2025-11-10
Usa: il destino di una parte dei dazi è nelle mani della Corte Suprema
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La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.Ma che cosa sta succedendo esattamente? Come detto, il caso riguarda soltanto i dazi che Trump ha imposto invocando lo Ieepa: una legge del 1977 che, in caso di emergenza, consente al presidente degli Stati Uniti di “regolamentare le importazioni”. Ora, secondo i ricorrenti, tale norma non dà l’autorità alla Casa Bianca di imporre dazi generalizzati: stando alla cosiddetta “dottrina delle questioni rilevanti”, il presidente avrebbe dovuto ricevere una chiara autorizzazione da parte del Congresso. I legali di Trump hanno replicato, sostenendo che tale autorizzazione non fosse necessaria, perché, attribuendo al presidente il potere di “regolamentare le importazioni”, lo Ieepa avrebbe già chiaramente riconosciuto all’esecutivo il potere di comminare dazi. Inoltre, ha argomentato la Casa Bianca, per Trump i dazi, più che alla politica commerciale, appartengono alla politica estera: un ambito, questo, in cui la Costituzione riconosce al presidente un’ampia discrezionalità.Ora, durante il dibattimento dello scorso mercoledì, la maggior parte dei giudici è apparsa scettica nei confronti della linea portata avanti dagli avvocati della Casa Bianca. Anche i togati di nomina repubblicana hanno mostrato delle titubanze tra chi dubita che lo Ieepa attribuisca all’esecutivo un potere tanto ampio e chi ha sollevato la “dottrina delle questioni rilevanti”. Insomma, la strada per l’amministrazione americana sembra farsi in salita. Ed è per questo che il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha reso noto che, in caso di sentenza avversa, verranno adottati altri strumenti giuridici per garantire la politica sui dazi. Ricordiamo d’altronde che le tariffe ad auto, rame, alluminio e acciaio sono state imposte non ai sensi dello Ieepa ma della sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962. Il problema, per Trump, è che lo Ieepa gli ha finora garantito celerità e la possibilità di decretare dazi generalizzati: due elementi che difficilmente potranno essere mantenuti, facendo ricorso ad altre normative. Dall’altra parte, mercoledì, alcuni giudici di nomina repubblicana sono tuttavia sembrati aperti ad ammettere che lo Ieepa, consentendo al presidente la “regolamentazione delle importazioni”, gli conferisca il potere di comminare tariffe. La partita, insomma, resta aperta.
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