- Tentativi di suicidio e atti di autolesionismo in aumento: il lockdown fa esplodere il fenomeno Siti e blog insegnano come violentare il proprio corpo, anche i giovanissimi sono in pericolo.
- La psicoterapeuta Maria Pontillo: «I familiari arrivano in ospedale disperati. L'epidemia aggrava forme di disagio già presenti nei piccoli».
- Per Elena Bozzola, pediatra del Bambino Gesù, «i figli assorbono le ansie dei genitori».
Tentativi di suicidio e atti di autolesionismo in aumento: il lockdown fa esplodere il fenomeno Siti e blog insegnano come violentare il proprio corpo, anche i giovanissimi sono in pericolo.La psicoterapeuta Maria Pontillo: «I familiari arrivano in ospedale disperati. L'epidemia aggrava forme di disagio già presenti nei piccoli».Per Elena Bozzola, pediatra del Bambino Gesù, «i figli assorbono le ansie dei genitori».Lo speciale contiene tre articoli.Ospitava una community di oltre 17.000 iscritti in tutto il mondo, tutti interessati a scoprire consigli su come togliersi la vita. Il sito web che forniva istruzioni su come suicidarsi è solo l'ultima scoperta choc di un mondo sommerso che richiama sempre più giovanissimi. La Procura di Roma è intervenuta oscurando il sito a seguito delle indagini partite dalla morte di due diciannovenni che avevano ingerito una sostanza letale. Entrare in questo buco nero del Web era facile e si ottenevano tutte le indicazioni su come suicidarsi con l'assunzione di veleno e su come prepararlo. Un sito di «consulenza» dalle conseguenze drammatiche. La pratica agghiacciante prevedeva che il ragazzo fosse seguito in chat, passo dopo passo, fino all'istante finale di vita e rassicurato sul successo della metodologia.C'è stato poi il caso dei due giovanissimi che si sono sfregiati il volto per saggiare la loro soglia del dolore. Ed è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che sta dilagando sul Web. Secondo i dati dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità, il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Questi dati, riferiti al periodo precedente la pandemia, hanno avuto un'impennata nell'ultimo anno e mezzo. La Fondazione Cesvi ha stimato che solo in Italia, da ottobre 2020 a oggi, sono aumentati del 30% i tentativi di autolesionismo e suicidio da parte di adolescenti. Lockdown, aumento delle ore passate davanti al computer con la didattica a distanza e mancanza di interazioni sociali hanno contribuito a incrementare il malessere generalizzato nelle generazioni più giovani che ha portato, in diversi casi, a gesti estremi. Il fenomeno è diventato così importante che a maggio tre europarlamentari di Identità e democrazia hanno presentato una interrogazione alla Commissione europea sull'impatto del Covid-19 sull'incremento dei tentativi di autolesionismo tra i giovani nella Ue. È stato chiesto di raccogliere dati sul fenomeno individuando le fasce di età più esposte e di attivare progetti di prevenzione e diffusione di corretta informazione, oltre a una rete sanitaria e sociale a sostegno dei ragazzi.La Fondazione Cesvi nella IV edizione dell'Indice regionale sul maltrattamento all'infanzia presentato a maggio parla di «trauma collettivo da Covid».Si stanno diffondendo anche app che sono utilizzate dai ragazzi per monitorare i tagli sul corpo, in cui vengono scambiate informazioni su come fare e con quale frequenza. Sulla rete girano video e blog dove i ragazzi che praticano queste condotte si incontrano in gruppi virtuali. Casi di questo genere sono emersi tra alcuni pazienti in cura all'Ospedale Bambino Gesù. Sono app che servono come monitoraggio di una pratica violenta al pari dei siti che incitano alla restrizione del cibo portando all'anoressia. Al Bambino Gesù da ottobre a oggi i casi di ricoveri per tendenze suicide e violenze contro se stessi sono aumentati del 30%. Fino a ottobre scorso era occupato il 70% dei posti letto, ora il 100%. Nel 2020 i ricoveri nell'ospedale per attività autolesionista sono stati oltre 300, quindi quasi uno al giorno. Secondo Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro di Milano, tagliarsi è un «comportamento anestetico». «Il dolore fisico e il taglio danno forma e al tempo stesso limitano il dolore mentale. In questo senso è usato quasi come un antidolorifico, un anestetico che parte da un malessere interno».Un altro disturbo esploso durante la pandemia è l'anoressia. A puntare l'attenzione sul problema è stato l'Istituto superiore di sanità che ha pubblicato un approfondimento sui disturbi dell'alimentazione al tempo del Covid-19. I soggetti affetti da un rapporto distorto con il cibo sono aumentati del 30%. Tra i fattori determinanti vi è senza dubbio l'isolamento prolungato come effetto del lockdown, che ha generato ansie e paure e una conseguente perdita di controllo sfociata in restrizioni alimentari sempre più rigide. Inoltre, come emerge dal report, la limitata possibilità di movimento, soprattutto per i vincoli legati all'attività fisica, ha esasperato la paura dell'aumento di peso, accentuando la restrizione dietetica. Ma anche l'esposizione a quantità insolite di cibo, come effetto della quarantena, può aver determinato in alcuni giovani, l'esatto contrario, cioè episodi di grandi abbuffate.Dal progetto per il contrasto alla malnutrizione del ministero della Salute, è emerso che si è abbassata la soglia di età di insorgenza di queste patologie a 10-12 anni e si sta diffondendo anche nella popolazione maschile. Sul web dilagano i siti ProAna e ProMia che suggeriscono una serie di strategie per mantenere queste patologie. Alcune ricerche indicano che ci sarebbero circa 500.000 siti nel mondo che celebrano la magrezza, spazi in cui i giovani si incontrano per dare e ricevere suggerimenti su come non sentire la fame o vomitare subito dopo i pasti. Luoghi virtuali in cui vengono condivise fotografie di corpi emaciati. Spesso si chiede alla persona iscritta di pubblicare con costanza foto che attestano la perdita di peso. Secondo Arianna Terrinoni, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta dell'età evolutiva presso il Policlinico Umberto I di Roma, non si deve commettere l'errore di pensare che una volta finito il Covid-19 tutto torni a posto. «Non è così. La pandemia ha fatto da amplificatore ma da tempo i ragazzi sono stati lasciati soli. Anche prima della chiusura delle scuole i ragazzi soffrivano. In Italia ci sono i tassi più alti d'Europa di dispersione scolastica ed è un problema che va affrontato». Forse, continua Terrinoni, c'è stato un impoverimento di strutture territoriali, associazionismo, organizzazioni, «forse siamo più isolati e gli adulti più indifferenti e superficiali. La pandemia quindi dovrebbe indurre a ripensare il rapporto con i più giovani».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/labisso-dei-ragazzini-2653363306.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-web-e-pericoloso-le-app-per-tagliarsi-creano-dipendenza" data-post-id="2653363306" data-published-at="1623619656" data-use-pagination="False"> «Il Web è pericoloso: le app per tagliarsi creano dipendenza» «Sul Web sta girando di tutto. Non solo giochi di gruppo che istigano all'autolesionismo ma anche app che monitorano le forme di attacco al corpo sempre più diffuse tra adolescenti e preadolescenti. Sono applicazioni più diffuse di quanto si possa pensare. Me ne parlano con sempre maggiore frequenza i ragazzi che vengono in ospedale, accompagnati da genitori disperati». Maria Pontillo è psicoterapeuta e ricercatrice al Servizio per la valutazione degli stati mentali a rischio diretto dal dottor Stefano Vicari dell'ospedale Bambino Gesù a Roma. App per l'autolesionismo? Come funzionano? «Sono applicazioni che i ragazzi scaricano sul telefonino e utilizzano per registrare quanti tagli si procurano al giorno, come se li fanno e con quale profondità. Contano anche i giorni saltati tra un taglio e l'altro. Talvolta si scatena una sorta di gara, simile ai siti che incitano all'anoressia in cui i giovanissimi fotografano parti del corpo per mostrarne la progressiva magrezza». Come ha scoperto le app? «Me ne hanno parlato i pazienti. Per alcuni erano diventate una sorta di dipendenza, una consuetudine della quale non riuscivano a fare a meno». Sono state le restrizioni imposte dalla pandemia a far esplodere il fenomeno? «Il Covid-19 ha fatto emergere forme di disagio che già erano presenti. È stato il detonatore. L'isolamento, la mancanza di socialità, hanno portato in superficie le depressioni latenti che si sono accentuate. La scuola non è solo il luogo dell'apprendimento ma è anche il momento in cui si intrecciano relazioni, si scambiano emozioni. Durante la pandemia il web è diventato l'unica finestra di relazione con l'esterno con i vantaggi ma anche i rischi che questo comporta, soprattutto se manca il filtro e il controllo dei genitori. Il 22% degli adolescenti che fanno parte di una nostra ricerca al Bambino Gesù, affetti da forme depressive e di autolesionismo, passano oltre 8 ore giornaliere davanti al pc e il 64% più di 4 ore». A che età si manifestano le prime forme di autolesionismo? «Prima del Covid-19 tra i 12 e i 18 anni, ora l'età si è abbassata a 10-11 anni». Quanto è aumentata la violenza contro se stessi durante il Covid-19? «Nel 2019 i ragazzi che arrivavano al Bambino Gesù con forme di autolesionismo erano il 29%, all'inizio del 2021 sono saliti al 53%. Il momento peggiore è stata la seconda ondata della pandemia. Nella prima fase gli adolescenti hanno manifestato una certa resilienza, poi il disagio si è accentuato. Sono cresciute anche le tendenze al suicidio: la morte vista come soluzione al disagio. Nel 2019 interessava il 17% dei ragazzi che arrivavano da noi mentre all'inizio di quest'anno siamo arrivati al 46%. Il reparto di neuropsichiatria ha avuto per molto tempo tutti i posti letto occupati, mentre prima del Covid-19 raramente si arrivava al 70%». Numeri impressionanti. «L'autolesionista e chi pensa alla morte come fuga dal malessere interiore è un adolescente fragile. Il disturbo interiore è sempre frutto di due fattori, quello genetico e quello ambientale». Durante la pandemia i genitori, vivendo più a stretto contatto con i figli, avrebbero dovuto esercitare un maggior controllo. Come mai invece sono aumentati i fenomeni di autolesionismo? «Il Covid-19 ha messo sotto stress anche gli adulti. Molti hanno perso il lavoro, si sono ammalati o hanno visto morire i nonni spesso punto di riferimento anche economico. Sono aumentate le forme di violenza intrafamiliare. In un contesto di difficoltà, l'adolescente ha cercato rifugio sul web. I più fragili sono diventati facili prede di istigatori all'autoviolenza». Quali sono i sintomi del disagio psicologico a cui i genitori devono stare attenti? «Il disagio psicologico si manifesta con una serie di modificazioni emotive e comportamentali. Repentini cambi d'umore, difficoltà di sonno, aumento dell'irritabilità e dell'aggressività, difficoltà alimentari sono i segnali più frequenti. E infine il ritiro sociale. Anche se ora potrebbero uscire e riprendere la vita normale, molti adolescenti ci rinunciano». Perché un adolescente arriva a tagliarsi e a procurarsi dolore? «I tagli hanno una funzione lenitiva, come tentativo di “calmare" la sofferenza psicologica. Molti adolescenti ci dicono che lo fanno affinché il dolore fisico superi e copra la sofferenza psicologica. Ma hanno anche una funzione comunicativa. Alcuni li mostrano alle famiglie evidenziando una richiesta d'aiuto. Per altri, i tagli sono un'azione impulsiva». Più i ragazzi o le ragazze? «Mentre l'anoressia è più diffusa tra le ragazze, l'autolesionismo colpisce entrambi i generi». È difficile la guarigione? «È importante intervenire in tempo con una terapia psicologica e talvolta farmacologica. Ma è necessaria un'azione di sostegno alla famiglia. Se non si agisce in tempo c'è il rischio che il disturbo psicologico si cronicizzi». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/labisso-dei-ragazzini-2653363306.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="quadruplicati-i-casi-di-anoressia-ci-si-ammala-anche-a-soli-9-anni" data-post-id="2653363306" data-published-at="1623619656" data-use-pagination="False"> Quadruplicati i casi di anoressia. «Ci si ammala anche a soli 9 anni» In Italia circa 3 milioni di persone, di cui 2,3 milioni adolescenti, soffrono di disturbi della condotta alimentare. «Queste patologie si manifestano prevalentemente tra i 12 e i 25 anni, ma negli ultimi tempi l'età di insorgenza dell'anoressia nervosa si sta abbassando: circa il 20% delle neodiagnosi ha infatti un'età compresa tra gli 8 e i 14 anni e già a partire dagli 8 anni di età si possono individuare i primi campanelli d'allarme». Elena Bozzola, segretario nazionale della Società italiana di pediatria e pediatra dell'Ospedale Bambino Gesù, sta elaborando i dati di uno studio condotto sui giovani pazienti che arrivano ai pronto soccorso e ai Dea (i Dipartimenti di emergenza e accettazione) di diverse regioni italiane, con disturbi neuropsicologici e psicologici. L'analisi ha preso in esame due momenti temporali separati dal Covid-19, marzo 2019-2020 e marzo 2020-2021. «I dati preliminari ci indicano un aumento pari a 4 volte dei disturbi alimentari con prevalenza dell'anoressia. I casi di ansia sono raddoppiati, quelli di depressione triplicati. Poi c'è il dato allarmante dell'incremento di circa 10 volte rispetto al periodo pre Covid, delle tendenze suicide. I reparti ospedalieri si sono riempiti di ragazzi con anoressia di età fino a 9 anni mentre abitualmente questo disturbo interessa la fase adolescenziale» spiega Bozzola. I sintomi, afferma la pediatra, sono sempre gli stessi: tendenza a chiudersi in se stessi, a isolarsi e a escludere gli altri dalla propria vita. Il tutto, accompagnato da un incremento dell'attività motoria o fisica, dall'esclusione progressiva di alcuni alimenti. Il pasto è consumato molto lentamente e il cibo è sminuzzato in pezzi piccoli, addirittura piccolissimi. L'anoressia nervosa colpisce soprattutto le ragazze ma comincia a diffondersi anche tra i maschi. «Dietro i piccoli pazienti ci sono spesso storie di bullismo, emarginazione sociale, depressione, bassa autostima ma anche problematiche familiari. Il Covid-19 ha messo a dura prova le famiglie. Molte hanno subito perdite. I genitori sono diventati più ansiosi, più preoccupati e i figli hanno assorbito questo malessere, come spugne». Le restrizioni dovute alla pandemia hanno accentuato le forme di disagio psicologico. Nelle giovanissime i disturbi alimentari non nascono dall'emulazione di star del cinema o delle modelle, come accade nelle adolescenti, ma da forme di ansia profonda. «Si vedono grasse perché l'anoressia nervosa crea un'errata percezione del proprio corpo. Proprio ieri è arrivata al Bambino Gesù una bambina scheletrica ma che diceva di sentirsi gonfia perché il giorno prima aveva mangiato un po' di verdura. Spesso i genitori non si rendono conto della situazione perché nessuno si aspetta di vedere l'anoressia nelle bambine». Bozzola parla di una «pandemia parallela che ha colpito il corpo e l'anima». Le conseguenze del protrarsi della malnutrizione sono gravi. «Provoca l'arresto della crescita, l'anemia e la disvitaminosi. Nelle adolescenti determina l'assenza o l'irregolarità del ciclo mestruale. Guarire è possibile», garantisce Bozzola, «ma l'obiettivo può essere raggiunto seguendo un percorso multidisciplinare e integrato, per curare sia il corpo sia la mente».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.