2024-03-11
L’Abruzzo resta a destra. Il campo largo Pd-M5s è già ritornato un cortile
Exit poll e proiezioni danno il governatore in nettissimo vantaggio sullo sfidante. La Sardegna è stata soltanto un fuoco di paglia. È durata due settimane la «primavera sarda» col sogno di riscossa delle sinistre. Le elezioni regionali abruzzesi hanno infatti dato ragione a chi aveva archiviato il voto isolano come un incidente di percorso. Il responso delle urne, dopo un paio di exit-poll a cura dell’Istituto Noto che avevano erroneamente prefigurato un testa a testa simile a quello di due settimane fa, è stato chiarissimo, con una vittoria del governatore uscente Marco Marsilio sullo sfidante Luciano D’Amico, sostenuto da tutto il centrosinistra: la seconda proiezione sulle sezioni scrutinate ha dato un responso incontrovertibile: 54,7%, contro il 45,3%. Parimenti, i partiti della coalizione al governo nella regione e nel paese hanno mantenuto una salda maggioranza, con Fdi che resta il primo partito col 24,1%; Forza Italia al 14,3% e la Lega all’8,7%. Sul fronte opposto il Pd ha ottenuto il 18,1% e il M5s annaspa al 7%. In lieve calo l’affluenza rispetto a cinque anni fa, che si è fermata al 52,2%.Nessuna vittoria di D’Amico, dunque, dopo quella di Alessandra Todde in Sardegna, che di certo avrebbe sollevato un problema politico per il presidente del Consiglio e per la coalizione di cui è a capo. Marsilio infatti è politicamente vicinissimo a Giorgia Meloni, più di quanto lo fosse l’ex-sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, che il premier aveva voluto come candidato del centrodestra nell’isola al posto del governatore uscente Christian Solinas. Due meloniani «affondati» nel giro di due settimane sarebbe stato un colpo difficile da assorbire, soprattutto contro degli outsider frutto dell’accordo tra la segretaria del Pd Elly Schlein e il leader del M5s, Giuseppe Conte, che avrebbero preso vento in poppa per la campagna elettorale delle Europee. Invece aveva ragione chi, all’indomani delle elezioni sarde (il cui risultato non è stato ancora ufficializzato per via del margine ristrettissimo di 1.600 voti conseguito dalla Todde e di 19 sezioni ancora che non hanno ancora completato lo scrutinio e in via di riconteggio) aveva sottolineato l’eccentricità di quella tornata. Soprattutto per il fatto che il sistema elettorale vigente nell’isola consentiva il voto disgiunto, mentre in Abruzzo chi ha votato per un partito di centrodestra ha automaticamente votato per Marsilio. Non è un caso che Truzzu, due settimane fa, avesse ottenuto come candidato governatore meno voti di quelli ottenuti dalle liste a lui collegate, evento assai raro in questo tipo di consultazioni. Il giorno dopo la sconfitta in Sardegna, una nota congiunta dei leader del centrodestra aveva sottolineato la prevalenza rispetto ai partiti di centrosinistra, ma non aveva eluso il problema di un metodo e di tempistiche nella scelta del candidato che probabilmente avevano disorientato l’elettorato moderato e indispettito una minoranza, che pur votando per il fronte conservatore-moderato non ha messo la fatidica crocetta su Truzzu. Nel caso di Marsilio, le problematiche rilevate in Sardegna non sussistevano alla base, perché sulla ricandidatura di quest’ultimo non c’era mai stato alcun dubbio, il che ha consentito al candidato e alla coalizione di impostare coi tempi giusti la campagna elettorale, con risultati conseguenti. La lezione imparata nell’isola, «per non ripetere gli errori del passato», servirà per le elezioni lucane e piemontesi che si svolgeranno nei prossimi mesi, per le quali c’è stata un’accelerazione nella riconferma dei governatori uscenti, cosa non avvenuta in Sardegna e probabilmente alla base del flop.Ma visto che l’Abruzzo era stato nel frattempo ribattezzato «l’Ohio di Italia», perché , su impulso della sinistra, era stato attribuito al suo voto una valenza nazionale, è evidente che la vittoria di ieri rafforza la posizione di Giorgia Meloni e della maggioranza di governo e la mette al riparo da turbolenze poco salutari per governo e nazione, in una fase in cui l’Italia presiede il G7 ed è alle prese con un contesto di grave crisi internazionale. Al contrario, esce con le ossa rotte l’ennesimo esperimento di «campo larghissimo», che ha visto D’Amico sostenuto dalla riedizione dell’ammucchiata prodiana della metà degli anni Duemila, con un cartello che andava da Italia viva ai comunisti, battezzato dagli elettori abruzzesi come non adatto a governare.A sentire molti osservatori, il voto abruzzese si era tramutato in un voto di fiducia al governo Meloni: la prova è stata brillantemente superata e ora ci si può approcciare a dossier delicati come premierato, autonomia e terzo mandato in un clima più leggero e meno favorevole alle strumentalizzazioni degli avversari. In attesa di ciò che succederà in Basilicata tra un mese e mezzo.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)
Il valico di Rafah (Getty Images)