2022-01-19
Il lasciapassare abbatte i consumi, non il virus. A rischio 500.000 lavoratori
Il pass ha limitato gli accessi e affossato gli introiti. Il colpo di grazia per ristoranti e alberghi, a cui si aggiunge la fine delle moratorie sui debiti. E dai ristori solo briciole.È comprensibile che le migliaia di ristoratori, di piccoli imprenditori del turismo o del settore dello svago (che - attenzione - significa made in Italy) siano caduti nella trappola del green pass. La speranza era quella di poter rimanere aperti e non subire una chiusura forzata come quella del 2020. Solo adesso gli operatori del turismo, dei bar, della ristorazione, sostenitori del sistema della carta verde, si rendono conto dell’errore in cui sono caduti. Uno strumento che limita gli accessi, nei fatti, contingenta i consumi. Nonostante la percentuale di vaccinati, al green pass il governo, appena dopo Capodanno, ha aggiunto l’obbligo vaccinale agli over 50 conservando il peggio delle misure restrittive. Il tutto dopo due anni di crolli psicologici e di smart working. Il risultato e che gli unici disposti a uscire e mantenere le vecchie abitudini sono tendenzialmente coloro che contestano il vaccino oppure - come lo scrivente - l’introduzione di un lasciapassare che tracci i nostri spostamenti e le nostre abitudini. Gli altri, che formalmente avrebbero sempre la spunta verde, sembrano voler rinunciare ad andare al bar e al ristorante preferendo una vita ritirata per evitare il rischio di contagio. La conseguenza è quel lockdown di fatto che La Verità descrive da giorni e ha previsto da settimane. Non che ci volesse il Nobel. Se arriviamo prima non è certo merito nostro, ma demerito altrui. Basti pensare al presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che dall’avvio della pandemia non è mai riuscito a dire una parola in difesa della libertà d’impresa e contro il pericolo imperante dello statalismo. Comprendiamo che la sua associazione sopravvive grazie alla presenza della partecipate pubbliche, ma gli iscritti a Viale dell’Astronomia avrebbero meritato qualcuno che li avvertisse sui pericoli di intrusione della tessera verde sulle dinamiche dei contratti di lavoro, da un lato, e sulla compressione dei consumi dall’altro. Senza dimenticare le difficoltà per entrare nel nostro Paese per chi ancora volesse godere dei monumenti. In ogni caso, siamo ben oltre le necessità sanitarie, come dimostra il dpcm in via di approvazione che fisserà l’esenzione o l’obbligo di green pass in base a criteri che a confronto i codice Ateco di Giuseppe Conte avevano un certo criterio condivisibile. L’insistenza e il desiderio di ulteriore stretta qualche dubbio lo fa insorgere. Non tanto che il green pass sia irreversibile. Di questo ne siamo certi, ma che l’effetto immediato sia proprio il contrasto alla fame di energia. Se non si può battere l’inflazione facendo salire i salari e se si è in balia del costo delle materie prime e dell’approvvigionamento di gas non resta che comprimere la domanda. L’Europa ci ha abituato a strane scelte e questa non sarebbe la più inusuale, avendo per giunto un macabro fondamento. Al di là dei ragionamenti geopolitici, resta il dramma dei fatturati. «È evidente», ha spiegato il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, «che si sta vivendo un dramma quotidiano, che rischia di provocare un contraccolpo durissimo ai 500.00 lavoratori e di conseguenza alle loro famiglie. Le grandi città, che nel 2019 rappresentavano un quinto delle presenze turistiche registrate in Italia, hanno subito un crollo del 71% nel 2021» , ha dichiarato Bocca. «Non stupisce quindi», ha proseguito, «che molte imprese siano chiuse da marzo 2020 e che molte altre purtroppo torneranno a chiudere a causa di una domanda stagnante e del clima d’incertezza». In Italia il settore degli alberghi e della ristorazione è appesantito da debiti per 37 miliardi e il rischio che questi finanziamenti non vengano ripagati a causa della pandemia è del 78% per le strutture ricettive e del 95% per i ristoranti. La fotografia, aggiornata a ottobre 2021, è stata scattata in esclusiva per La Verità dall’osservatorio Next generation, coordinato da Giuseppe Arleo e parte del think tank Competere. Secondo l’indagine, le chiusure hanno spinto gli albergatori e i ristoratori a chiedere, solo nel 2020 e dopo circa un anno di lockdown, 10 miliardi di euro di finanziamenti per evitare di abbassare la serranda per sempre. Il problema è che all’inizio del 2022 stanno vedendo i nodi arrivare al pettine. Scadute le moratorie dei fidi garantiti dallo Stato e pure quelle concesse dalle banche, l’effetto esplosivo sarà ricordato per anni. Ciò che nel 2020 è stato ossigeno ora diventa debito che andrà a sommarsi a una già enorme montagna formatasi prima della pandemia. Ne segue che il consiglio dei ministri di domani potrà partorire ben poco. Il veto allo scostamento imposto da Mario Draghi consentirà di partorire un decreto Sostegni ter con meno di 3 miliardi di dotazione. Ben poco per chi sperava che il proprio fatturato si salvasse grazie al green pass. Non basta raccontare che c’è la ripresa economica. Essa non c’è. E chi fa impresa in Italia è sempre più indebitato. Pagherà bollette più care e sarà a rischio di fallimento. Dovrebbe bastare questo per avviare un ragionamento ampio e magari immaginare un vero condono fiscale e lo stralcio di parte dei debiti. Altro che pezzoline bagnate sulla fronte.
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