L’anno della svolta (negativa) è il 2009. Non a caso l’inizio della grande recessione. Dal punto di vista occupazionale, in Italia, i sintomi della crisi c’erano tutti. Dopo anni di crescita, tutti gli indicatori hanno cominciato ad aggravarsi: tra il 2008 e il 2009 gli occupati iniziavano a calare, mentre cominciavano a crescere i numeri relativi ai disoccupati e anche agli inattivi, cioè quelli che un lavoro non lo cercano nemmeno più, perché impossibilitati o rassegnati. Solo tra il 2017 e il 2018 si è registrata una (modesta) inversione di tendenza.
L’anno della svolta (negativa) è il 2009. Non a caso l’inizio della grande recessione. Dal punto di vista occupazionale, in Italia, i sintomi della crisi c’erano tutti. Dopo anni di crescita, tutti gli indicatori hanno cominciato ad aggravarsi: tra il 2008 e il 2009 gli occupati iniziavano a calare, mentre cominciavano a crescere i numeri relativi ai disoccupati e anche agli inattivi, cioè quelli che un lavoro non lo cercano nemmeno più, perché impossibilitati o rassegnati. Solo tra il 2017 e il 2018 si è registrata una (modesta) inversione di tendenza.La fotografia emerge dai dati Istat. Considerare i numeri assoluti permette di osservare il rapporto tra gli italiani occupati e quelli che, per età o altro, un lavoro non ce l’hanno. Vent’anni fa, nel 1998, su un totale di 56,9 milioni di persone residenti nel nostro Paese, i lavoratori erano 21,05 milioni: il 36,99%. Dieci anni dopo, nel 2008, l’ultimo anno con il segno più davanti prima della recessione, su una popolazione di 58,65 milioni gli occupati erano saliti a 23,09 milioni, il 39,37%: lavorava, dunque, un italiano su quattro, compresi neonati e ultraottantenni. L’anno scorso l’Italia ha sfondato il muro dei 60 milioni di abitanti (60,48), ma la quota dei lavoratori è scesa al 38,38% della popolazione: questo significa che 23,21 milioni di italiani ne mantenevano 37,27.Cosa è accaduto tra questi tre momenti? Sicuramente tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio l’occupazione è salita non solo grazie alla crescente disponibilità di posti di lavoro: ad aumentare è stato anche l’accesso delle donne al mondo del lavoro. Il maggiore tasso di occupazione femminile (40,1% nel 1998, 47,2% nel 2008, 49,5% nel 2018) ha contribuito a innalzare le cifre generali. E infatti, se vent’anni fa non aveva un posto di lavoro il 63,01% degli italiani (compresi quelli non in età lavorativa, perché troppo giovani o troppo anziani), nel 2008 la percentuale era scesa al 60,63%.Se si passa ad analizzare gli occupati, si scopre che lo stereotipo del lavoratore dipendente, a tempo pieno e con il posto fisso sta sbiadendo sempre di più. Vent’anni fa il 62,6% degli italiani con un lavoro - quasi due su tre - poteva vantare un contratto a tempo indeterminato. Con gli anni, poi, è cresciuta la precarietà e, con lei, i contratti a tempo determinato: nel 1998 rappresentavano solo l’8,4% del totale, nel 2008 erano già diventati il 9,9% e l’anno scorso erano arrivati al 13,1%. Sempre in tema di contratti atipici, è aumentato anche il ricorso al part time (non sempre volontario): nel 2008 14,67 milioni di italiani lavoravano a tempo pieno, contro i 2,55 milioni a tempo parziale; l’anno scorso i primi sono calati a 14,33 milioni, mentre i secondi sono saliti a 3,57 milioni (per il 1998 il dato non è disponibile). A conti fatti, si può dire che nel 2018 appena un italiano su cinque aveva un classico contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato: 12,21 milioni di fortunati, il 20,2% della popolazione complessiva. E una contrazione si è registrata anche nel lavoro indipendente: nel 1998 gli imprenditori, i liberi professionisti e i lavoratori autonomi erano 6,1 milioni, nel 2008 5,88 e nel 2018 5,32.A tutto ciò si affianca la crescita della disoccupazione. Se dal 1998 al 2007 il dato è andato calando fino a raggiungere il picco minimo di 1,4 milioni di senza lavoro, dal 2008 il numero è tornato a crescere stabilmente fino al 2015. Vent’anni fa, infatti, gli italiani tra i 15 e i 74 anni alla ricerca di un impiego erano 2,69 milioni: dieci anni fa la cifra era scesa a 1,66, salvo tornare su a 2,75 milioni l’anno scorso.Ma cos’altro ci dice questa tripla fotografia occupazionale dell’Italia? Intanto che gli inattivi in età da lavoro sono diminuiti sia in termini assoluti sia in percentuale: erano 15,15 milioni nel 1998, sono diventati 14,36 milioni nel 2008 per poi scendere a 13,26 milioni nel 2018. Questo indica che sono sempre di più i connazionali tra i 15 e i 64 anni che per volontà o necessità si cercano un lavoro. Il problema, spesso, è trovarlo.
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