2020-03-04
L’autogol del ministro scarpone manda in rovina il calcio italiano
Vincenzo Spadafora (Ansa)
Dopo aver messo a rischio il calendario del campionato, Vincenzo Spadafora ha pasticciato anche sulle porte chiuse. La data di Juve-Inter resta un mistero. Vincono le società, ma soprattutto il caos: tra Steven Zhang e la Lega è rissa.«Il governo ha dato due possibilità: rinviare o giocare a porte chiuse»: così parlò il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, punta di diamante del M5s, domenica 1 marzo, a proposito delle partite di Seria A rinviate per il coronavirus, a partire dal big match Juventus-Inter. La perentoria affermazione di Spadafora risale alle ore in cui Juve-Inter era stata programmata per il 13 maggio. Bene: stando alle ultime notizie, la sfida scudetto si giocherà invece lunedì 9, alle 20.45, e a porte aperte, esattamente il contrario di quanto aveva affermato il ministro (e contrariamente a quanto si è deciso per le messe e i concerti). Fra sabato 7 e lunedì 9 marzo dovrebbero infatti essere recuperate le sei gare rinviate lo scorso weekend: sabato 7, alle 20.45, Samp-Verona; domenica 8, alle 20.45, Udinese-Fiorentina; lunedì 9, alle 18.30, Milan-Genoa, Parma-Spal e Sassuolo-Brescia; alle 20.45 lo scontro scudetto Juve-Inter. Tutte la gare sarebbero a porte aperte. O meglio: socchiuse, perché considerata l'emergenza è prevedibile il divieto di accesso allo Juventus Stadium per i tifosi nerazzurri provenienti dalla Lombardia, che fa parte della zona gialla, mentre il Piemonte no. Un enorme pasticcio, l'ennesimo provocato dallo sbandamento del governo, che non ha saputo dare uno straccio di indirizzo al mondo del calcio, accompagnando la credibilità dello sport italiano sull'orlo del precipizio. Oggi l'assemblea della Lega dovrebbe ratificare il tutto.Confusione, caos, sbandamento, che hanno finito per provocare la forte irritazione (eufemismo) del presidente dell'Inter, Steven Zhang, che ha scelto i social network per insultare pesantemente il presidente della Lega di Seria A, Paolo Dal Pino: «Sei il più grande e il più triste pagliaccio che io abbia mai visto», ha scritto Zhang in una story pubblicata sul suo profilo Instagram, «giochi con il calendario e metti la salute pubblica in secondo piano. 24 ore? 48 ore? Sette giorni? Quale sarà la tua prossima mossa? Ora ci vieni a parlare di sportività e di una competizione limpida. Come puoi farlo quando non proteggi i nostri calciatori e i nostri tecnici, chiedendo loro la disponibilità a giocare per te tutti i giorni, a tutte le ore? Sì, parlo proprio con te, presidente Paolo Dal Pino. È tempo che tu ti assuma le tue responsabilità», ha aggiunto Zhang. «Non importa che si tifi Inter o Juve, si deve essere protetti. È questa la cosa più importante per la famiglia, per la società». Sbagliati i toni, sbagliato il mezzo, resta l'amarezza del presidente nerazzurro, che probabilmente, essendo cinese, ha una sensibilità particolare verso il coronavirus.L'attacco di Zhang, infatti, è relativo alla decisione della Lega di far disputare a porte aperte Juventus-Inter, decisione che agli occhi dei tifosi interisti è irresponsabile perché consente di aprire le porte dello Stadium a decine di migliaia di persone, e penalizzante per i ragazzi di Antonio Conte perché i sostenitori nerazzurri provenienti dalla Lombardia non potranno accedere allo stadio. Non a caso, la Curva Nord interista si è subito schierata al fianco del patron: «Finalmente», hanno scritto i sostenitori interisti più calorosi su Facebook, «un presidente che dice le cose come stanno. Onore a Zhang». Inevitabile l'apertura di un'indagine della Procura della Figc sulle parole di Zhang, che rischia un pesante deferimento. A poco servirà l'interpretazione fatta trapelare dall'Inter delle parole del giovane patron: «Il messaggio molto forte del presidente», hanno minimizzato dal quartier generale nerazzurro, «è un appello alla Lega calcio per pretendere con fermezza la massima tutela della salute pubblica dell'intera comunità».Sia come sia, da questa partita così delicata chi esce sconfitto per 3-0 è il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, e insieme a lui tutto il governo. Quanta differenza tra le incertezze, le giravolte, l'incapacità politica di governare un momento di emergenza del nostro esecutivo, e l'assoluta fermezza del governo spagnolo, che ieri, attraverso il ministro della Sanità, Salvador Illa, ha raccomandato che le prossime partite di ritorno di Champions league ed Europa league su suolo iberico siano giocate a porte chiuse per il rischio contagio, riferendosi in particolare a Valencia-Atalanta di martedì 10 marzo e a Getafe-Inter del 19 marzo, considerata la provenienza dei tifosi ospiti dalla zona gialla.Anche in Inghilterra, si sceglie la strada della coerenza: ieri mattina, in una conferenza stampa, anche il premier, Boris Johnson, ha confermato che il campionato inglese è sotto osservazione e che, anche se al momento non è in programma alcuna limitazione, ogni misura precauzionale per frenare i contagi, verrà presa in considerazione nelle prossime settimane. La Premier league ha già fatto sapere che le eventuali porte chiuse dovranno limitarsi a una giornata, viceversa la soluzione migliore sarà sospendere per qualche settimana l'intero campionato. Qui in Italia, invece, in testa alla classifica c'è solo il caso. Porte aperte, porte chiuse, porte socchiuse, tifosi ospiti «esaminati» con il termoscanner ai tornelli (è successo domenica scorsa a Lecce ai sostenitori dell'Atalanta), decisioni «definitive» che durano meno di 12 ore. Nel fantastico mondo dello sport italiano (s)governato da Spadafora, tutto è possibile.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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