I festeggiamenti sono prematuri: il rimbalzo, trainato da edilizia e turismo, ci ha solo riportati agli stessi livelli pre pandemia e pre cura Monti. Intanto l’inflazione di fondo, che esclude l’energia, continua a salire. E l’Fmi prevede un 2023 da fanalino di coda.
I festeggiamenti sono prematuri: il rimbalzo, trainato da edilizia e turismo, ci ha solo riportati agli stessi livelli pre pandemia e pre cura Monti. Intanto l’inflazione di fondo, che esclude l’energia, continua a salire. E l’Fmi prevede un 2023 da fanalino di coda. mai, è d’obbligo segnalare che si tratta di una stima preliminare soggetta a revisione. Come quella di fine maggio al dato preliminare del primo trimestre, inizialmente stimato al -0,2% e poi corretto in +0,1%. Una modifica al rialzo di notevole entità.Il buon dato è prevalentemente attribuibile al favorevole andamento del settore industriale e dei servizi, mentre la componente estera ha inciso negativamente, come d’altronde prevedibile considerato che da dicembre 2021 l’Italia è in deficit di bilancia commerciale a causa dell’aumento dei prezzi energetici.Anche se il dettaglio non è ancora disponibile, è ragionevole presumere che ancora una volta il contributo più rilevante sia arrivato dal settore delle costruzioni che, nel primo trimestre sostanzialmente stagnante, aveva fatto segnare una impetuosa crescita del +5,8%. Insomma, i bonus edilizi con tutto l’effetto moltiplicatore sui settori industriali collegati pare che ancora una volta abbiano recitato il ruolo di motore della crescita.Rilevante anche il ruolo dei servizi (turismo e trasporti in testa) finalmente liberati dalle restrizioni - su cui prima o poi qualcuno dovrà dare conto della proporzionalità tra danni all’economia (tanti) e benefici sanitari (pochi) - che avevano depresso il Pil del secondo semestre 2021.Le buone notizie finiscono qua. Come era facile immaginare, nei commenti di ieri è scattata la corsa a magnificare tali risultati, attribuendoli a un «piano» (così Federico Fubini sul Corriere della Sera) che purtroppo non c’è. Tale millantato piano pare avere al centro i numerosi decreti varati dal governo da inizio anno per mitigare l’impatto dei costi energetici su imprese e famiglie per un importo complessivo di oltre 30 miliardi. Ma tali misure sono state finanziate con tagli di spese (i fondi di alcuni ministeri), maggiori entrate fiscali (il gettito Iva aumentato per il solo effetto dei maggiori prezzi unitari dei beni) e il gettito del contestato contributo sugli extraprofitti delle imprese del settore energetico. L’impatto sul deficit/Pil, inchiodato al 5,6%, è stato nullo. Il governo di Mario Draghi, con la mano sinistra, ha semplicemente rimesso nelle tasche degli italiani il denaro che gli aveva sfilato con la mano destra. Un po’ come la famosa scena in cui Totò paga la trippa chiedendo prima il resto e poi utilizzandolo per il pagamento. Paradossalmente la crescita è attribuibile al sostenuto andamento del settore costruzioni, che bloccando la cessione multipla dei crediti di imposta da bonus edilizi si è cercato in tutti i modi di rallentare. Peraltro tale decisione lascia alle spalle una bolla finanziaria di notevoli proporzioni, con imprese di costruzioni e famiglie rimaste illiquide con il cerino in mano dei crediti non più cedibili. Né si può parlare di piano a proposito del rilancio del turismo, ripartito «sua sponte» come una molla tenuta a lungo compressa, dopo le restrizioni del 2021.È doveroso sottolineare che questi dati di crescita fanno finalmente uscire l’Italia dal gruppo di coda dei Paesi dell’Eurozona, come ci eravamo abituati a vedere. Ma, in questo caso, è necessario chiedersi la base su cui sono calcolate le variazioni percentuali e osservare i fenomeni con un minimo di prospettiva. In questo modo, scopriamo che i 434 miliardi di Pil del secondo trimestre 2022 (dato reale, al netto dell’inflazione), sono sostanzialmente pari a quelli del secondo trimestre 2019 e superano per la prima volta i 430 miliardi del quarto trimestre 2019. Insomma, siamo a malapena tornati, dopo due anni e mezzo, al punto di partenza in cui eravamo nel 2011, prima della «cura Monti», e nel 2019 prima della pandemia. Ma vi è di più. La crescita del 2022 beneficia dell’effetto della cosiddetta variazione acquisita (quella che si registrerebbe in caso di crescita nulla nei successivi trimestri) che, a fine 2021, era pari al 2,4%. Quindi la crescita acquisita a oggi (+3,4%), per circa un terzo, scaturisce dal trascinamento dell’ultimo trimestre 2021.L’Istat nella stessa giornata di venerdì ha pubblicato i dati sull’inflazione a luglio. Il lieve rallentamento rispetto allo stesso mese del 2021, da +8% a +7,9%, è la compensazione di due effetti: l’arretramento dei prezzi dei prodotti energetici e la crescita dell’inflazione «di fondo» (al netto di beni energetici e alimentari freschi) da +3,8% a +4,1%, che, al netto dei soli beni energetici, passa da +4,2% a +4,7%. Variazioni che non si registravano dal 1996.Ciò è preoccupante perché segnala che l’onda lunga delle tensioni inflazionistiche si è propagata ad altri settori e colpirà consumi e produzione in modo ancora più persistente. Ed è proprio questo il motivo per cui ci attendono mesi molto difficili, come ha riportato il Fmi prevedendo per il 2023 una modesta crescita del 0,7%, ultima tra i Paesi dell’Eurozona. Il piano, se c’era, aveva parecchie falle.
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.