa mentre quelli legati a settori attualmente esenti dai dazi statunitensi, come i prodotti farmaceutici, continuano a fare affari. Oggi i titoli del settore sanitario hanno passeggiato in territorio positivo. A Londra, AstraZeneca ha guadagnato fino al 3,54% e GSK lo 0,7%. Alla Borsa svizzera, Novartis ha guadagnato +1,74% e a Parigi quasi +2% per Sanofi e +7% Valneva. A Wall Street, nelle prime ore di contrattazioni Moderna è salita fino a +4,29% e Novavax a +3,44%. A Milano si è distinto il +2,24% di Recordati. Nel frattempo i prezzi del petrolio si sono mantenuti in equilibrio, dopo essere crollati bruscamente a seguito dell'offensiva commerciale trumpiana. Il Brent del Mare del Nord quota 64,4 dollari al barile, mentre il suo equivalente statunitense, il Wti, era in rialzo dello 0,82% a 61,1 dollari al barile. Meno brillante la risposta sul gas che ha lasciato quasi il 4% a 35,5 euro/Mwh, restando sotto quota 40 euro per la quarta seduta consecutiva. Dopo aver toccato le quotazioni più basse dal 2021, i movimenti al ribasso sul greggio sono limitati anche dai colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran. Trump ha sorpreso ancora una volta gli analisti annunciando che Washington stava tenendo colloqui «diretti» con l’Iran sul suo programma nucleare. Ma «se l’Iran dovesse attenersi a posizioni considerate inaccettabili dagli Stati Uniti - il che è probabile - questi ultimi probabilmente intensificherebbero la pressione» delle sanzioni, il che sarebbe un fattore nell'aumento dei prezzi del petrolio, spiegano gli analisti di Dnb markets. Con l’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, «il rischio di recessione continua ad aumentare, il che offusca le prospettive della domanda globale di petrolio», ha affermato Ole R. Hvalbye, economista della società di analisi finanziaria Seb. Non per nulla i due Paesi sono tra i principali consumatori di «oro nero» e la Cina ne è il maggiore importatore. A incertezza si somma altra incertezza. L’Opec+ potrebbe sospendere il piano di aumento della produzione ma sul prezzo incideranno anche le possibili nuove sanzioni statunitensi contro il Venezuela, senza contare che «molti nuovi pozzi petroliferi negli Stati Uniti non sono redditizi agli attuali prezzi del greggio», ha spiegato Arne Lohmann Rasmussen di Global risk management.
Simona Marchini (Getty Images)