
La più amata di Hollywood fu a lungo costretta a interpretare il ruolo della ragazza acqua e sapone. Verso la fine della carriera si rifece il seno e indossò vestiti scollati, iniziando a inanellare flirt. Sdoganò l'Aids in tv intervistando Rock Hudson, magro e malato.La più amata di Hollywood. Era una finta ingenua che odiava il suo personaggio e infine mollò il cinema per dedicarsi ai cani. Anche ai bei tempi, gli amici l'avevano sempre chiamata con dei nomignoli e lei, dopo, rifiutò perfino il cognome-pseudonimo e non volle più sentir parlare dei suoi vecchi successi. Doris Day, la star che faceva sognare tutto il mondo, soffriva anche di attacchi di panico già nei primi anni Cinquanta, che poi riduttivamente descrisse come «sintomi di un esaurimento nervoso». Nata nel 1922, non lavorava da circa 45 anni, ossia da quando terminarono gli impegni presi per lei dal marito-manager-mentore-protettore, prima di morire improvvisamente. Doris ebbe molti mariti e compagni, ma accettava, nei film, solo ruoli di eterna vergine, imposti dai produttori: così la voleva il pubblico. Marty Melcher era stato il suo terzo coniuge. Dal primo, sposato a 18 anni, era scappata presto, portandosi dietro un figlioletto: lui era furiosamente geloso e la picchiava. Il secondo, che sposò a 22 anni, l'abbandonò quasi subito, non senza averla fatta convertire alla christian science, ovvero il cristianesimo scientista, un nuovo movimento religioso cristiano metafisico fondato nel 1879 negli Stati Uniti da Mary Baker Eddy. La missione dichiarata era quella di ripristinare il cristianesimo primitivo, con vari elementi perduti. Il terzo marito era un ebreo di origine russa, alto quasi 2 metri. Coniugato con un'altra cantante affermata, ma con prospettive meno brillanti, divorziò rapidamente, per dedicarsi alla gestione dell'ancor più promettente Doris. Prontamente convertitosi anche lui alla christian science, e affiliatosi il bambino di Doris, Melcher curò minuziosamente la carriera della moglie, con arroganza, che lo rese inviso a tutti. Quando morì, peraltro, si scoprì che anche lui era stato sistematicamente derubato dal suo avvocato. Dopo un lunghissimo processo, Doris ebbe soddisfazioni morali, ma scarso risarcimento. Tutto ciò è raccontato nella monumentale biografia della diva a opera di David Kaufman. Dunque, del prepotente Melcher. La stessa Doris avrebbe detto di non sapere se lo avesse mai amato davvero, ma che aveva avuto bisogno di un padre. E lui sapeva come conservarsi la gallina dalle uova d'oro. Doris si era imposta come la quintessenza della ragazza americana acqua e sapone; bastava mantenere quella maschera il più a lungo possibile. I critici la chiamarono la «biondina con la mascella da bulldog», lei fu infilata subito in filmetti canori. Il pianista Oscar Levant disse poi: «Io l'ho conosciuta quando non era ancora vergine». Era però esclusivamente come una ingenua e candida ragazza che gli spettatori l'amavano, e finché i gusti non cambiarono i produttori le fecero rifiutare con sdegno i ruoli di seduttrice. Celebre il rifiuto di diventare protagonista de Il laureato, che andò poi ad Anne Bancroft: avrebbe dovuto conquistare e portarsi a letto uno studentello. Assolutamente no! Il produttore e il regista de Il Laureato volevano Doris Day e Robert Redford. Lui era descritto nel romanzo di Charles Webb come un giovane alto, biondo, sportivo e amante del surf (la storia si svolge nel sud della California), il ritratto di Redford. Lei, una bella quarantenne wasp, proprio come Doris Day. La sua presenza, in un ruolo del genere, scandaloso, avrebbe assicurato al film un enorme successo d'incassi. Fu Doris Day a risolvere la questione: sappiamo dalla sua autobiografia che considerò questa offerta una specie di insulto, un'offesa personale. Disse parole di fuoco per la sceneggiatura. Aveva dimostrato in L'uomo che sapeva troppo di Alfred Hitchcock di essere un'attrice capace anche di fare una parte drammatica, e probabilmente avrebbe saputo esserlo anche ne Il laureato. Ma non voleva. Ingenua e vergine restò, accanto a partner più anziani (Clark Gable, Cary Grant) o più giovani (Rod Taylor, James Gardner). Poi però Doris Day, la principessa di Hollywood degli anni Cinquanta e Sessanta, decise di fermarsi: stava cominciando un nuovo modo di fare cinema, cambiavano le storie e lo stile in cui venivano raccontate. Capiva che quel mondo non era più il suo. Nel 1968, un anno dopo l'uscita de Il Laureato, smise di fare film. Stava cambiando l'America e Doris non ne sarebbe più stata l'immagine. Si fece tirare su la faccia e ingrossare il seno, non per il pubblico ma per sé, per sentirsi sexy. Indossò vestiti scollati, fece vita mondana, si mise anche a bere, moderatamente. Ebbe dei flirt non troppo segreti. Trovò un quarto marito, un bellone proprietario di un ristorante, ma lo accantonò quando costui entrò in conflitto con la sua vera passione, ossia (singolare la somiglianza con un'altra leggendaria ex adolescente, Brigitte Bardot) i cani e gli animali.. Il quarto compagno la convinse a metter su una linea di cibi per animali, subito entrata in crisi per l'incontentabilità dell'ex attrice per la qualità dei prodotti. I personaggi interpretati da Doris Day sostennero sempre due grandi istituzioni: il matrimonio e la verginità. E, poi, l'ottimismo in ogni ruolo: Doris Day, sorridente, difendeva il futuro e rendeva positivo il presente. L' altro suo ruolo - cominciò ad affrontarlo vicino ai 35 anni - è quello della vergine: lo trascinò fin oltre i 40, in qualche caso tra la bizzarria e un vago sentore di perversione, vedi Il visone sulla pelle (1962). Grande successo. Anche per questa ferrea e combattiva verginità, che apparentava i personaggi di Doris Day a quelli di Shirley Temple, e, insieme, la battaglia per costruirsi o tenere insieme una famiglia. Day non è quasi mai madre e, nel caso, non solo è scarsamente protettiva, ma è più discola dei figli. Perché è lei a sollecitare, nel pubblico maschile, la molla della paternità. Doris Day è anche Cenerentola, nel senso che, comunque, ci sarà un principe azzurro per lei. Detta comunque le sue condizioni. Si richiede il matrimonio innanzi tutto, fedeltà assoluta, sincerità più assoluta ancora, e poi fiori, cioccolatini, anello, pelliccia. In cambio, lei è disponibile per tenere la casa perfetta, cantare e, quando lui torna dal lavoro, con infernale puntualità ha già indossato un vestitino da cocktail, il Martini è già in fresco, lei pronta per una serata garrula e tutta dedicata a lui. Infine: quanti anni ha, Doris? C'è un errore all'anagrafe. Una copia del suo certificato di nascita ha dimostrato che l'attrice è nata il 3 aprile 1922 e non nel 1924. Nessun problema per la star, che ha detto: «L'età è solo un numero... non ho mai prestato molta attenzione ai compleanni, ma è bello sapere finalmente quanti anni ho veramente», E come è avvenuto questo errore? Tutto risale al primo provino della Day, in cui venne annotata la data sbagliata forse nel tentativo di avere una parte in un film. Da allora, la data non è mai stata modificata.L'amore per gli animali? A partire dalla metà degli anni Settanta, Doris Day cominciò ad allontanarsi dai riflettori per impegnarsi per i diritti degli animali, istituì la Doris Day animal league e la Doris Day animal foundation. Rinunciò temporaneamente al ritiro dalle scene per presentare uno show, Doris Day's best friends, girato nel suo ranch: il primo ospite fu l'amico e collega di una vita, Rock Hudson, che sarebbe morto qualche mese dopo. A proposito di Hudson, Doris sdoganò l'Aids in tv. A metà anni Ottanta, nel suo show, la Day intervistò il vecchio compagno di mille successi, Rock, malato di Aids. Ed età la prima volta che il pubblico americano vedeva i sintomi di quella malattia. Tutto era nello stile Doris Day, molto sobrio, educato e presentabile, eppure lo shock di vedere Hudson magro e malato fu tale che la trasmissione fu sospesa. Ecco gli scampoli di alcune sue dichiarazioni: «La mia immagine pubblica è quella dell'integerrima vergine d'America, la ragazza della porta accanto, spensierata e sprizzante di felicità. È un' immagine più lontana dalla realtà di qualsiasi ruolo abbia mai interpretato. Ma non c'è verso: sarò per sempre la signorina cintura di castità». «Il mio nome non mi è mai piaciuto. Ancora adesso non mi piace. Mi sembra un nome finto». «Il susseguirsi degli allegri musical d'epoca che ho realizzato, ha contribuito a quella che è stata definita la mia “immagine", che è una parola che mi sconcerta. Non c'è mai stato alcun tentativo da parte mia né nella mia recitazione, né nella mia vita privata di creare qualcosa come un'immagine».Di lei, invece, hanno detto: «È da tanto che sto in giro, mi ricordo perfino di quando Doris Day non era ancora vergine» (Groucho Marx). «Doris aveva un cuore d'oro ed era una signora molto divertente con cui ho condiviso molte risate. I suoi film come Calamity Jane, Move Over, Darling e molti altri erano incredibili e la sua recitazione e il suo canto mi hanno sempre colpito molto. Mi mancherà... Era una vera star. Ho avuto il privilegio di uscire con lei in alcune occasioni. Dio benedica Doris». (Paul McCartney, in occasione della morte).Doris Day era di origine tedesca, all'anagrafe Mary Ann Von Kappelhoff. Nacque il 3 aprile 1922 a Cincinnati, in Ohio. Il successo arrivò quando esplose il genere dei film musicali verso la fine degli anni Cinquanta. In Il letto racconta… (1959), Amore, ritorna! (1961), e Non mandarmi fiori! (1964) recitò insieme a Rock Hudson. È morta a 97 anni, per una polmonite, il 13 maggio 2019. Ha inciso 650 canzoni fra il 1947 e il 1967. Ha recitato per l'ultima volta nel 1968 nel film C'è un uomo nel letto di mamma. La sua popolarità era tale che la creazione della bambola Barbie, nel 1959, si disse che si fosse ispirata proprio all'immagine cinematografica di Doris Day.
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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