2023-05-15
Landini dalla luna: 1.000 euro? Rifiutateli
Che i sindacati non abbiano più alcun contatto con la realtà e non rappresentino più gli interessi di chi lavora è un sospetto che nutro da tempo. Ma da ieri ne ho la certezza e vi spiego perché. Già ho trovato strano che Cgil, Cisl e Uil venerdì abbiano indetto una manifestazione per protestare contro le misure decise dal governo in favore dell’occupazione. Da quando in qua, infatti, le organizzazioni che dovrebbero difendere i lavoratori, contestano e sfilano in corteo contro chi propone la riduzione delle tasse sulle loro buste paga? Ma ancor di più, a convincermi che le confederazioni ormai si muovano come un soggetto politico scollegato dalla realtà, senza cioè alcuna conoscenza delle condizioni economiche e di mercato, sono state le dichiarazioni di Maurizio Landini, con cui ha giustificato i giovani che rifiutano un posto di lavoro per 1.000 euro al mese. Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, ai margini della manifestazione milanese il segretario della Cgil ha detto che i ragazzi fanno bene a non accettare di essere «sottopagati», perché «il lavoro deve essere una condizione che permette a chi lo fa di vivere dignitosamente e di non essere sfruttato». Confesso, all’inizio ho strabuzzato gli occhi, convinto di aver letto male. Invece, mi sono dovuto ricredere: il segretario del principale sindacato italiano parlava proprio di 1.000 euro, convinto evidentemente che tale somma rappresenti la soglia dello sfruttamento da respingere. Ora, si dà il caso che 1.000 euro costino in realtà più o meno 2.000 euro all’azienda che li versa. Infatti, alla cifra netta incassata da un dipendente bisogna aggiungere le tasse e i contributi e dunque si arriva all’incirca a una somma che tocca i 25.000 euro lordi l’anno, fascia di reddito in cui si colloca la maggior parte dei lavoratori di questo Paese. Come si fa dunque a dire che 1.000 euro sono da rifiutare? Ci sono contratti sottoscritti dalle tre confederazioni, quello per esempio che riguarda i portieri e gli addetti alla sicurezza, in cui si scende anche sotto la soglia dei 1.000 euro al mese, ma non mi sembra che i vertici sindacali abbiano parlato di sfruttamento. La realtà è che 1.000 euro al mese rappresentano per molti italiani un miraggio non ancora raggiunto. Dunque, pur ammettendo che con uno stipendio netto di 12.000 euro annue si fa fatica ad arrivare a fine mese, sostenere che i giovani facciano bene a rifiutare un simile salario, significa condannarli a rimanere fuori dal mercato del lavoro. Quale sarebbe infatti l’alternativa? Rimanere a carico dei genitori per anni? Oppure farsi mantenere, sfruttando la pensione dei nonni? O, meglio, restare a casa e incassare il reddito di cittadinanza? Negli anni Settanta, oltre a inseguire il sogno di un orario di lavoro ridotto ma con uno stipendio pieno (lo slogan della Cisl di Pierre Carniti era «lavorare meno, lavorare tutti» e si infranse contro la legge di mercato), il sindacato sosteneva la tesi che il salario fosse una variabile indipendente dall’andamento di un’azienda. Negli anni Ottanta però, ci si rese conto della follia di una paga svincolata dai risultati e Cgil, Cisl e Uil furono costrette ad arrendersi al fatto che gli stipendi non possono crescere se il fatturato e gli utili di un’impresa diminuiscono. Evidentemente, oggi chi guida le confederazioni si è dimenticato della lezione impartita dalla crisi di 40 anni fa e non si rende conto che il lavoro è sempre più flessibile e si trova in settori dove la rappresentanza sindacale è quasi nulla. Tuttavia, sostenere le idee del passato non aiuterà le confederazioni a ritornare alle manifestazioni oceaniche di un tempo né a recuperare gli iscritti persi, facendosi largo in aziende che non hanno nulla a che fare con la catena di montaggio. Semmai condanneranno Cgil, Cisl e Uil alla marginalità, a essere ininfluenti nelle scelte economiche. La crisi d’identità delle organizzazioni sindacali viene infatti da lontano ed è legata a uno schema di conflittualità che da tempo non funziona più, prova ne sia che gli scioperi, anche quelli nazionali, non sortiscono alcun effetto. E per risolvere questa crisi non basteranno le uscite estemporanee di Landini, il quale anche quando prova a cavalcare la protesta degli studenti per il caro affitti appare fuori tempo e fuori luogo, tanto da finire contestato perfino dai giovani, i quali non ci stanno a essere «strumentalizzati» da chi è alla ricerca di un ruolo. Sentire il leader della Cgil costretto a giustificarsi davanti a un ragazzo che lo invita ad andarsene non fa venire in mente la contestazione a Luciano Lama, all’interno della Sapienza. Fa solo riflettere sulla fine di un potere che per anni ha condizionato il nostro Paese e la nostra economia e che oggi fa battaglie di retroguardia.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.