
Nella nostra società una donna è libera di scegliere di uccidere il proprio bambino. Fingere che il feto non sia vita umana è solo ipocrisia. Per questo lo Stato non può chiedere agli altri di essere complici.Christopher Hitchens (1949-2011), giornalista e scrittore, era ateo, un ateo doc, duro e puro, quindi un pensatore di qualità secondo gli standard attuali che calcolano noi credenti come un branco di decerebrati. La sua indiscussa laicità, una vita passata a insultare Madre Teresa, lo rendono un testimone attendibile quindi, non accusabile di essere un bigotto baciapile, o anche solo vagamente credente, posizioni che nel mondo attuale sono una squalifica totale. Hitchens affermava che il feto è vivo e che è umano. «Sono sempre stato persuaso del fatto che l'espressione “bambino non nato" sia una genuina descrizione della realtà materiale. Ovviamente il feto è vivo, quindi la disputazione se debba o meno essere considerato “una vita" è casuistica. Lo stesso si applica, da un punto di vista materialistico, alla questione se questa vita sia o no “umana". Cos'altro potrebbe essere? […] Al fine di porre termine a una gravidanza, devi ridurre al silenzio un cuore che batte, spegnere un cervello che cresce e, al di là del metodo, rompere delle ossa e distruggere degli organi».In effetti che un organismo in cui batte un cuoricino sia vivo è un'affermazione ovvia, e che un feto umano sia appunto umano, non sia né un cane, né un gatto né un canarino, è altrettanto ovvio. Quindi l'aborto uccide un organismo umano. Questo è ovvio e reale, come il fatto che due più due fa quattro, non è un discorso religioso, ma semplicemente un discorso ovvio. Il suddetto organismo umano, che suona più morbido e meno impegnativo di creatura umana, ma il significato è lo stesso, sta dentro un'altra creatura umana, che lo nutre e lo protegge, che per comodità descrittiva potremmo chiamare la proprietaria dell'utero, così il linguaggio resta deliziosamente neutro, e nessuno ci accusa di terrorismo psicologico. Se la proprietaria dell'utero non vuole la creatura umana che sta dentro il suo utero, dovrebbe avere il diritto di eliminare questa creatura, ovvero ucciderla. Riconosciamo questo diritto, e ci limitiamo a pretendere la verità. La verità è che la proprietaria dell'utero, che è suo e se lo gestisce lei, ha il diritto di uccide l'organismo umano, cioè la creatura umana, cioè il bambino non nato che è dentro all'utero, ma pretendiamo che siano usate le parole vere.L'utero è suo, quindi la donna non può che avere il diritto di vita e di morte sulla creatura umana contenuta nell'utero, ma non ci inventiamo il falso. Non ci inventiamo che la creatura umana non sia una creatura, non sia umana e non muoia. Quindi la proprietaria dell'utero si assuma la responsabilità della verità. In nome del mio diritto a non cambiare la mia vita , io ho la volontà di uccidere l'organismo umano che porto nell'utero, che, se nascesse, sarebbe il mio bambino.Gli antichi Romani erano gente pragmatica. Il padre aveva diritto di vita e di morte sul figlio. Lui lo manteneva, lui poteva ucciderlo, se non aveva voglia di mantenerlo. I Romani però non disumanizzavano il figlio. Non si inventavano che il figlio non era una creatura umana. Riconoscevano che era una creatura umana e che il padre aveva il diritto di assassinarlo senza ricevere punizioni. Questo assassinio non era né raccomandato, né stimato. Chi lo commetteva non veniva punito, ma usciva dalla società civile.Oggi sui giornali femminili l'aborto viene venduto come un'opzione ovvia, anche carina e simpatica, una di quelle tappe della vita dove prima o poi bisogna passare, come il servizio militare ai tempi in cui si faceva. C'è un certo entusiasmo sui giornali femminili per l'aborto, quando Marina Abramovic dichiarò di averne fatti tre, altrimenti la sua arte ne avrebbe risentito: molti giornali femminili hanno inneggiato alla libertà e all'autodeterminazione. Non è un caso che l'arte della signora Abramovic consista nel farsi torturare dal pubblico senza cambiare espressione.Perché l'aborto è una follia, l'eclissi della ragione. Una donna uccide la sua proiezione nell'eternità, la sua immortalità, la «cosa» che più al mondo ha l'istinto di difendere. L'istinto lo abbiamo buttato via , in nome di una ragione deforme, ma l'istinto non si fa buttare via. Noi abbiamo disumanizzato il feto, lo abbiamo ridotto a cosa. Il diritto di ucciderlo diventa una bella festa con bandierine colorate e girotondi. Il feto è descritto e sentito come un parassita, un corpo estraneo. In realtà è un figlio e tutto il corpo della proprietaria dell'utero in realtà è il corpo della mamma lo accoglie: tutti i globuli bianchi della mamma si fermano davanti al piccolino, anche se ha un patrimonio genetico diverso, tutto il corpo di mamma si modifica di ora in ora in armonia con le modifiche del piccolo, le mammelle crescono per poterlo nutrire, la mamma dorme moltissimo perché nel sonno si fabbrica l'ormone della crescita e il corpo del piccolino cresce meglio. Se l'io cosciente della donna pensa di non volere il figlio, il suo io inconscio sempre lo vuole con la potenza arcaica dei nostri corpi straordinari che hanno l'arcaica magia di dare la vita, di proteggerla e di nutrirla e se il processo viene interrotto l'io inconscio si irrita. Lui il bimbo lo voleva, si irrita e diventa una belva e scatena una serie di disastri, depressione, ansia, malattie allergiche, scelte autodistruttive, un amaro in bocca, un'ombra di morte sempre presente, lieve, in sottofondo, come l'odore di un topolino morto rimasto a marcire nella dispensa.Quindi torniamo alla verità: una donna non vuole un figlio, crede di volere interrompere la gravidanza, che invece il suo corpo vuole. Quel figlio morirà prima di nascere. Questa è una scelta. Il Sistema sanitario nazionale non paga le scelte, ma le cure obbligate. Curare un cancro non è una scelta. E non può causare rimpianto. L'aborto volontario è una scelta, può causare rimpianto e porta alla morte di un organismo umano che ha un Dna unico e irripetibile.Non con i miei soldi. Se questo organismo viene soppresso con il mio denaro, io divento responsabile della morte di un organismo umano unico e irripetibile e del rimpianto della madre. Attenzione, qui arriva la parte divertente: se l'aborto viene finanziato con denaro pubblico, tutto il Sistema sanitario nazionale viene sottoposto al rischio di denuncia per risarcimento. Sul consenso informato non c'è scritto: «Lei potrebbe rimpiangerlo». Dieci donne che fanno causa al Servizio sanitario nazionale perché il loro bambino è finito tra le garze sporche, e sono milioni di euro che partono. Non con il mio denaro. Ogni donna del suo utero faccia quello che vuole, incluso una scelta anti biologica che porta alla morte di un organismo umano unico e irripetibile, ma con il denaro suo, non con il mio. Questo è un articolo pro choice, combatto per la mia scelta di non finanziare un disastro biologico che potrebbe diventare un disastro civile ed economico per lo Stato.Not with my money. Non voglio il tuo bimbo sulla coscienza. Non voglio il tuo rimpianto sulla coscienza. È la mia maniera di amarti. Anche un bimbo nato da uno stupro è un bimbo. Per metà figlio di un orco, per metà figlio della mamma, anche davanti a lui i globuli bianchi di mamma si fermano, anche nella sua attesa le mammelle si gonfiano. Tutti noi, tutti, tutti coloro che stanno leggendo queste righe tutti, abbiamo la stessa storia, una storia dove sono passati greci, fenici, romani, barbari (almeno una ventina di tipi e sottotipi), normanni, lanzichenecchi, saraceni, spagnoli, francesi, di nuovo saraceni, tedeschi, saraceni, di nuovo francesi, di nuovo tedeschi, e poi alla fine, la botta finale: marocchini al seguito delle truppe francesi durante la seconda guerra mondiale. Nell'ascendenza di ognuno di noi c'è almeno uno stupro etnico, probabilmente ben più di uno, una madre stuprata che ha accettato di mettere al mondo il suo bambino. Lo stupro è una violenza atroce, un aborto anche: non collaboriamo ad aggiungere violenza a violenza. Lo stato non può finanziare l'eliminazione di Dna umano unico e irripetibile. Non vogliamo finanziare la morte. Un cuoricino che si ferma è morte. È la nostra maniera di amarvi.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






