2023-05-13
Landini scarica sulla Meloni tutte le colpe della sinistra
Dai vaucher fino alla liberalizzazione dei contratti a termine, il leader della Cgil accusa l’esecutivo per le riforme progressiste.Se leggi l’intervista rilasciata da Maurizio Landini alla Stampa e per un momento fingi di dimenticare che si tratta del leader del più rappresentativo sindacato italiano, potresti tranquillamente pensare che a parlare sia il leader dell’opposizione politica. Una via di mezzo tra Elly Schlein e Giuseppe Conte che riesce in una paginata ricca di domande e argomenti a non spendere mai una parola non diciamo positiva, che sarebbe forse chiedere troppo, ma neanche di distinguo, distensione o comunque di apertura verso il governo. Con la perla finale sul taglio del cuneo fiscale (il secondo per importanza dopo quello di Prodi) che viene bollato dal nostra in modo disprtegiativo con una «una tantum», bypassando completamente le svariate dichiarazioni dei rappresentanti del governo che garantiscono la volontà di rifinanziarlo. Landini sembra quasi scusarsi per il mancato sciopero generale, ma fa intendere che è solo una questione di tempo, prima o poi è lì che si andrà a parare. Contento lui. Dov’è la novità? Verrebbe da chiedersi. Landini è lo stesso Landini che da leader della Fiom, i metalmeccanici della Cgil, si faceva notare più per le comparsate in tv che per le battaglie di fabbrica. «Un movimentista - dicono i colleghi che lo conoscono ma non lo stimano - che cavalcare il disagio sociale senza però sporcarsi le mani ricercando soluzioni». A bene vedere però, una novità c’è e sta nel fatto che nel corso di tutta l’intervista l’ex leader dei metalmeccanici della Fiom accusa il governo di centrodestra per quelle che sarebbero misure introdotte o comunque non corrette dal governi di centrosinistra o comunque a chiara vocazione di sinistra. Insomma, Landini scarica sulla governo di centrodestra tutte le colpe della sinistra. Il sindacalista con la propensione alla politica per esempio critica i voucher, ma i buoni per il lavoro che prevedono il pagamento dei contributi sono stati introdotti dalla riforma Fornero. O meglio, “creati” dalla legge Biagi nel 2003 vengono estesi a tutti i settori dalla Fornero nel 2012 con l’obiettivo di combattere il “nero” e facilitare la regolarizzazione i rapporti di lavoro. Si può discutere sui limiti e settori di applicazione dei buoni, ma la storia dice questo. E lo stesso discorso vale per i contratti a termine. L’ex Fiom accusa il governo di liberalizzare l’uso dei contratti a termine riportandoli indietro ai tempi del Jobs act. Cioè riportandoli al 2015, quando governava il Partito Democratico di Matteo Renzi. E ancora, l’altra grande colpa del governo sarebbe quella del mancato rinnovo dei contratti nazionali del lavoro scaduti. La verità è che la stragrande maggioranza aspetta un rinnovo da tempo, prima dell’insediamento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. E che il governo può operare in termini di moral suasion e detassazione, non di più. Rinnovarli vorrebbe dire aiutare la capacità di spesa delle famiglie italiane zavorrate dall’inflazione ed è sacrosanto perché parliamo di quasi 8 milioni di lavoratori dipendenti sui 14 milioni complessivi. Ma di chi sono le colpe dei mancati rinnovi? Della sinistra e dei governi appoggiati della sinistra o di un esecutivo che è in carica da poco più di 7 mesi? Landini parla nello specifico dei contratti del pubblico impiego? Qui le responsabilità del governo sono più dirette, ma non è che prima della Meloni la situazione fosse diversa. E lo stesso discorso vale per le tasse e il fiscal drag. Landini evidenzia che il lavoratore dipendente paga il 40% contro il 20% del reddito da finanza, come se le aliquote fossero state imposte dall’attuale esecutivo e poi riscopre il fiscal drag, il drenaggio che consiste nell’aumento della pressione fiscale originato dall’aumento dell’inflazione con aliquote fiscali crescenti. Un termine che torna di moda solo se al governo c’è il centrodestra. Si potrebbe continuare, ma non vale la pena tediare il lettore con cose che il sindacalista ripeterà oggi in piazza a Milano. Come fosse un Conte o una Schlein qualsiasi.
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(Totaleu)
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