2022-01-27
Pregliasco ci ripensa: operiamo tutti. Ma altri ospedali respingono i no vax
Fabrizio Pregliasco (Ansa)
Il direttore del Galeazzi scrive alla «Verità»: ho fatto decadere quella disposizione. Però dal Lazio al Friuli Venezia Giulia, dal Trentino alla Toscana, sempre più strutture rifiutano interventi (anche piuttosto urgenti) a chi non ha fatto la terza dose. Discriminata pure una giovane in gravidanza. Che poi è deceduta.Lo speciale comprende due articoli.La barbarie, di negare cure a chi non si è vaccinato contro il Covid, annovera nuove vittime. Dopo le denunce di pazienti che si sono visti rifiutare interventi chirurgici all’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, diretto da Fabrizio Pregliasco, e in altri ospedali italiani perché non immunizzati o senza il booster, proteste si levano da ogni parte. A una signora disabile di Trieste è stata cancellata la fisioterapia nell’Ospizio Marino di Grado, dove da due anni faceva riabilitazione specialistica, in quanto senza vaccino. «Il medico di base ha detto che rischio forte, vaccinandomi, ma non ha mai prodotto un certificato di esenzione. Non posso correre altri pericoli, già non riesco a stare in piedi da sola», racconta Daniela Mica, 64 anni. Come conseguenza di un trauma cranico da caduta nel 2014, ha una disabilità permanente. La lesione a livello della regione vermiana mediale (una delle tre parti di cui si compone il cervelletto) ha provocato un danno cerebellare degenerativo, che le comporta difficoltà nel coordinare i movimenti, alterazioni della postura e dell’andatura. La signora non ha equilibrio, tende a cadere in avanti o all’indietro. Vive da sola, il marito è morto nel 2001 per cancro al polmone, senza il deambulatore non fa un passo e spesso perde conoscenza in casa. Solo grazie al servizio di teleassistenza può sperare di non restare a terra per dei giorni. Nella vita grama che conduce, l’unico conforto fisico erano i due appuntamenti l’anno al Marino di Grado, dove per quindici giorni veniva aiutata a recuperare un po’ di equilibrio. «Non c’è cura per la mia patologia, il neurologo è stato chiaro, posso solo ritardare la degenerazione con la riabilitazione», spiega Daniela. «Già lo scorso anno, con il Covid, un ciclo di assistenza è saltato. Adesso mi hanno chiuso la porta in faccia perché non posso vaccinarmi. Di noi disabili se ne fregano». Il messaggio devastante, che sta circolando nelle strutture sanitarie, è discriminiamo chi non si è fatto la terza dose, anche se nessuna legge lo sancisce. Quindi nel calderone dei reietti, perché non vogliono o non possono vaccinarsi contro il Covid, il ministero della Salute ha gettato pure coloro che si sono fidati dello Stato porgendo due volte il braccio. La demenzialità allo stato puro, per sostenere senza fondamento l’utilità del super green pass. Martedì sera, nella trasmissione Fuori dal coro condotta da Mario Giordano su Rete 4, abbiamo ascoltato altri pazienti rifiutati da ospedali. Come la signora Marina, alla quale nell’ospedale Santa Chiara di Pisa dovevano asportare tre polipi all’utero, ma che le è stato detto di non presentarsi in quanto non vaccinata. Il primario di ginecologia, Pietro Bottone, avrebbe dato disposizioni chiare: «Si opera solo con il super green pass», quindi quando si è trattato di fissare l’intervento per la signora non c’è stato nulla da fare. Benché malata oncologica, dovrà aspettare che l’emergenza sia finita. Da denuncia è pure la risposta che le è stata data su quello che le può capitare, in caso di emergenza. «La trattano come un paziente Covid, la mettono con i malati Covid», hanno fatto sapere dall’ospedale. Peggio che nei lazzaretti, almeno lì entravi solo se infetto. Al signor Roberto, 66 anni, che da oltre un mese sta aspettando l’intervento per una protesi all’anca deciso dal primario di ortopedia dell’ospedale di Cles, nel Trentino, lo stesso specialista, Luigi Umberto Romano, ha detto che «non opera i non vaccinati». Roberto ha provato a sentire se le condizioni sono uguali anche nel reparto di Tione, pure retto dal dottor Romano, ma la risposta è ancora più preoccupante: «Non abbiamo indicazioni a riguardo», è stata la precisazione della caposala, «però il problema sono le strutture che fanno riabilitazione e che accettano solo vaccinati». Quasi tutti i centri di riabilitazione della provincia di Trento escludono i non immunizzati, precludendo loro il fondamentale percorso riabilitativo post operatorio. Se questo non è calpestare il diritto alla salute e a potersi curare, sanciti dalla Costituzione. È contro simili barbarie che lotta la dottoressa Erminia Ferrari, medico di famiglia a Bergamo. In un video su Facebook, parlando del clima di «discriminazione» che ci sarebbe nella Bergamasca, ha detto che le caposala «di alcune strutture ospedaliere hanno rimandato indietro persone in lista d’attesa perché non erano vaccinate». Comportamento inaccettabile nei confronti di pazienti che fanno solo «una scelta farmacologica. Bisogna operare in base alle vere priorità e noi medici dobbiamo curare tutti», ha tuonato il medico. Tra i pazienti esclusi, anche una persona che ha già fatto il Covid, ha anticorpi molto alti e per questo non si vaccina, eppure gli è stato rinviato un intervento di chirurgia vascolare. Dovrebbero scattare denunce, la magistratura deve indagare su questi casi di sopruso, così come sta accadendo a Roma dove la procura ha aperto un fascicolo di indagine sulla morte di Adriana Tanoni, 28 anni, deceduta per polmonite interstiziale il 20 gennaio al policlinico Umberto I dopo aver dato alla luce un bambino prematuro. L’ipotesi di reato è omicidio colposo. La giovane, che a detta dei genitori non si era vaccinata dietro consiglio della ginecologa, ai primi di gennaio venne visitata in giardino, al freddo, malgrado la gravidanza e sebbene «con febbre elevata, tosse e difficoltà respiratoria», come si legge nella denuncia. Ricoverata il 7 gennaio, peggiora sempre di più e dopo il cesareo urgente, muore. Se fosse stata vaccinata avrebbe avuto diritto a un trattamento umano.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lapartheid-si-diffonde-e-boom-di-non-vaccinati-rifiutati-dagli-ospedali-2656484479.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-ora-pregliasco-fa-dietrofront-da-oggi-al-galeazzi-operiamo-tutti" data-post-id="2656484479" data-published-at="1643230029" data-use-pagination="False"> Ma ora Pregliasco fa dietrofront: «Da oggi al Galeazzi operiamo tutti» «Tra i pazienti più fragili ho valutato, ancorché non previsto, di includere, tra gli altri, anche coloro che non erano in possesso del green pass rafforzato, ciò per proteggere da un’eventuale infezione proprio i soggetti vulnerabili che più facilmente la contraggono e per non rischiare di vedere crescere l’occupazione dei letti in terapia intensiva». Inizia così la spiegazione con cui il professor Fabrizio Pregliasco chiarisce definitivamente la vicenda iniziata una settimana fa e riassumibile in un titolo: super green pass o niente interventi chirurgici. Era stata infatti la trasmissione tv Fuori dal coro, condotta da Mario Giordano, su Rete 4, a rivelare le discriminazioni che avvenivano nel noto centro ortopedico ai danni di pazienti che, seppur in lista d’attesa per sottoporsi ad interventi chirurgici, venivano respinti perché non avevano completato il ciclo vaccinale, due dosi più il booster. Persone considerate fragili a causa delle sole due dosi di vaccino, ma non con necessità d’interventi urgenti, quindi da poter rimandare a data da destinarsi. Una procedura confermata non soltanto da alcuni testimoni direttamente in trasmissione, un ragazzo con un problema ad una mano e una signora con dolori allucinanti ad un piede, ma anche dagli operatori ospedalieri. Uno di loro aveva infatti ribadito: «Abbiamo ricevuto indicazione a riguardo proprio dal professor Pregliasco», indicazioni contenute in un documento ufficiale firmato dallo stesso Pregliasco e fatto circolare all’interno dell’ospedale come informativa per il personale: «Se non hanno ancora fatto il richiamo, i pazienti devono dimostrare di avere fatto la seconda dose meno di cinque mesi fa o di essere guariti dal Covid da meno di sei mesi». Un concetto ingarbugliato, alla stregua dei dpcm a cui ci ha abituato il governo in questi due anni di pandemia, ma la motivazione messa nero su bianco lo scorso 3 gennaio era chiara: «Alla luce della situazione epidemiologica ingravescente riguardo al Covid 19, dalla settimana del 10 gennaio p.v e dalla successiva, si ritiene necessario rivedere la programmazione degli interventi elettivi riservando l’attività a pazienti: A) che possiedono il green pass «rafforzato» (vaccinazione/guarigione); B) con rischio anestesiologico inferiore ad Asa 3; C) pazienti che non necessitano di riabilitazione». Spiega ancora il professore che «La disposizione del 3 gennaio scorso, dalla sua testata considerata lesiva dei diritti dei pazienti non vaccinati, è nata in un contesto di particolare emergenza, determinata dalla allora crescente pressione sull’attività ospedaliera, causata dalla quarta ondata dell’emergenza Covid. In quel preciso momento le due evidenze erano l’incremento esponenziale di ricoveri di pazienti Covid positivi e l’aumento del personale sanitario costretto in quarantena. In quella situazione in qualità di direttore sanitario, avevo il dovere di garantire il mantenimento dell’attività chirurgica e di ricovero non procrastinabile, nonché dell’attività di pronto soccorso». Il virologo inoltre chiarisce: «Vorrei rassicurare lei e i suoi lettori rispetto al fatto che tale disposizione è decaduta, avendo dato indicazioni in merito e assumendomi la responsabilità di aver preso a suo tempo una decisione ora non più necessaria vista l’attuale situazione epidemiologica. Al contempo mi preme sottolineare che le nostre liste d’attesa rispecchiano unicamente il requisito di urgenza clinica e chirurgica, seguendo la normativa vigente, nella più totale trasparenza». Un chiarimento completo dopo che nei giorni scorsi Pregliasco aveva detto sinteticamente: «Abbiamo posticipato sulla base di una serie di criteri di fragilità alcuni interventi come l’alluce valgo. […] Chi non ha la terza dose è una persona che rischia di più di potersi infettare in ospedale». Del resto il Galeazzi è sempre stato impegnato fin dalla prima ondata nella lotta contro il virus destinando un piano completo, quindi 100 posti letto dei 360 disponibili, ai pazienti Covid, e, come ha sempre ripetuto il direttore sanitario dell’Ircss, «tutta quell’attività traumatologica, ortopedica e neurochirurgica che è tipica del nostro ospedale insieme a tutta l’attività ambulatoriale, viene svolta secondo norma e regola». Rassicurazione fornita anche al procuratore aggiunto, Tiziana Siciliano che aveva sentito Pregliasco che, sulla procedura adottata aveva ribadito che erano stati «riprogrammati e posticipati solo gli interventi non urgenti» e che comunque il fine era quello di «riorganizzare e ottimizzare le sale operatorie». Una strategia necessaria perché «abbiamo spazi limitati» e «cento posti letto in meno, per garantire tutta l’attività per i pazienti Covid». Anche la Regione Lombardia aveva mosso gli ispettori per far luce su quanto accaduto.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco