2021-12-20
Tasse: l'anno (fiscale) che verrà
Il governo Draghi ha varato la riforma dell’Irpef: sono state cancellate molte detrazioni, è previsto qualche vantaggio per i redditi medi ma non ci sono aiuti ai più giovani né ai proprietari di immobili. Minacciati anche da Bruxelles. Il rappresentante dei commercialisti Pasquale Saggese: «La riduzione dev’essere generalizzata, restiamo il Paese più tartassato di tutta Europa». Paolo Zabeo (Cgia): «Le spese per fiscalisti e consulenti sono prelievi occulti».Lo speciale contiene tre articoli.Revisione degli scaglioni, rimodulazione delle detrazioni, eliminazione di alcuni bonus e, dulcis in fundo, l’incognita di rincari sulla casa per la riforma del catasto. Il contribuente purtroppo è abituato alle novità fiscali di fine anno e la maggior parte delle volte non sono affatto piacevoli. Ma per il prossimo anno si preannuncia una vera e propria rivoluzione che lascerà l’amaro in bocca a qualcuno. La riforma dell’Irpef tanto discussa sta per arrivare al traguardo e promette un abbassamento dell’onere fiscale. Ma siccome la generosità dello Stato si scontra con i margini di manovra del bilancio, già risicati prima del Covid e ora azzerati con i vari aiuti e bonus della pandemia, è evidente che la «generosità» è molto risicata.La modulazione delle aliquote porterà un maggior vantaggio ai redditi medi, tra 40.000 e 50.000 euro lordi l’anno e beneficio minore per chi si trova nei primi scaglioni. Gli economisti Silvia Giannini e Simone Pellegrino, in un’analisi su Lavoce.info hanno commentato che «chi ha introiti medio alti godrà di risparmi in media molto più corposi rispetto a quelli riconosciuti all’85% di contribuenti che non arriva a 35.000 euro lordi».meno scaglioniGli scaglioni scendono da 5 a 4: i primi due non subiscono modifiche; l’attuale terzo si riduce di ampiezza, perché il limite superiore passa da 55.000 a 50.000 euro; è previsto un unico scaglione sopra i 50.000 euro, a differenza dei due attuali (55.000-75.000 e oltre 75.000). Per quanto riguarda le aliquote, la prima non subisce variazioni, la seconda si riduce dal 27% al 25% e la terza dal 38% al 35%; quella massima rimane al 43%.Il bonus da 100 euro introdotto da Renzi rimane solo fino a 15.000 euro mentre a partire da questa soglia è prevista una sola detrazione in sostituzione delle preesistenti. I maggiori vantaggi a chi prende meno di 8.000 euro. Secondo le simulazioni del Sole 24 Ore, i maggiori risparmi li avranno i redditi di circa 40.000 euro l’anno: i contribuenti in questa fascia pagheranno circa 945 euro di imposta in meno, pari a 78 euro al mese. Il lavoratore dipendente medio, che stando ai dati del Tesoro dichiara 24.000 euro se ha un contratto stabile, dovrà invece accontentarsi di meno di 98 euro l’anno, 8 al mese. I redditi da 28.000-30.000 euro, che più avevano beneficiato del bonus di 100 euro, non godranno di alcun vantaggio. Anzi a 28.000 euro ci sarebbe un piccolo aumento Irpef pari a 8 euro, che però sarà annullato con un meccanismo di correzioni. Avrà uno sconto di 270 euro chi dichiara 75.000 euro l’anno, pari a circa 4.000 netti al mese; oltre quella cifra si scende a 90 euro di sconto annuo. Per i lavoratori autonomi il vantaggio fiscale va dai 52 euro l’anno per chi guadagna dai 20.000 ai 25.000 euro fino a 692 per chi si colloca nella fascia 60.000-65.000 euro. Però fino a 65.000 euro di reddito si può scegliere la flat tax del 15%. I pensionati non possono contare sulla riduzione dei contributi e quindi il loro risparmio medio è inferiore rispetto ai lavoratori dipendenti e pari a 146 euro per la fascia di reddito tra 20.000 e 25.000 euro l’anno e 667 euro tra 50.000 e 55.000 euro.La riforma è fatta per alleggerire i redditi medi e come tale non è a vantaggio dei giovani che hanno introiti mediamente più bassi e quindi possono usufruire meno della rimodulazione degli scaglioni e delle aliquote. Il reddito medio di un giovane di 25 anni è di 16.500 euro mentre fino a 44 anni difficilmente supera i 18.000 euro. Pertanto l’85% di costoro è compreso nella prima fascia di reddito sotto i 15.000 euro l’anno, quella per la quale non sono previsti benefici dalla riforma dell’Irpef. Solo il 15% si trova nello scaglione successivo (tra 15.000 e 28.000 euro) e beneficia di una riduzione Irpef del 3% ma solo per i redditi eccedenti i 15.000 euro.detrazioni spariteSi volta pagina anche per le detrazioni per i figli a carico che da marzo confluiranno nel nuovo assegno unico. Le famiglie dovranno presentare la domanda all’Inps e avere l’Isee. Nessun alleggerimento, invece, della pressione sulla casa. Anzi, sta accelerando l’iter della riforma del catasto alla Camera. La riforma non dovrebbe produrre cambiamenti fiscali sugli immobili fino al 2026 ma è comunque un’arma consegnata al prossimo governo. Tanto basta per congelare le compravendite. C’è il rischio, nel giro di pochi anni, di dover pagare più tasse. Il taglio del peso fiscale sul mattone è lontano dal perimetro della riforma fiscale anche se questo comparto è stritolato dal fisco e vive una stagione di grave crisi. Non solo. Dall’Europa arriva la proposta di togliere dal mercato delle locazioni e delle compravendite gli immobili che non hanno raggiunto determinata soglia di efficienza energetica. La norma interesserebbe l’80% del patrimonio italiano, più di 20 milioni di abitazioni. L’obiettivo è raggiungere la decarbonizzazione del settore immobiliare entro il 2050. Prima di questa data sono previsti traguardi intermedi. Per i proprietari significa sobbarcarsi costi ingenti di ristrutturazione. L’assenza di agevolazioni fiscali per la casa, il rivolgimento catastale e la direttiva green della Ue sono tutti segnali che il settore immobiliare resta nel mirino come fonte principale di prelievi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lanno-fiscale-che-verra-tasse-2656075071.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="pasquale-saggese-iva-imu-e-imposte-locali-totalmente-dimenticate" data-post-id="2656075071" data-published-at="1640011789" data-use-pagination="False"> Pasquale Saggese: «Iva, Imu e imposte locali totalmente dimenticate» «La riforma del fisco inserita nella manovra economica lascia fuori i giovani e i monoreddito, per i quali si dovrà provvedere in un secondo momento. Sulle famiglie con un solo reddito da circa trent’anni si discute ma senza arrivare a soluzioni». Pasquale Saggese, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti, fa le pulci alle novità che caratterizzeranno il prossimo anno. Quali categorie potranno brindare alla riforma? «La revisione dell’Irpef porta a una riduzione generalizzata della pressione fiscale anche se il maggior risparmio lo avranno i redditi compresi tra i 40.000 e i 50.000 euro lordi e la fascia dei lavoratori dipendenti. Rimangono tre curve di aliquote per dipendenti, pensionati e autonomi. Per questi ultimi c’è la differenza tra coloro che possono accedere al regime forfettario, che sono solo gli imprenditori individuali e singoli professionisti non associati con un tetto di ricavi non superiore a 65.000 euro, e coloro che stanno nel regime ordinario. Questo significa che a parità di reddito pagano imposte differenti. Non c’è equiparazione». Come si spiega la maggiore attenzione al lavoro dipendente? «Si sono voluti beneficiare i dipendenti con livello di reddito tra 40.000-50.000 euro perché erano stati penalizzati in precedenza, in quanto esclusi dal bonus Renzi». Sono stati trascurati i lavoratori autonomi? «Si agisce ancora per compartimenti stagni. I lavoratori autonomi continueranno a godere della flat tax che compensa l’assenza per loro del bonus Renzi». E i giovani? «La legge delega prevede altre riforme fiscali. Tra l’altro dice che bisogna favorire il secondo percettore di reddito, cioè chi prende meno soldi nel nucleo familiare e il lavoro dei giovani. Per questi temi l’iter sarà più lungo in quanto servono i decreti delegati». Basteranno le risorse? «Il problema è la compatibilità di bilancio. Non sarebbe la prima volta che legge delega rimane inattuata anche per mancanza di un accordo politico. Il problema di questo governo è l’eterogeneità delle forze politiche ed è difficile mettersi d’accordo». E l’Irap? «La manovra dovrebbe contenere anche l’eliminazione dell’Irap per gli imprenditori individuali e i lavoratori autonomi non associati che sono autonomamente organizzati, cioè con dipendenti e grossi capitali investiti». Novità per le detrazioni? «C’è l’idea di riformare le centinaia di detrazioni e deduzioni concentrando le risorse sulle più rilevanti, ma questo è contenuto nella delega che va attuata. Rivedere le piccole detrazioni richiede un lavoro molto impegnativo». Chi non sarà soddisfatto dalla riforma? «Il cambiamento degli scaglioni e delle aliquote Irpef rappresentano un primo passo nella riduzione della pressione fiscale che però deve trovare conferma in altri provvedimenti. Non dimentichiamoci dell’Iva, delle imposte di registro, dell’Imu, dei tributi locali. Bisogna fare un’opera di riduzione generalizzata. Chi ha pagato l’Irpef non ha chiuso con l’erario. Avere ridotto adesso l’imposta non significa che ora le tasse sono basse. Le pressione fiscale in Italia resta la più alta d’Europa. Inoltre le tasse, oltre a essere alte, sono complesse da pagare. C’è un costo indiretto dovuto alla complessità della gestione della macchina fiscale». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lanno-fiscale-che-verra-tasse-2656075071.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="paolo-zabeo-per-gli-artigiani-non-cambia-nulla-bisogna-togliere-la-burocrazia" data-post-id="2656075071" data-published-at="1640011789" data-use-pagination="False"> Paolo Zabeo: «Per gli artigiani non cambia nulla. Bisogna togliere la burocrazia» «Bene il ritocco dell’Irpef ma di qui a parlare di calo della pressione fiscale ce ne corre. Il taglio di 7 miliardi è davvero poco». Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre che rappresenta il settore degli imprenditori artigiani, dice che c’è ancora molta strada da fare. Il prossimo anno fiscale per gli artigiani non si presenta bene. «In attesa della tanto agognata riforma fiscale, che speriamo venga realizzata con la legge delega entro l’anno prossimo, il 2022 sarà un anno di transizione», spiega Zabeo. «Certo, il leggero ritocco all’Irpef darà un po’ di sollievo, ma siamo ancora molto lontani dal raggiungere un risultato accettabile». Il discorso si ripete da anni: serve una riforma complessiva fatta non solo di tagli alle tasse, non più rinviabili: sarà necessario sburocratizzare l’intero sistema fiscale. «Oggi paghiamo troppo e in maniera estremamente complessa», specifica Zabeo, «per molti artigiani e tanti piccoli imprenditori tutto ciò si traduce in un ulteriore costo per il commercialista o il consulente del lavoro». La stessa mini riforma dell’Irpef targata Draghi presenta comunque punti deboli: «Sette miliardi sono del tutto insufficienti per allineare la nostra pressione fiscale alla media europea», è l’opinione di Paolo Zabeo. «Tuttavia, vista la situazione dei nostri conti pubblici, qualsiasi riduzione strutturale delle tasse non potrà essere fatta in deficit». Ma se non vogliamo scassare definitivamente il bilancio pubblico, bisognerà tagliare la spesa pubblica: «E qui sta il punto. Abbiamo l’impressione che nessuno, nemmeno lontanamente, voglia razionalizzare le uscite pubbliche; tanto più nei prossimi anni, visto che con il Pnrr dovremo spendere oltre 235 miliardi di euro. Per questo nutriamo tante perplessità sulla riuscita della prossima riforma che verrà definita con la legge delega». L’obiettivo primario, per Zabeo, è «far funzionare meglio e a un costo inferiore la macchina pubblica. Se, infatti, fossimo in grado con un colpo di bacchetta magica di eliminare una buona parte degli sprechi e degli sperperi che si annida nella nostra pubblica amministrazione, probabilmente la spesa pubblica italiana costerebbe molto meno e, conseguentemente, il livello della pressione tributaria sarebbe più contenuto, avvantaggiando proprio coloro che le tasse le versano fino all’ultimo centesimo. Segnalo che il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione burocratica dei rapporti con la pubblica amministrazione è pari, secondo l’Istituto Ambrosetti, a 57 miliardi di euro all’anno. I debiti commerciali che lo Stato e le sue articolazioni periferiche hanno nei confronti dei propri fornitori ammontano a 53 miliardi di euro. Senza contare la malagiustizia, il deficit infrastrutturale e l’arretratezza del nostro trasporto pubblico locale. Insomma, se nei prossimi anni riusciremo ad ammodernare la macchina pubblica, i cittadini e le imprese riceveranno servizi migliori, a minor costo e chi ci governa potrà contare su maggiori risorse per tagliare in maniera importante le tasse».