2019-12-02
«L’antifascismo è una cultura d’odio. Di questo passo si torna a uccidere»
L'ex deputato del Pdl Marcello De Angelis: «I rossi si nutrono di negazione dell'altro, negano la dignità umana all'avversario. La morte di mio fratello? Un caso Cucchi. Ma se le divise uccidevano un “fascista" era un'opera meritoria».Marcello De Angelis è stato senatore di An dal 2006 e deputato del Pdl dal 2008 al 2013, nonché, dal 1996, direttore di Area, rivista della destra sociale e direttore del Secolo d'Italia fino al 2014. Da giovanissimo militò in Terza posizione, formazione peronista della destra extraparlamentare. Costituitosi spontaneamente, scontò tre anni di carcere per banda armata, tra il 1989 e il 1992. Suo fratello Nanni, anche lui di Terza posizione, fu arrestato il 3 ottobre 1980. Due giorni dopo, fu ritrovato impiccato in cella. La versione ufficiale parla di suicidio, ma per la famiglia si è trattato di una messa in scena: Nanni sarebbe morto per i brutali pestaggi degli agenti, forse perché scambiato per Luigi Ciavardini, membro dei Nar che aveva partecipato all'agguato contro il poliziotto Francesco Evangelista. Il 12 dicembre cadono i 50 anni dalla strage di piazza Fontana. Fu l'inizio della strategia della tensione. La sinistra interpreta gli anni di piombo come una congiura tra Stato e destra eversiva.«Peggio: l'idea è che la lotta armata della sinistra fu una reazione virtuosa a stragismo e tentativi di colpi di Stato».Non c'è mai stata copertura dello stragismo di destra?«I servizi segreti non erano certo vicini alla destra. Tant'è che per salvare gli apparati mainstream, collegati al Pci, s'iniziò a parlare di servizi deviati. Sull'orientamento politico della magistratura, poi, non credo ci sia molto da dire... Fatto sta che tutti i depistaggi accertati degli ultimi 50 anni sono serviti a indirizzare le indagini contro la destra».Suo fratello Nanni fu ingiustamente coinvolto in quelle sulla strage di Bologna.«Fu chiamato in causa, anni dopo la sua morte, da tale Raffaella Furiozzi, improvvisata collaboratrice di giustizia».Il 2 agosto 1980 lui stava giocando le finali nazionali di football a Castel Giorgio.«Dimostrammo subito la sua estraneità: c'erano le immagini nelle teche Rai. Nessun magistrato chiese mai alla Furiozzi chi l'avesse imbeccata sul nome di Nanni, di cui ovviamente lei nemmeno conosceva l'esistenza».Come morì suo fratello?«Un testimone oculare disse che gli agenti, già all'arresto, iniziarono - testuale - a picchiarlo “selvaggiamente"».Addirittura?«Data la sua forza, per immobilizzarlo gli agenti lo colpirono in testa con i calci delle pistole, fino a farlo svenire».Una sorta di caso Cucchi?«Ce ne sono stati molti in quei tempi».Perché nessuno volle fare chiarezza?«Pesava il giudizio sull'appartenenza politica di mio fratello: se la polizia faceva questo a un “fascista", tutto sommato era un'opera meritoria».La sua famiglia non lottò abbastanza?«La mia famiglia ricevette delle minacce e ci furono pressioni anche sul magistrato che indagava, tant'è che rinunciò all'incarico. Il caso passò a un altro che archiviò tutto in una settimana».Dopo 39 anni, come ci si sente a non conoscere la verità?«Rassegnati. Un patologo che aveva partecipato all'autopsia, una volta, ci contattò per dire che voleva darci delle informazioni».E voi?«Chiedemmo se sarebbe stato disposto a confermare in tribunale. Non lo era».E allora?«Rinunciammo a incontrarlo. Avrebbe solo riaperto delle ferite».Il fascismo sta tornando?«L'antifascismo in assenza di fascismo è un'arma di distrazione di massa».Dice?«Nel 1973, Pier Paolo Pasolini scrisse che distraeva la gente dai problemi che la sinistra non sapeva risolvere».Storia vecchia?«È la teoria schmittiana della politica: chi ha il potere di identificare il nemico, comanda».L'antifascismo è un pretesto?«È la cultura d'odio più diffusa, letale e persistente che l'Italia conosca».Ogni tanto la polizia sgomina bande armate di estrema destra. L'ultima a Enna.«Questi episodi emergono nei momenti topici, per poi dissolversi magicamente».Non lontano da dove abita lei, nel quartiere Africano di Roma, è pieno di scritte per Francesco Cecchin, militante di destra ucciso a piazza Vescovio nel 1979. È neofascismo o il tentativo di dare la dignità della memoria ai «vinti»?«Vede? L'antifascismo è riuscito a creare discriminazioni anche tra i morti».Qualcuno lamenta la fine delle ideologie. Ma gli anni di piombo, quelli delle ideologie, sono stati anni di vite spezzate - quelle delle vittime, come Nanni - e altrettante rovinate - quelle di chi ha passato decenni in galera. Non è meglio siano finite, le ideologie?«Le ideologie non uccidono. Sono gli uomini a uccidere, per malvagità. Da certi punti di vista, oggi è persino peggio».Perché?«Guardi, a paragone degli antifascisti mi viene nostalgia dei leninisti». Davvero?«Se uno ha una visione politica, ci si può confrontare, anche duramente, su quella. L'antifascismo invece si nutre di pura negazione dell'altro».Ma prima ci si ammazzava. Oggi non più.«Il meccanismo però è lo stesso: togliere la dignità umana all'avversario. E tutto per non discutere dei problemi veri e per non sforzarsi di risolverli. Con queste premesse, per tornare a uccidere ci vuole un attimo».
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)