Cresce la fiducia degli investitori esteri sul debito pubblico italiano. Lo certifica l’aggiornamento mensile di Banca d’Italia pubblicato il 16 giugno sull’andamento del debito pubblico italiano stesso.
La fiducia nel debito pubblico di un Paese - ben oltre il giudizio delle agenzie di rating - è un indicatore sulla fiducia complessiva che il mercato ha nei confronti di quel Paese. Il mercato, da questo punto di vista, è implacabile: non fa sconti e non perdona. Fa quello che ritiene più conveniente e, soprattutto, più credibile: questo vale, in modo imprescindibile, per i titoli del debito pubblico dei diversi Paesi. Non è un caso che sulle monete romane ci fosse scritto creditum,che indicava il fatto che in quelle monete le persone potevano credere perché quelle monete indicavano un valore reale e non una finzione o, peggio ancora, un imbroglio. Questo vale oggi come allora e per l’Italia questo segnale è particolarmente importante e significativo.
Una nota dell’Osservatorio Cpi (Osservatorio dei conti pubblici italiani), fondato da Carlo Cottarelli presso l’Università Cattolica di Milano, firmata da Alessio Capacci, sulla base di quanto contenuto nel Bollettino di Bankitalia, ci dà altre informazioni altrettanto interessanti.
Il debito pubblico italiano raggruppa i suoi detentori secondo la divisione seguente: Banca d’Italia e Banca centrale europea; banche commerciali e altre istituzioni finanziarie e monetarie residenti; altre istituzioni finanziarie residenti come assicurazioni, fondi pensioni e fondi comuni; famiglie e società non finanziarie e altri residenti; non residenti esclusa la Bce.
Sta calando la quota di debito in mano a Banca d’Italia e a Banca centrale europea che nell’ottobre del 2022 era salita al 29% per arrivare oggi al 22,7%, anche se ancora lontana di 4 punti da quella prima del Covid nel 2019, cioè del 18,7%. Questo è un buon segnale perché significa che è stata riassorbita parte della massa monetaria emessa per venire incontro alla crisi della pandemia e, tra l’altro, diminuendo i rischi inflattivi.
È scesa anche la quota detenuta da banche e altre istituzioni finanziarie, passata dal 24,3% del 2022 al 20,4 % del marzo 2025. Aumenta la quota detenuta da famiglie e società non finanziarie che passa dal 10% circa del 2022 al 14,3% di marzo 2025. Come annota il citato Capacci: «Questo aumento riflette la politica del governo di promuovere la detenzione diretta di titoli di Stato da parte dei risparmiatori italiani, anche tramite titoli con nuove caratteristiche, al fine di aumentare la stabilità della base degli investitori (supponendo che gli operatori finanziari possano, in momenti di tensione finanziaria, “fuggire” troppo rapidamente dal mercato dei titoli di Stato italiani), a fronte di questo vantaggio sta la maggiore remunerazione che le famiglie italiane sembrano aver richiesto per aumentare la loro detenzione di debito pubblico». Questo spiega anche la diminuzione del debito in mano a intermediari finanziari, cioè, famiglie e società non finanziarie accedono direttamente all’acquisto senza alcuna intermediazione e questo è un segnale altrettanto positivo perché significa che si fidano di quel debito anche senza l’intermediazione di qualcuno che glielo consiglia. Accedono direttamente perché si fidano. Ed eccoci al dato che dicevamo all’inizio e cioè il ritorno di fiducia degli investitori esteri sul debito pubblico italiano. Esso aumenta notevolmente: dal 24% circa del 2022 è salito al 30% del marzo 2025, vicino al dato del dicembre 2019, prima dello scoppio della pandemia. Questo, se non bastassero gli altri segnali, è quello che ci dice che gli investitori esteri hanno, nei confronti del debito italiano, una fiducia importante. Se quello che dicevano sul mercato - cioè che non regala niente - vale per i residenti, a maggior ragione, e per evidenti motivi, misura la fiducia degli investitori esteri sulla tenuta del sistema Italia.
Il mercato per fortuna è daltonico, non guarda al colore di chi governa, ma alla sostanza di ciò che nel Paese avviene e alla solidità complessiva del Paese stesso. Del resto, è noto che le ultime aste dei titoli del debito pubblico hanno sempre visto la domanda (cioè la richiesta del debito da parte degli investitori) maggiore dell’offerta (cioè della quantità di debito pubblico che veniva messa all’asta per essere acquistata). Al di là del dibattito politico sul ruolo, sulla forza e sulla credibilità del sistema politico italiano attuale, i numeri - in particolare questi numeri - non lasciano spazio ai dubbi. Accanto alla crescita di credibilità del debito italiano da parte dei non residenti (la richiesta estera) cresce quella delle famiglie e delle imprese non finanziarie che, come è noto ma mai sufficientemente troppo ripetuto, sono i due assi portanti dell’economia. Se vanno bene e hanno fiducia le famiglie e le imprese l’economia ha qualche possibilità di svilupparsi, altrimenti questa possibilità non c’è. Questo è vero per i consumi e per gli investimenti e questo è vero per l’acquisto dei titoli del debito pubblico.