2021-10-06
La virostar che fece il Sessantotto maltratta tutti e stecca le previsioni
Massimo Galli (Getty images)
All'inizio dell'epidemia, al primario del Sacco sfuggì la gufata: «Ce la caviamo». Poi però è diventato fanatico dei lockdown. Per le riaperture ha bistrattato Mario Draghi. Toppando sugli allarmi per la festa interista al Duomo«Mettiamola così: se non fossi stato: a) un universitario b) uno con qualche titolo, mi avrebbero fatto fuori nella maniera più certa ed assoluta. Non sarei mai arrivato alla mia posizione, non me l'avrebbero mai permesso», dichiarava Massimo Galli nel maggio 2020. L'infettivologo, classe 1951, segno zodiacale Cancro, si raccontava a Selvaggia Lucarelli per Tpi: «Nasco sessantottino e non lo rinnego», in reparto «faccio il barricadero». Di Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze del Sacco di Milano, che secondo gli inquirenti avrebbe minacciato di denunciarlo per il tentativo di favorire due strette collaboratrici, il professore disse: «Mi sta facendo ogni genere di guerra in ospedale. Ma non da oggi», aggiungendo: «È una donna con cui non va d'accordo quasi nessuno». A luglio il direttore di malattie infettive del Sacco ha compiuto 70 anni, il prossimo mese andrà in pensione, dichiara di lavorare tantissimo - «sto nel mio studio bunker e macino lavoro di vario tipo» - ma è uno dei virologi che ha accumulato più presenze televisive. Battagliero, sferzante, «Io non faccio né il nano né la ballerina per nessuno, non voglio dire che altri colleghi lo facciano», sempre convinto che le chiusure fossero basilari per fronteggiare il Covid-19, nel febbraio scorso sosteneva: «Un lockdown totale è la soluzione alle nuove varianti». Negli stessi giorni annunciava di essere «stato tentato di fare il mio personalissimo lockdown e di rimanere in silenzio per due, tre settimane», però di non potersi azzittire «perché in questo momento siamo in una congiuntura particolarmente seria e preoccupante». Il suo presenzialismo è insomma una santa battaglia contro il Covid e «molte cose che ho preconizzato si sono avverate», assicurò il professore.Parlava di «ripresa gagliarda della seconda ondata» e del rischio di «vanificare tutti i sacrifici fatti», ritenne che «sul Covid Draghi non ne ha azzeccata una, rischio calcolato male e pericoloso», ma quando il Paese riaprì e ci fu un miglioramento del quadro dell'epidemia in Italia, Galli non trovò di meglio che dire: «Preferisco essere catastrofista che facilone. Mea culpa per le previsioni? No». Studioso di storia delle pandemie, ha spiegato di aver compreso come dopo la processione a Milano dell'11 giugno 1630 crebbero le morti per pestilenza narrate dal Manzoni nei Promessi sposi. «Abbiamo fatto la geolocalizzazione delle parrocchie studiando l'influsso della processione. Non siamo più alle stime: siamo riusciti a dare una data di morte, un nome, un cognome e un “indirizzo" a 5.000 vittime. Ne deriva che è possibile che la processione abbia influito in modo importante sulla diffusione del morbo, specie nelle aree centrali della città, che fino a quella data erano state solo parzialmente colpite». Un po' come sarebbe successo durante la partita giocata a Milano il 19 febbraio 2020 tra Atalanta e Valencia, dichiarò l'infettivologo, che «può essere stato un importante fattore di diffusione». Stigmatizzò l'accesso agli stadi in epoca Covid, anche se capiva che «togliere i circenses agli italiani possa dispiacere». Concluse: «Il calcio è uno spettacolo non essenziale che può essere fruito anche da casa». Però lo scorso maggio, intervenendo nella polemica dei tifosi dell'Inter riversatisi a Piazza Duomo dopo la vittoria dello Scudetto, a Fanpage dichiarava: «Se i contagi aumenteranno, cosa che non mi auguro ma temo, andranno ben al di là della festa dello scudetto dell'Inter, e non lo dico perché sono interista». A inizio pandemia espresse anche dubbi sull'uso del dispositivo di protezione: «È la prima volta che si tenta di arginare un'epidemia dicendo: esci con la mascherina e osserva il distanziamento. Non esiste un lavoro scientifico che provi l'efficacia certa di questa strada». Lo scorso giugno invece conveniva: «La mascherina non è tanto diversa dal casco, ci ha dato un contributo prezioso. L'aggeggio funziona e funziona parecchio».Ha confessato che «gli era rimasta sullo stomaco» una sua dichiarazione ottimistica, quindi a dir poco sorprendente, considerato che si è fatto conoscere come il profeta delle maggiori sventure in caso di rallentamento del lockdown. «Mi fate fare sempre la figura della Cassandra, come se a me facesse piacere», si lamenta spesso il professore, eppure «la sera del 20 febbraio, quella in cui poi venne fuori il caso del paziente uno di Codogno, io stavo di fronte a cento medici di base per una conferenza», ha raccontato. «Dissi: “Abbiamo avuto i due turisti cinesi che non hanno lasciato strascichi, sono stati chiusi i voli diretti dalla Cina prima che in altri Paesi, forse ce la siamo cavata"». Passarono pochi minuti e uscì la notizia del primo paziente contagiato dal coronavirus in Lombardia.