
L'intervista di Sebastiano Ardita a Massimo Giletti: «Non avrei mai firmato la circolare sulle scarcerazioni».La mafia vuole spezzare il carcere duro. «C'è certamente un disegno di smembramento del 41 bis», denuncia il consigliere del Csm ed ex direttore del Dap, Sebastiano Ardita, nel corso di una intervista a Non è l'Arena (La 7), andata in onda domenica sera. «È la storia a insegnarcelo. La storia del contrasto a Cosa nostra è fatta di questo: del tentativo di lavorare con ogni mezzo possibile per smantellare il 41 bis, per far cadere le carcerazioni a vita. È l'obiettivo primario di un'organizzazione che sta agendo non solo sotto il punto di vista militare ma anche sotto quello dei rapporti economici, politici, istituzionali, che cercherà di sfruttare per abbattere il 41bis». Il ragionamento di Ardita parte dalla famosa, anzi famigerata circolare del Dap che aprì le porte del carcere a ben 400 boss nel bel mezzo della pandemia cinese. «Io non avrei mai firmato una circolare come quella e penso che nessuno dei direttori dell'ufficio detenuti lo avrebbe fatto», ha aggiunto l'esponente di Palazzo dei Marescialli. E questo perché quel provvedimento non poteva essere vistato «dalla funzionaria di turno (Assunta Susy Borzacchiello, addetta al Cerimoniale e alle relazioni esterne del Capo del Dipartimento, ndr) perché la funzionaria di turno del Dap, lo ricordo bene in quanto sono stato io ad aver istituito il turno dei funzionari, doveva firmare solo i trasferimenti urgenti per motivi di salute. I turni andavano fatti il sabato e la domenica». Che cosa è successo in quei giorni non lo sappiamo ma - prosegue Ardita - quella circolare, «dal contenuto enormemente rilevante sotto il profilo politico e dell'ordine pubblico, non solo doveva essere firmata, o dal capo dipartimento o dal direttore generale dell'ufficio detenuti, ma andava accompagnata prima della sua emissione, da un appunto al capo di gabinetto del ministero della Giustizia o addirittura al ministro della Giustizia stesso». E potrebbe non essere un caso che quel documento, che di fatto consentiva, durante l'emergenza Covid, il ritorno a casa a esponenti di camorra, 'ndrangheta e Cosa nostra, sia arrivato a seguito del «fatto più grave della storia penitenziaria», ovvero le rivolte carcerarie dei primi giorni di marzo. Quell'atto «contraddice la sostanza dell'attività dell'amministrazione penitenziaria che consiste nel garantire che in condizioni di sicurezza e di erogazione dei servizi sanitari ai detenuti questi rimangano in carcere», ha spiegato Ardita per poi aggiungere che «certamente non è una circolare che è nella filosofia della storia dell'ufficio detenuti del ministero della Giustizia».L'esponente del Consiglio superiore della magistratura si sofferma, inoltre, pure sulle dimissioni dell'ex capo del Dap, Franco Basentini, scelto dal Guardasigilli Alfonso Bonafede al posto di Nino Di Matteo. «Il Dap è un posto di grandissima responsabilità nel quale il ministro, assumendosi questa responsabilità, nomina chi vuole», ha premesso il magistrato catanese. «Il problema principale però è che questo è un posto che ha una storia, e oggi è affidato a una dirigenza di complemento che finisce per non conoscere la realtà. Se tutto va bene per anni e non succede nulla è un conto, ma poi se ci si trova dall'oggi al domani in guerra, come avvenuto nel caso delle rivolte carcerarie, accade che anziché esserci a capo dell'armata il generale che conosce il territorio, la storia e le problematiche, c'è un ufficiale di complemento appena arrivato che normalmente sarebbe stato un addetto al rifornimento delle acque minerali».
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






