2022-12-01
L’accolita degli scrittori intoccabili. Saviano spara, la Murgia ricarica
Roberto Saviano (Salvatore Laporta/KONTROLAB/LightRocket via Getty Images)
La giornalista sulla Stampa azzanna Giorgia Meloni, rea di non aver ritirato la querela contro l’autore di Gomorra che l’aveva definita «bastarda»: chi semina odio verso i migranti, se lo deve aspettare.Barcolla, eppur non molla. Dopo lo sganassone della premier, che annuncia di non voler rimetter querela, Roberto Saviano risale sul ring brandendo l’ennesimo tweet contro Giorgia Meloni. Ancora sul tema dell’immigrazione, per cui le diede elegantemente della «bastarda». Lo scorso 15 novembre è cominciato il processo per diffamazione contro lo scrittore. Incurante del pericolo, continua però a sbraitare. Prima riporta una frase, a dire il vero inconfutabile, della cattivona: «Da alcune Ong attività ideologica che aiuta gli scafisti». Dunque, reinventatosi umile fact checker, sentenzia: «FALSO!». A lettere cubitali. Per poi aggiungere: «Ci sono più partenze senza le Ong in mare. Sono Italia e Europa a finanziare la guardia costiera libica. Basta bugie e lasciate in pace chi salva vite!».Da bastarda a bugiarda. Un passetto in avanti, comunque. Ma urge sottolineare anche la tempra del Saviano. Come l’Ercolino sempre in piedi, il misirizzi che la Galbani regalava ai clienti più fedeli. Meglio dell’Artemio Altidori dei Soliti Ignoti, l’ex pugile che continua a buscarle mentre ripete mezzo rintronato: «E so’ contento…». Meloni, intervistata dal Corriere della sera, non è stata difatti clemente con l’autore di Gomorra. A nome della malridotta categoria, il direttore del quotidiano, Luciano Fontana, le chiede: «Non pensa sia il momento di ritirare le querele nei confronti di tutti i giornalisti?». La premier dissente: «Ho presentato la querela quando ero capo dell’opposizione. L’ho fatto non perché Saviano mi aveva criticato sull’immigrazione ma perché, nel tentativo vergognoso di attribuirmi la responsabilità della morte in mare di un bambino, mi definiva in tv in prima serata una “bastarda”». Vabbè: l’uomo è coriaceo, non teme niente e nessuno, si sa. Meloni, allora, infierisce: «Non capisco la richiesta di ritirare la querela perché ora sarei presidente del Consiglio: significa ritenere che la magistratura avrà un comportamento diverso in base al mio ruolo, ovvero che i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge?». Insomma, aggiunge, «una certa sinistra» non dovrebbe considerarsi al di sopra delle regole.Per Saviano, botta innegabile. Solo pochi giorni fa, lamentava di non venire difeso dalla stampa nemica: «Squadrismo quotidiano». E gli «amici», orribile a dirsi, stanno in «silenzio per convenienza». Questo, ammette lo scrittore in quell’attimo di sconforto, «genera solitudine». L’accorato appello, fortunatamente, non è caduto nel vuoto. In suo soccorso, è intervenuta la collega più mastina, la più temuta e riverita a ogni latitudine, sia letteraria che giornalistica: Michela Murgia. Sulla Stampa, sguaina lo spadone. Il titolo è già un programma: «Cara Meloni, le spiego perché su Saviano continua a sbagliare». Insomma, prosegue quell’intento pedagogico già emerso nell’ultima conferenza stampa del governo, quando un cronista le chiese di imparare dai sultani democratici transalpini ad avere «un approccio meno propagandistico».La Murgia mena fendenti. Per prima cosa, s’erge a giudice supremo. I cittadini, ricorda Meloni, «sono tutti uguali davanti alla legge»? La scrittrice sarda eccepisce: «Non è vero». Svolgimento: «Chi ricopre un ruolo elettivo in parlamento non è un comune cittadino davanti alla magistratura». Tante storie, poi, per quel «bastarda». E che sarà mai! Semplice «critica», piuttosto. Il confine con l’insulto scompare, se si tratta di Giorgia Meloni. Per un motivo semplicissimo, argomenta l’editorialista della Stampa. La presidente del Consiglio merita questo e altro. Con usuale senno ed equilibrio, Murgia azzanna quindi alla giugulare: «Chi ha fomentato l’intolleranza verso i migranti, chi li ha dipinti come un problema da risolvere respingendoli in mare o nei lager libici, chi ha stretto patti con i loro torturatori, chi li ha definiti invasori e terroristi, chi ha chiamato le navi umanitarie taxi del mare e gridato alla sostituzione etnica, può non avere la colpa diretta di quelle morti, ma di sicuro ne ha la responsabilità politica».«Bastarda» era il minimo sindacale, ecco. «Decine di cittadini e cittadine», un po’ pochini vista l’audace tesi, «continuano a richiamarvi anche oggi e per questo non si può chiedere scusa». Conclusione della pugnace arringa: «Vorrei che Giorgia Meloni avesse lo stesso coraggio intellettuale e politico di Roberto Saviano». Tralasciando le fallaci argomentazioni e l’esile nesso, lo scrittore deve aver comunque gradito. Dopo aver letto l’accorata difesa murgesca, già ringaluzzito, riprova lesto a smanacciare. Taccia Meloni di dire «falsità» sulle caritatevoli organizzazioni non governative. Perfino Frontex, l’agenzia europea per il controllo dei confini, ammette adesso che le Ong aiutano gli scafisti. Eppure, Robertino non s’arrende. Tutte bugie, deflagra. Nessuna attività ideologica. Fatto salvo l’epiteto per cui è sotto processo, la premier sarebbe anche una bugiardona. E se, Dio non voglia, scatta un’altra querela? Michela è già pronta, armata dello spadone di carta.