2018-10-22
Le borse di studio promesse da Mister Forbici? Al momento non esistono
I concorsi non ancora banditi. E in ogni caso i 6.500 euro a puntata pagati dalla Rai a Carlo Cottarelli non andranno ai giovani bisognosi, ma ai ricercatori dell'Osservatorio diretto dal prof. Parla l'ex commissario alla spending review, ospite fisso in tv da Fabio Fazio e fondatore del centro ricerche alla Cattolica: «Non conosco la contabilità nei dettagli. Nuovi contratti? Due o tre. E io aspetto la cattedra straordinaria per chiara fama». Lo speciale comprende due articoli. C'è un velo di mistero intorno all'Osservatorio dei conti pubblici italiani, fondato da Carlo Cottarelli nel 2017 in joint venture con l'Università Cattolica di Milano: lui osserva il bilancio dello Stato, ma nessuno osserva lui. La Verità ha perciò voluto guardare da vicino la «creatura» di Cottarelli, anche in considerazione delle polemiche originatesi a seguito della sua partecipazione alla trasmissione Che tempo che fa, condotta da Fabio Fazio. Dalla nostra inchiesta intorno all'Osservatorio emergono ancora diversi punti da chiarire, complice l'alone di riservatezza che circonda questa struttura, che dà l'impressione di essere solo «appoggiata» alla Cattolica, forse perché allestita (stando a quanto ci ha riferito Cottarelli) direttamente da lui e dal rettore, più che costituire parte integrante dell'attività di ricerca dell'ateneo. Basti solo pensare che mentre l'ufficio del premier mancato si trova nell'area della direzione amministrativa dell'Università, la vera e propria sede dove i ricercatori svolgono la propria attività è a circa dieci minuti a piedi dalla sede centrale: è, come ironicamente lamenta con noi Cottarelli («siamo stati trattati un po' male»), un seminterrato in via San Vittore 43. Ci siamo recati personalmente a dare uno sguardo all'ufficio di Mister Forbici: lungo il corridoio al primo piano di un' ala dell'ateneo ci si imbatte in una porta con un citofono. Nell'anticamera, uno spazio molto grande ma arredato praticamente solo da una grande scrivania (ricorda un po' la sala del megadirettore galattico che riceve Ugo Fantozzi quando, diventato un rivoluzionario comunista, scaglia un sasso contro le vetrate della ditta). Alla destra per chi entra si trova la stanza di Cottarelli, il quale, molto cortesemente, gliene diamo atto, ci aveva invitati a raggiungerlo direttamente lì proprio oggi. Quanto all'aula in cui lavorano i ricercatori, lo spirito è spartano: bisogna scendere in una specie di spazio parcheggio del palazzone di via San Vittore, dove sono ubicati anche altri due centri studi della Cattolica. Fuori la porta della stanza, dove quando arriviamo noi è ora di pranzo e i ragazzi stanno dividendo una pizza, una targa segnala: Osservatorio Cpi. Parola d'ordine, austerità. Ma veniamo a un paio di aspetti fumosi che riguardano l'ente di Cottarelli. Il primo concerne la destinazione del compenso percepito dall'economista per le sue ospitate a mamma Rai. Più di una settimana fa, La Verità è stata tra le prime testate a rivelare il cachet di Mister Forbici, 6.500 euro a puntata, precisando anche che tale somma sarebbe stata destinata all'Osservatorio Cpi da lui diretto. Il giorno stesso della pubblicazione del nostro articolo, la società Officina srl (appaltante della trasmissione e controllata per metà da Fazio) ha specificato che «la presenza per il professor Cottarelli è senza benefici economici» e che «l'intero compenso è destinato a borse di studio». Bene, direte voi, storia finita. E invece no. Per prima cosa, è bene chiarire che i fondi non verranno destinati a studenti bisognosi (come qualcuno potrebbe pensare), bensì per finanziare gli stipendi dei ricercatori dell'Osservatorio. I quali, com'è giusto, devono essere retribuiti, ma non sono universitari indigenti cui lo Stato garantisce il «diritto allo studio», come forse qualcuno immagina quando sente la formula «borsa di studio». Secondo dettaglio, se vogliamo ancora più importante: queste famose borse ancora non esistono. Come ci ha spiegato l'Ufficio stampa della Cattolica e come ha confermato nella sua intervista lo stesso Cottarelli, infatti, i concorsi devono essere ancora banditi. L'iter si trova in una fase primordiale, perché se è vero che «gli organi accademici e direttivi hanno approvato la richiesta di bandi», d'altro canto per il «completamento del processo occorrono diversi mesi». Tant'è che anche l'economista cremonese non ci ha saputo dire precisamente quante se ne riusciranno a istituire. Dunque, nessuna fake news, come avevano insinuato molti fan sfegatati di quello che fantasticano possa diventare il leader del partito degli esperti (un esperimento strampalato che lo stesso Cottarelli, nel suo colloquio con noi, liquida come «senza senso»). Semmai, tante domande ancora prive di risposta, visto che per adesso le borse di concreto hanno ben poco. Non è del tutto chiaro nemmeno il punto relativo ai finanziamenti. Sebbene l'articolo 9 dello Statuto preveda che l'amministrazione dell'Osservatorio venga affidata agli uffici amministrativi della Cattolica, pare che esso goda di una certa autonomia finanziaria. Lo dimostra l'esistenza di undici finanziatori esterni, coinvolti dallo stesso Cottarelli, nove dei quali fanno parte del Comitato dei finanziatori, ovvero si impegnano da Statuto a versare almeno 15.000 euro l'anno. Parliamo perciò di minimo 135.000 euro l'anno solo dai finanziatori (in realtà, al telefono con noi Cottarelli ha parlato di poco più di 160.000 euro totali per il 2018). Soldi che, secondo quanto ci ha spiegato l'economista, vengono utilizzati per retribuire i cinque collaboratori dell'Osservatorio indicati sul sito e per le spese di viaggio. Ma nonostante l'imperativo del rigore nei conti e nonostante la nostre ripetute richieste, né l'Ufficio stampa dell'ateneo, né lo stesso Osservatorio hanno fornito alla Verità un bilancio dettagliato con le entrate e le uscite. La Cattolica ha solo specificato che fornisce supporto logistico e amministrativo all'Osservatorio. Alcuni finanziatori esterni, contattati via mail o telefonicamente, si sono inoltre rifiutati di fornire informazioni sull'entità del contributo e sulla possibilità di rinnovarlo anche per il 2019. Chiariamo: non avendo personalità giuridica, l'Osservatorio non è obbligato a stilare un bilancio e i finanziatori non sono obbligati a rivelare l'ammontare degli stanziamenti. Ma se il principio è fare le pulci ai conti dello Stato (giustamente), è giusto anche massimizzare i propri standard di trasparenza. Infine, un'ipotesi «retroscenista» sulle finalità dell'Osservatorio. La sensazione, infatti, è che questo centro di ricerca serva più come garanzia di una costante presa di Cottarelli sul dibattito pubblico, che come ente accademico in grado di produrre contenuti scientificamente rilevanti. Alla voce «Studi e analisi dell'Osservatorio», infatti, dal novembre 2017 al 20 ottobre 2018 si trovano 33 paper piuttosto stringati (se si escludono grafici e figure), dal taglio molto «pop» (ad esempio il famoso commento ai programmi elettorali dei partiti che si erano presentanti alle elezioni del 4 marzo), ma non ci sono articoli pubblicati su riviste scientifiche classificate dal Miur, men che meno su quelle di fascia A. Cottarelli ha chiarito che l'intento in realtà era proprio di svolgere «opera divulgativa». Ma in Cattolica a qualcuno potrebbe non essere andato giù che l'Università sponsorizzasse un centro di ricerca che produce contenuti da talk show. Una fonte interna all'ateneo, ad esempio, alla Verità ha lasciato trapelare una certa perplessità rispetto al peso scientifico dell'attività dell'Osservatorio, facendo intendere che Cottarelli lo stia utilizzando per consacrare quella «chiara fama» che gli garantirebbe una chiamata diretta alla docenza in Cattolica. Magari, aggiungiamo noi, dopo che le ambizioni politiche si sono infrante sullo scoglio del bruciante fallimento di maggio, quando non bastò la mossa di Sergio Mattarella per spalancare a Mister Forbici le porte di un premierato simil montiano. Questo scenario, in fondo, lo ha avvalorato con la massima onestà proprio Cottarelli, che ha confermato l'offerta di una cattedra come professore straordinario da parte della Cattolica. Alla quale chiederemmo a che gioco stia giocando, visto il profilo ormai distintamente politico di un uomo che, come se qualche mese fa non fosse successo nulla, ci tiene nondimeno ad accreditarsi come un «neutrale». Antonio GrizzutiAlessandro Rico<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/le-borse-di-studio-promesse-da-mister-forbici-al-momento-non-esistono-2614100113.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-nostri-conti-esattamente-io-non-so" data-post-id="2614100113" data-published-at="1758066128" data-use-pagination="False"> «I nostri conti? Esattamente io non so...» Dottor Cottarelli, chi ha avuto l'idea di istituire l'Osservatorio? «È stata una mia idea. Ho tratto ispirazione da centri di ricerca che svolgono più o meno la stessa attività, come l'americano Committee for a responsible federal budget e il britannico Institute for fiscal studies. Ritenevo che in Italia mancasse qualcuno che monitorasse i conti pubblici e promuovesse la trasparenza». C'è stato qualche disaccordo tra i docenti della Cattolica o erano tutti felici di averla a bordo? «Nessun disaccordo. Inizialmente io volevo muovermi al di fuori del giro universitario, ma mi sono reso conto che la cosa era troppo complicata, perché avrei dovuto creare per l'ente una personalità giuridica, occuparmi della contabilità eccetera. Mi è capitato di incontrare il rettore dell'Università Cattolica, gli ho proposto la mia idea e lui l'ha accolta». Chi stila il bilancio del suo ente? «Esattamente nemmeno io so come la cosa funzioni contabilmente. C'è qualcuno che tiene conto delle nostre entrate e delle nostre spese». Chi? «Credo sia la contabilità centrale dell'Università». Per le spese dovete chiedere il permesso alla Cattolica? «Per alcune sì». Quali? «Ad esempio, se dobbiamo comprare computer o software. Se no usiamo le nostre dotazioni finanziarie». E come le spendete? «Le nostre spese sono essenzialmente legate alla retribuzione dei ricercatori. E poi ci sono le spese di viaggio. Ma quando sono io a spostarmi, di solito le spese mi vengono rimborsate da chi mi chiama». I finanziatori dell'Osservatorio chi li ha trovati? «Io. Ho pensato a chi potesse essere interessato, poi qualcuno mi ha detto di sì e qualcun altro mi ha detto di no». È vero che non è un obbligo dichiararlo, ma perché alcuni di loro non hanno voluto dirci quanti soldi hanno erogato all'Osservatorio? «Le cifre sono pubbliche: il minimo è 5.000 euro, il massimo è 20.000 e la media è 15.000. Perché qualcuno non voglia dire la cifra precisa non lo so». A che periodo si riferisce il finanziamento? «Avevo chiesto un finanziamento di un anno». I finanziamenti saranno rinnovati? «Penso di sì. E spero anche di ampliare la platea di finanziatori». Chi vuole coinvolgere? «Ci sto lavorando su, ma finché non mi dicono di sì preferisco non fare nomi». Mi racconti una giornata tipo all'Osservatorio di Cottarelli. «Una giornata tipo… Ci dovremmo vedere ogni mattino, ma dato che viaggio tanto ci troviamo quando possiamo. Facciamo un giro di tavolo per capire chi sta lavorando su che cosa, dopodiché pensiamo a cosa possiamo fare di nuovo». Avete clienti? Qualcuno che vi commissiona dei lavori? «Sì, due. Uno è la produzione della trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa. L'altro è una società che ci ha chiesto di preparare delle dispense per i loro dipendenti con nozioni di finanza pubblica». Che società? «Il nome non glielo dico». Quando vi è venuta in mente l'idea delle borse di studio finanziate con i soldi delle ospitate da Fabio Fazio? «A settembre, quando è stato stipulato il contratto con la produzione, ho pensato che, dal momento che uso il personale dell'Osservatorio per produrre le ricerche che presento in tv, era giusto usare il cachet per la loro retribuzione». Ma la produzione di Che tempo che fa chi aveva contattato? «La produzione ha contattato me». E lei ha voluto che il suo compenso fosse utilizzato per le borse di studio. «Io subito ho detto che quei soldi andavano usati per i ricercatori». Quelli che avete già. Ma ne prenderete altri? «Sì, ne prenderemo di nuovi». Quanti? «Due o tre». Due o tre? «Diciamo che per tre i soldi non bastano, forse bastano per due e mezzo… Poi vedremo, anche in rapporto alle altre fonti di finanziamento». Con quali criteri li selezionerete? «I criteri sono quelli usati l'anno scorso per prendere i ricercatori già attivi: gente sveglia, che abbia avuto 110 come voto di laurea e con una preparazione in finanza pubblica». Prenderebbe anche uno favorevole a più spesa pubblica? Un keynesiano? «Ma guardi che anche io sono keynesiano. Semplicemente ritengo che non si debba fare più deficit se il debito pubblico è troppo alto». I ricercatori che lavorano adesso all'Osservatorio come sono inquadrati? «Tra i collaboratori che abbiamo attualmente, un paio sono assunti con contratto co.co.co. Quello posso gestirlo direttamente io: intervisto il candidato, vedo se è sveglio, valuto le sue conoscenze. Per forme di collaborazione più strutturata si istituisce un bando di concorso, ma io non siedo in commissione. Di quello si occupano solo i docenti della Cattolica». Mi consenta una domanda più «retroscenista». «Mi dica». Quando è nato l'Osservatorio, a novembre 2017, l'establishment italiano credeva che dalle politiche potesse venire fuori una grande coalizione, che magari necessitava di un premier esterno a Forza Italia e Pd. Lei non ha pensato di farsi pubblicità con l'Osservatorio per lanciarsi politicamente? «Allora non ci pensavo. Poi, come ho detto più volte pubblicamente, sono stato contattato prima delle elezioni da due partiti politici. Uno era Forza Italia e si sa, perché lo ha detto anche Silvio Berlusconi». E l'altro? Erail Pd? «L'altro non lo rivelo. Comunque ho risposto di no perché avevo preso l'impegno con l'Osservatorio di mantenermi neutrale». Nei giorni precedenti alla sua chiamata da parte di Sergio Mattarella si sono moltiplicate le sue apparizioni televisive. C'era una sorta di mandato per lanciarla politicamente? «Non è un mistero che il mio nome fosse venuto fuori e si sa che, quando il nome viene fuori, aumentano gli inviti in tv. Ma non è stata certo una mia strategia. Poi io, da quando sono rientrato in Italia, sono sempre andato in televisione quando mi invitavano. Non so se la frequenza sia davvero aumentata». Ma lei lo farebbe il leader del partito degli esperti? «Un partito degli esperti non ha senso, le decisioni vanno prese a livello politico. Bisogna farsi eleggere». Lei però si era offerto come premier tecnico. «Dovevo svolgere un compito circoscritto: portare il Paese alle elezioni sapendo che non avrei avuto la fiducia, solo perché il presidente della Repubblica voleva un governo il più neutrale possibile». Ma quella della presunta neutralità dei tecnici non le pare sostanzialmente un'illusione? «Nel mio caso, appunto, la neutralità si riferiva alla gestione delle elezioni: dato che in campagna elettorale avevo parlato male di tutti, ero percepito come neutrale». L'Osservatorio, comunque, mi pare produca poco sul piano scientifico. Ci sono contenuti, mi passi il termine, «pop»: una sorta di blog, una raccolta di articoli di giornale… «L'Osservatorio nasce proprio perché ero stufo di economisti che se la cantano e se la suonano da soli. Volevo fare opera divulgativa. Ecco anche la ragione per cui vado in televisione: per raggiungere un pubblico il più ampio possibile». Ora che l'avventura politica è fallita, punta a far crescere l'Osservatorio per avere la chiamata diretta dalla Cattolica come professore straordinario per chiara fama? «Mi è stato detto che forse mi verrà dato un contratto triennale come professore straordinario». Chi glielo ha proposto? «La proposta mi è stata fatta dall'Università. Se la Cattolica cambierà idea pazienza, l'anno prossimo proseguirò il mio corso alla Bocconi. Altrimenti sarò onorato di prendere la cattedra». Alessandro Rico