
La responsabile del Viminale dichiara la sua adesione alla linea del quotidiano che insulta chiunque non stia a sinistra. Parla di emergenza xenofobia, ma la farà aumentare rimettendo in piedi Profugopoli.Un tempo si diceva che Repubblica fosse un «giornale partito». Ieri abbiamo appreso che è diventato un «giornale governo» o, meglio, l'organo ufficiale dell'esecutivo giallorosso. L'investitura è giunta dal ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, che ha dichiarato: «Il fondatore di Repubblica, la sua storia e il lavoro di un grande giornale incarnano esattamente i valori che possono far argine a quella che ho definito una emergenza». L'emergenza in questione sarebbe l'odio, argomento a cui il ministro ha voluto dedicare una lunghissima intervista, parlando appunto di «emergenza culturale e civile». Evidentemente la responsabile del Viminale non ha argomenti più seri di cui occuparsi (la lotta alla droga o alla criminalità, tanto per fare un esempio) e preferisce dedicare tempo ed energie a combattere un sentimento - l'odio - che fino a prova contraria fa parte della natura umana ed è persino legittimo, se non si traduce in atti di violenza. Anche perché, come ricordava il grande studioso liberale Kenneth Minogue, sono le azioni che vanno perseguite, non i pensieri, le opinioni o addirittura i sentimenti. Viene da chiedersi, inoltre, che altro si debba mai fare in questo Paese contro questo benedetto odio. È stata già istituita la grottesca commissione Segre, il ministero dell'Innovazione ha appena lanciato la sua «squadra speciale» contro l'odio in Rete, ovunque si moltiplicano iniziative, comitati, campagne... Si sta un po' esagerando, non trovate? Le dichiarazioni della Lamorgese a Repubblica, tuttavia, suscitano preoccupazione per vari motivi, e non soltanto perché certificano l'avanzata di una psicosi collettiva che ha ormai travalicato ogni limite. Non si è mai visto un esponente di governo schierarsi così esplicitamente a favore di un organo di stampa. Il fondatore Eugenio Scalfari e il direttore Carlo Verdelli hanno ricevuto minacce? Ne siamo sinceramente dispiaciuti, e ci auguriamo che i fattacci non si ripetano. Ma quanti giornalisti ricevono insulti e intimidazioni, tanto da essere costretti a vivere sotto scorta (il direttore della Verità è da anni fra questi)? Eppure il ministro non si scomoda certo per esprimere totale adesione alla linea editoriale di tutte le testate minacciate. Lo fa però con Repubblica, che non è un organo di stampa qualsiasi, ma uno dei giornali più più ferocemente politicizzati sulla piazza. Un ministro dell'Interno dovrebbe occuparsi di tutelare tutti gli italiani, non soltanto quelli che fanno riferimento a una particolare cultura politica. Per altro, la Lamorgese passa per un tecnico, non è espressione di un partito né di un movimento dotati di largo consenso. Eppure sostiene con convinzione che le posizioni di Repubblica in qualche modo la rappresentino, anzi che siano le uniche in grado di «arginare l'odio». Ma davvero? Ci permettiamo di ricordare che sulle pagine di quel giornale sono comparsi articoli brutali in cui si invitava a censurare i sovranisti, si compilavano liste di proscrizione dei cronisti sgraditi, si trattavano da pericolosi nazisti o da malati tutti gli italiani contrari all'immigrazione di massa. Viene da pensare, allora, che «l'odio» a cui il ministro dell'Interno vuole fare la guerra sia soltanto quello che arriva da destra, cioè dal versante politico sgradito a Repubblica e al governo. È curioso, poi, che la Lamorgese citi fra gli esempi di intolleranza «la violenza verbale riservata a Liliana Segre», che proprio Repubblica quantificò in «200 insulti al giorno». Era una fake news, ma l'inquilina del Viminale - che pure dovrebbe essere adeguatamente informata in proposito, e insiste con la lotta alle bufale - fa tranquillamente finta di nulla. Allora facciamo finta anche noi. Fingiamo che l'odio sia davvero la principale emergenza italiana e chiediamoci: le azioni del ministro dell'Interno servono a svelenire il clima? La risposta è no. Ribadire che gli «odiatori» stiano a destra - come in pratica ha fatto ieri la Lamorgese - può solo produrre altra tensione. Se invece il punto è l'antisemitismo, ci chiediamo per quale motivo il ministro non faccia alcun riferimento all'astio antiebraico che proviene da sinistra o a quello che arriva dal mondo islamico. Non è tutto. Giusto mercoledì, dal Viminale è partita una circolare indirizzata ai prefetti che autorizza ad aumentare i fondi pubblici a favore di chi accoglie i migranti. La riduzione voluta da Matteo Salvini prevedeva un massimo di 19 euro per gli stranieri ospitati nei grandi centri e di 26 euro per quelli in appartamento. Dopo le proteste di coop, associazioni, sedi Caritas eccetera, il ministero ha optato per allargare di nuovo i cordoni della borsa, garantendo circa un 10% in più di elargizioni (tra i 2 e i 4 euro aggiuntivi quotidiani).Non si ritorna esattamente ai 35 euro degli anni d'oro di Profugopoli, ma quasi. Quel sistema scriteriato e fallimentare ha causato nel corso degli anni profonde tensioni sociali. Ammesso che l'insofferenza e l'odio nei confronti degli stranieri siano realmente cresciuti, è anche a causa del modello di accoglienza. Una macchina basata sullo sfruttamento dei clandestini che ha prodotto Salvatore Buzzi e altri approfittatori, esasperando i cittadini. Invece di imparare dall'esperienza, però, la Lamorgese sembra intenzionata a rimettere in piedi esattamente lo stesso meccanismo degli anni passati, lasciando contemporaneamente mano libera alle Ong, proprio come avveniva prima dell'avvento di Marco Minniti e di Salvini.Più che a fermare l'odio, il ministro pare intenzionato ad alimentarlo. Ma forse questa è la linea di Repubblica, giornale governo e giornale partito (per la tangente).
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.