2019-02-07
La vergogna italiana di quelle medaglie conferite al boia Tito e mai revocate
Nel Panorama in edicola, lo scandalo delle onorificenze al dittatore iugoslavo tuttora visibili sul sito del Quirinale.Qualche mese fa, Virginia Raggi lanciò la sua crociata toponomastica contro le vie di Roma dedicate ai fascisti. Niente via Balbo o piazza Farinacci, ovviamente, per lo più si trattava di scienziati o studiosi lievemente compromessi col regime, oggi ignoti ai più. Una crociata priva di senso se pensiamo che nell'Italia che pure ha istituito la Giornata del ricordo esistono tuttora viali dedicati a Broz Josip Tito, il dittatore comunista che, tra le altre cose, fu la mente della pulizia etnica anti italiana sul confine orientale. Come spiega Fausto Biloslavo nel numero di Panorama da ieri in edicola, infatti, in Italia ci sono sette vie ancora dedicate a Tito. «Basta andarle a cercare su Google Maps. A Parete, nel casertano, la strada intitolata a Tito si trova fra via Kennedy e via Martin Luther King. Vicino a Reggio Emilia la via si chiama proprio Maresciallo Tito. In Sardegna, a Nuoro, non vogliono cancellarla e a Parma campeggia sempre via Tito Josip Broz». Ma questo è il minimo. L'ex presidente iugoslavo, spiega ancora Biloslavo, è tuttora presente sul sito del Quirinale come «decorato come Cavaliere di Gran croce al merito della Repubblica italiana», con l'aggiunta del Gran cordone, il più alto riconoscimento dato dal nostro Paese. Il 2 ottobre 1969, infatti, durante la visita di Stato a Belgrado di Giuseppe Saragat venne concessa al dittatore la più alta onorificenza italiana. Altre medaglie e riconoscimenti furono assegnati nel tempo a una ventina di suoi sgherri. I più noti di questi, ricorda il giornalista nell'articolo, sono Mitja Ribicic, Franjo Rustja e Marko Vrhunec, pure loro in bella mostra sull'Albo d'oro delle onorificenze del Quirinale. E se la cosa sembra sconvolgente, riesce addirittura a indignare il fatto che per le decorazioni ai nostri connazionali vittime di inenarrabili violenze in quella martoriata terra lo Stato italiano abbia adottato ben altri metri di misura. Scrive infatti Biloslavo: «Se al “boia" delle foibe resta l'onorificenza, suona terribilmente assurdo che la presidenza della Repubblica non abbia ancora consegnato la Medaglia d'oro al valor militare al gonfalone dell'ultima amministrazione italiana di Zara. La “città martire" sulla costa dalmata venne prima distrutta dai bombardamento alleati e poi “ripulita" dalla popolazione italiana, costretta a scegliere la via dell'esodo di fronte alle violenze di Tito. Il presidente Carlo Azeglio Ciampi aveva concesso la medaglia nel 2001, ma i nazionalisti croati protestarono e l'Italia ha piegato la testa senza mai consegnarla agli esuli dalmati».Le associazioni degli esuli, ovviamente, sono sul piede di guerra da tempo, e anche in questa edizione della della Giornata del Ricordo rilanciano la battaglia per la revoca delle medaglie al macellaio balcanico. L'Unione degli istriani, in particolare, ha lanciato una campagna per «revocare dopo esattamente 50 anni le onorificenze dello stato italiano elargite al sanguinario maresciallo Tito». Sulla pagina Facebook dell'associazione, spiega ancora Biloslavo, ci si chiede se il premier «Giuseppe Conte, Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni, Maurizio Martina e Silvio Berlusconi» possano «essere contrari?». Inoltre, si legge sempre nell'inchiesta di Panorama, «lo scorso ottobre una mozione del Consiglio regionale, che sollecitava il presidente del Friuli-Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, a chiedere la revoca al governo è passata ampiamente, ma ha ottenuto anche dei voti contrari. I “niet" sono stati espressi dai consiglieri del Partito democratico Cristiano Shaurli, Roberto Cosolini, Igor Gabrovec e dall'esponente di Open sinistra, Furio Honsell. L'anno prima anche il Consiglio regionale del Veneto aveva votato, all'unanimità, una risoluzione presentata dal leghista Alberto Villanova che chiede al Parlamento di “revocare l'onorificenza di Cavaliere della Repubblica a Josip Broz Tito"». La volontà politica, tuttavia, potrebbe non bastare. Per quanto sembri assurdo, infatti, in Italia si può ritirare un'onorificenza per indegnità solo se il personaggio insignito è ancora in vita (lo si è fatto, per esempio, con Bashar Al Assad). Se invece è morto, bisogna tenersela. Nel 2013, il prefetto di Belluno, a nome del governo, dopo essere stato interpellato dal primo cittadino di Calalzo di Cadore sulla vicenda, rispose che «non è ipotizzabile alcun procedimento essendo il medesimo deceduto». Per questo motivo il sindaco, Luca De Carlo, eletto deputato con Fratelli d'Italia nell'ultima legislatura, ha stilato una proposta di legge che prevede di cambiare la norma, ma per ora non se n'è fatto nulla.