2023-09-18
«Sui migranti imitiamo l’Australia»
Carlo Cottarelli (Imagoeconomica)
Carlo Cottarelli: «Inutile parlare di ricollocamenti, vanno fermate le partenze. Chi viene salvato in mare andrebbe portato in un luogo adatto, per esempio in Algeria, per verificare se ha i requisiti per essere accolto».«Non c’è altra soluzione: occorre fermare le partenze dal Nord Africa. Riallocare in altri Paesi europei porterebbe a maggiori partenze. Si può fare? C’è riuscito Minniti. C’è riuscita l’Australia». Carlo Cottarelli, economista ed ex senatore indipendente nel gruppo Pd, assiste alle immagini tragiche da Lampedusa. «Premessa: in mezzo al mare non si lascia morire nessuno: tutti vanno salvati». Però? «Però dobbiamo fare in modo che si entri in Italia solo avendo il permesso». Professore, l’isola scoppia. Non è più tempo di mezze misure? «Noi abbiamo bisogno di immigrazione regolare, e il governo ha fatto bene ad aumentare le quote a 150.000 l’anno. Fosse per me aumenterei ancora. Però in Italia bisogna arrivare col permesso. Le frontiere esistono ancora. O aboliamo i confini, oppure stabiliamo che chi entra contro le regole deve tornare indietro». Tornare indietro è molto complicato. «Per questo la cosa migliore è evitare le partenze irregolari. Ma se sai che non puoi restare senza permesso, come nel caso dell’Australia, non parti». L’Australia? Il Paese della «tolleranza zero»? «In Australia non è che chi sta in mare non venga salvato: lo portano in un’isola del Pacifico ad aspettare. L’Australia si basa sul semplice principio che per entrare in un Paese occorre rispettare le regole di ingresso. E beninteso, faccio queste considerazioni pur restando favorevole allo “ius soli” o allo “ius culturae”: quando vedo una persona che ha la pelle di un colore diverso dalla mia parlare italiano, o magari dialetto cremonese, mi si apre il cuore. Però una cosa è nascere e crescere in Italia: altra cosa è entrare senza autorizzazione». L’Australia riceve molte critiche rispetto al suo sistema. Dovremmo applicarlo anche noi? «Ovviamente non devono essere campi di concentramento, le persone devono essere comunque rispettate. Noi non abbiamo isole adatte nell’Atlantico, si tratterebbe di trovare un’altra localizzazione, per esempio l’Algeria, dove collocare i migranti in attesa che siano sbrigate le pratiche burocratiche, magari in posti dove il costo della vita è più basso del nostro. Sarebbe meglio gestire tutto questo a livello europeo. Il punto fondamentale è questo: se i migranti verso Paesi della Ue sanno che finiranno lì, allora non partono più, perché non si danno migliaia di euro agli scafisti per fare un giro del genere». Cos’altro serve? «Occorre promuovere una campagna di informazione nei Paesi di origine, per spiegare che esistono canali normali per arrivare in Europa, alternativi agli scafisti. Non vedo altre soluzioni. Dire che “l’Europa deve intervenire per condividere la riallocazione” non ha senso: ne arriverebbero di più». Quindi il «buonismo» sui migranti suona come un invito a rischiare la vita? «Non è un comportamento coerente nel tempo, perché purtroppo non possiamo accogliere tutti». Dunque ha ragione Salvini: usiamo la Marina? «Non so come si vorrebbe usarla: certo non possiamo sparare a chi sta in mare…». Il primo problema, dunque, non è l’accoglienza, ma adottare un atteggiamento intransigente? «Occorre essere chiari nel pubblicizzare il messaggio: non vale la pena pagare migliaia di euro per attraversare il deserto e il mare rischiando la vita. Ci sono strade ufficiali - penso anche alla “lotteria”, come avviene negli Usa - per raggiungere l’Europa, strade che non mettono a repentaglio l’incolumità. Forse sono canali che richiedono più tempo per giungere a destinazione? Probabile: se non altro il migrante avrà modo di prepararsi, magari imparando prima la lingua del paese di arrivo». Il patto con Saied è saltato. Perché l’Europa non sblocca i fondi per Tunisi? «Non c’è una responsabilità delle istituzioni europee, ma dei Paesi europei. Se non c’è la volontà dei singoli Stati, le istituzioni europee possono fare poco. E in Francia, come in altri Paesi, oggi tendono a dire: con i migranti abbiamo già dato». Intanto la Bce alza ancora i tassi: è record. A quanto pare anche all’interno della banca centrale si sono spaccati sulla decisione. «Io avrei votato contro, schierandomi con la minoranza interna nella Bce». Perché? «Finora ho sempre sostenuto le mosse della Banca centrale europea. Ma ho già detto qualche tempo fa che a settembre sarebbe stato meglio aspettare. L’inflazione sta scendendo. Inoltre, l’impatto dell’aumento dei tassi deve ancora svilupparsi a pieno. Prima di alzare ancora l’asticella avrei preso una pausa, per verificare se la cura è già sufficiente. In ogni caso, stiamo parlando solo di un quarto di punto, ed è comprensibile che a questi livelli possano sorgere dei disaccordi». In ogni caso, non è un dramma? «Anche se non sono d’accordo, non penso che questo rialzo sia catastrofico: al netto dell’inflazione i tassi non sono ancora particolarmente alti». Lei dice? «I tassi servono anche a remunerare chi presta soldi, perché con l’inflazione alta il capitale prestato vale meno. Dunque, per giudicare realmente il livello dei tassi, e il rischio di recessione, occorre guardare alla differenza tra tasso di interesse e l’inflazione futura. Ma molti non sono più abituati a ragionare in termini di tassi reali, perché non hanno vissuto le fiammate d’inflazione degli anni Settanta».Serviva più coraggio a Francoforte? «Si può accusare la Bce di essere stata troppo aggressiva, come si accusa un medico di aver prescritto due pillole anziché una sola. Bisogna vedere se la medicina non sia eccessiva. Ma ripeto: rispetto al dibattito generale, nel giudicare i tassi occorre depurarli dell’inflazione attesa». Anni di tassi prepotentemente a zero, e adesso un’impennata mai vista. Non si pone un problema di autorevolezza per la Banca centrale? «I tassi dono stati tenuti a zero troppo a lungo. La frittata è già stata fatta, e la Bce ha perso un po’ di credibilità, anche considerando che la Bce stessa prevedeva un’inflazione all’1% a inizio 2021».Christine Lagarde nel novembre 2021 disse: «La corsa dell’inflazione scomparirà, è un fenomeno temporaneo causato dal Covid». In una normale azienda privata cosa sarebbe successo alla Lagarde? «Niente, perché la situazione pandemica era senza precedenti e poco prevedibile. Bisogna tener conto del contesto in cui l’errore è stato fatto. Ex post, siamo tutti bravi. Lo sbaglio principale, certo, è aver ripetuto a lungo che l’inflazione sarebbe scesa da sola». Lei ha sempre detto che il modello della Bce indipendente è ancora valido. La pensa ancora così? «Una banca centrale indipendente fa errori, ma non ha motivo di farli sistematicamente. Restituire allo Stato la leva della politica monetaria sarebbe peggio, perché stampare soldi è come avere una gallina dalle uova d’oro. E spennare la gallina per vincere le elezioni è una tentazione troppo forte. Da qui l’idea di consegnare quel potere ai burocrati». Anche i burocrati possono cadere vittima dell’ideologia, o no? «Tutti gli esseri umani sbagliano, ma non c’è un motivo per cui un tecnocrate debba deviare dal mandato fissato dalla politica di mantenere l’inflazione al 2%». Nel suo libro Chimere lei tocca anche la questione green, sottolineando i rischi della transizione ecologica. «Sì, dietro le battaglie per l’ambiente c’è un prezzo da pagare. Intendiamoci: certi costi vanno affrontati. Ma dire che ci guadagniamo tutti è semplicemente falso». Perderemo terreno nei confronti della Cina? «Il problema è che ogni Paese ha interesse a lasciar fare tutto agli altri. Da questo punto di vista sono pessimista sulla possibilità che ci sia una vera soluzione al riscaldamento globale». Dunque? «Per aumentare la nostra indipendenza, sarebbe opportuno dotarsi di una produzione importante di fotovoltaico, che però, essendo un’energia intermittente, va integrata con altro, come il nucleare». L’Unione europea, nella sua crociata green, non sta prestando sufficiente attenzione all’industria italiana? «Ricordiamoci che, quando si tratta di applicare le decisioni che approva, l’Ue è spesso debole. Pensiamo alla Bolkenstein, mai applicata a pieno in Italia. E poi adesso ci sono le nuove elezioni alle porte…». Lei è stato tra i primi ad abbandonare il Pd di Elly Schlein. Pentito o ancora più convinto della decisione di uscire? «Assolutamente convinto di ciò che ho fatto. Temo ci sia un difetto di nascita nel Pd: cercare di far convivere la cultura ex comunista, con quelle cattolica e liberaldemocratica. Più passa il tempo, e più mi sembra difficile tenere insieme queste anime». Ci crede al nuovo centro dei riformisti?«Ci credo e ci spero». Con Renzi?«Un’area liberal-democratica serve senz’altro. Ma non mi faccia fare nomi...».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.