2025-07-21
Carlo Cottarelli: «Se non c’è l’accordo sui dazi non va alzata la spesa militare»
L’economista: «Ora bisogna negoziare, sbagliate le minacce di Macron. Tariffe al 30% non sarebbero comunque una catastrofe. Il riarmo contro la Russia è ingiustificato».«Davvero non so cosa abbia in mente Trump. Ma sui dazi adesso non sono più così ottimista per un accordo». L’economista Carlo Cottarelli inquadra la guerra commerciale con gli Usa con pragmatismo: «L’unica cosa che possiamo fare è negoziare fino all’ultimo giorno. Ma se il negoziato fallisce, allora non possiamo subire in silenzio: sarebbe uno schiaffo morale». Rispondere, ma con quali armi? «Potremmo minacciare di far saltare l’aumento delle spese per la difesa Nato. È una carta da giocare, considerando gli interessi americani in Ucraina». Il nuovo bilancio europeo da 2.000 miliardi? «Si può fare, purché non ci siano nuove tasse per i cittadini». Iniziamo dalla guerra commerciale. Se il nemico da battere è la Cina, perché Trump fa la voce grossa con il vecchio alleato europeo?«Perché noi siamo divisi e più deboli. Prendendosela con l’Europa, Trump è a caccia della soluzione migliore per lui».Il presidente francese Macron vorrebbe sfoderare subito le armi pesanti contro Washington, come il meccanismo anticoercizione.«E sarebbe sbagliato. Trump ha posto la scadenza del 1° agosto, ed è inutile lanciare minacce, bisogna negoziare».L’opposizione critica la Meloni: «Basta scappare», dice il Pd.«Non mi sembrano critiche giustificate. Il cammino della negoziazione avviene nell’ambito dell’Ue, e l’Italia si muove insieme agli altri. Il resto sono schermaglie gratuite».Cosa rischia l’Europa con i dazi al 30%?«Senza accordo entreremmo in uno scenario complicato. Accettare la logica del “non fare niente” sarebbe pericoloso. Daremmo ulteriori segnali di debolezza».Perché l’Europa sarebbe costretta a contrattaccare?«Se l’Europa non risponderà ai dazi di Trump, in caso di mancato accordo, molte imprese europee si sposteranno negli Usa, non solo per servire il mercato americano, ma anche per esportare verso la stessa Europa. Detto questo, non credo che sarebbe comunque una catastrofe: per intenderci, niente di paragonabile alla crisi economica del 2008. E poi ricordiamoci che la nostra quota di esportazioni verso gli Usa è solo dell’11%».Sarebbe una catastrofe politica, prima che commerciale?«Sì. Verrebbe meno la storica partnership tra le due sponde dell’Atlantico, che ha dato prosperità dalla Seconda guerra mondiale in poi».Quali sono le armi in mano all’Europa, se Trump non si schiodasse dalle sue posizioni?«Ci sono i controdazi. Si possono tassare di più le multinazionali americane della tecnologia. E c’è anche la questione della spesa militare Nato». L’Europa può minacciare di non alzare le spese militari se non si raffreddano i dazi di Trump?«È giusto che qualcosa ci venga riconosciuto. Trump deve prestare orecchio, perché in Ucraina gli Usa hanno degli interessi, come dimostra il recente accordo sulle terre rare. E noi abbiamo già accettato di alzare le spese militari al 5% senza colpo ferire. Peraltro, per me è già fin troppo aumentare la spesa al 3,5% del Pil».Perché è troppo?«L’ultima volta che l’Italia ha speso cifre simili per la difesa, correva l’anno 1967. Pur con l’ombrello americano che traballa, oggi non ci troviamo più di fronte all’Urss».Cioè?«L’Urss aveva una popolazione pari al 54% della popolazione dei Paesi Nato. Oggi la Russia è al 16%. Non vedo nessuna analisi che giustifichi un così grande aumento delle spese militari in Europa».E allora come se lo spiega?«Trump si è svegliato una mattina di gennaio e ha deciso che gli europei devono spendere di più. Tutto qua».Scusi, ma Macron, Starmer e Von der Leyen dicono quasi quotidianamente che siamo già in guerra e che occorre premunirsi.«Questa è una conseguenza dell’attacco russo in Ucraina. Ma la risposta giusta è armare l’Ucraina, non l’Europa. Le armate russe in tre anni non sono riuscite a sconfiggere un Paese con 44 milioni di abitanti: non dovrebbero spaventarci più di tanto, se nel frattempo continuiamo ad aiutare Kiev».Escluso che Mosca invada altri Paesi, come paventato dai leader che più spingono per il riarmo?«Nulla è garantito, ma la deterrenza può esistere senza per questo spendere molto di più. Il dubbio è che l’obiettivo del 5% di spese militari non serva a difenderci contro la Russia, ma contro la Cina».La Cina?«Sì, ma se il vero pericolo è la Cina bisogna dirlo chiaramente. Occorre pretendere delle risposte dalle nostre istituzioni: la Cina è coinvolta? Rischiamo un attacco da Pechino?».A proposito di soldi, l’Ue ha presentato la sua proposta di bilancio pluriennale 2028-2034. Si parla di 2.000 miliardi, ma quasi nessuno è disposto ad accettarlo.«Si può accettare, perché il bilancio europeo è minuscolo. A una condizione: non bisogna introdurre nuove tasse».E come si fa?«Si aumenta il bilancio trasferendo in ambito comunitario parte delle risorse raccolte a livello nazionale. Ma non dobbiamo certo aumentare la pressione fiscale complessiva, che in Europa è già fin troppo alta».
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)