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2020-02-02
La trovata geniale dei sindaci dem: abbracciare cinesi contro la paura
Ansa
Emergenza e serenità. Quasi un ossimoro ma, sarà per il nome che porta, il ministro della Salute, Roberto Speranza mostra sicurezza nella strategia adottata per affrontare il coronavirus già arrivato in Italia dalla Cina pur dichiarando un'emergenza per 6 mesi. Nel frattempo sorrisi e massima sicurezza sfoggiano alcuni sindaci dem, che lanciano anche iniziative a favore dei cinesi che in questi giorni vengono guardati con un certo timore.
Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, sui social ha lanciato l'hashtag #AbbracciaUnCinese e un videomessaggio per esprimere solidarietà alla comunità cinese, in queste ore secondo lui, vittima di pregiudizi ingiustificati. «Seguiamo le indicazioni delle autorità sanitarie e usiamo cautela, ma nessun terrorismo psicologico, e soprattutto basta con i soliti sciacalli che non vedevano l'ora di usare questa scusa per odiare e insultare». Così scrive l'ex amico di Matteo Renzi che nel video abbraccia Vito Wang, rappresentante dell'Unione giovani italo-cinesi. «Siamo uniti alla comunità cinese per questa battaglia comune!», scrive il sindaco che domani vedrà il ministro Speranza a Firenze per un incontro con i vertici e con gli operatori toscani. Altra iniziativa di propaganda al contrario: il «collega» di Milano Giuseppe Sala che, preoccupato per l'arresto del turismo cinese che nel capoluogo meneghino porta 300 milioni di euro al mese, invitando tutti ad evitare la psicosi «per pandemie che non vanno sottovalutate ma certamente ci sono i mezzi per fronteggiarle», ha annunciato di volere organizzare la prossima «Colazione col sindaco» in via Paolo Sarpi, cuore pulsante della comunità cinese milanese «per dare un segno di tranquillità».
«Fa bene Sala, bisogna dare messaggi rassicuranti, che non significa rimuovere il pericolo o la necessità di fare vigilanza, però non bisogna neanche fare cose inutili più legate all'emotività che alla ragione» ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti che ieri, in un'intervista televisiva, è tornato ad attaccare il leader della Lega accusandolo di essere «un creatore di paure. Salvini le crea e le cavalca». Non senza aggiungere che ieri sera o stasera sarebbe andato a cena in un ristorante cinese «senza problemi».
L'ex presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, invece, ieri ha chiesto all'Alto rappresentante Ue Josep Borrell di esigere dalla Cina la massima trasparenza sul coronavirus. In particolare, che si possa avere accesso a tutte le informazioni sui casi finora verificatisi in Cina, per evitare di arrecare danno alla salute dei cittadini europei. «L'allarme sanitario è ai massimi ed emergono gravissime responsabilità del governo cinese», ha detto l'azzurro.
Il senatore leghista William De Vecchis ha chiesto invece le dimissioni dell'assessore al Commercio del Campidoglio Carlo Cafarotti, dopo che il grillino ha pubblicato una freddura sul suo profilo sociale: «Ma TerraCina è in TerraQuarantena?». «La Raggi, l'assessore Cafarotti e tutta la sua giunta non hanno alcun diritto di prendere in giro Terracina. Ancor più grave, poi, è fare della becera ironia su un virus che ha già ucciso centinaia di persone e che è diventato un problema sanitario ed economico su scala mondiale».
«Siamo un grande Paese e non dobbiamo avere paura. Prendiamo le cose seriamente e anche se al momento l'epidemia non rappresenta un problema, in Italia la si affronterà con la massima determinazione», così Speranza ancora ieri dopo aver ribadito alcuni provvedimenti adottati, unici in Europa, come il blocco totale dei voli da e per la Cina e anche aver dichiarata l'emergenza sanitaria per 6 mesi. L'emergenza è quella che dà al ministro i poteri straordinari che per ora non esercita perché «non c'è bisogno» ma come ha spiegato l'esponente di Leu, «possiamo intervenire se le cose dovessero cambiare. E contare anche sulla collaborazione delle Regioni». Il primo potere è quello di requisire edifici ed ospedali per ricoveri numerosi, come sarà fatto per gli italiani in arrivo da Wuhan, che saranno concentrati nella «cittadella» allestita nell'area del Centro sportivo olimpico dell'Esercito alla Cecchignola, con una serie di container destinati ad ospitare i connazionali per tutto il periodo in cui rimarranno sotto osservazione. Alcune strutture di questo tipo, saranno però montate a scopo precauzionale anche all'interno del Policlinico Militare del Celio. Inoltre il ministero della Salute stanzierà 5 milioni per affrontare l'emergenza e magari acquistare nuovi materiali di biocontenimento, come tute speciali, guanti e maschere, ma anche per assunzioni veloci di medici e paramedici, sempre in caso di estrema necessità.
Intanto ieri è stata necessaria una circolare del dicastero del Lungotevere, poi diramata dal ministero dell'Istruzione agli uffici scolastici regionali e, attraverso questi, alle scuole, per dire che non c'è alcuna preclusione a frequentare la scuola per gli studenti che sono arrivati in Italia dalla Cina che non presentano i sintomi del coronavirus. Il documento è stato necessario dopo l'appello rivolto alla ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, dal presidente dell'Associazione nazionale presidi (Anp) Antonello Giannelli, che in una lettera aveva chiesto di «diramare al più presto delle indicazioni precise».
Riabilitato il medico che lanciò l’allarme (e fu arrestato)
Mentre tutto il mondo è in allerta, con quasi un mese di ritardo, anche i cinesi son stati messi a conoscenza del pericolo. Il microscopico coronavirus ha costretto il regime del Dragone a riconoscere il ritardo nella comunicazione dell'infezione e a rimettere in libertà il medico che per primo aveva scoperto il pericolo.
Come riporta il New York Times, lo scorso 31 dicembre, i funzionari di Pechino hanno informato l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dell'esistenza del nuovo coronavirus, ma grazie al controllo di tutti i media, hanno omesso di informare i cittadini del pericolo. Solo da pochi giorni cinesi hanno saputo del pericolo pandemico. Le epidemie, è noto, rientrano nel campo del segreto di Stato: non c'è da meravigliarsi del comportamento del regime, ma in questo il silenzio colpevole ha messo a rischio la salute dell'immenso popolo cinese e del mondo. «In questo momento mi sento in colpa, con rimorso e rimprovero», ha dichiarato Ma Guoqiang, segretario del Partito comunista cinese (Pcc) di Wuhan, la massima carica politica locale.
La sua ammissione di colpa segue quella arrivata qualche giorno fa da Zhou Xianwang, sindaco di Wuhan che ha confessato di non essere stato autorizzato a parlare pubblicamente del virus fino a gennaio inoltrato, pochi giorni prima della messa in quarantena dell'epicentro del 2019-nCoV. Proprio questo lasso di tempo sarebbe stato cruciale nella diffusione del virus con almeno cinque milioni di persone che sono transitate per Wuhan senza nessuna precauzione. Così, a un mese dal primo allarme al solo Oms, i dati della Commissione sanitaria nazionale (Nhc) cinese comunica quasi 12.000 contagi e 259 morti, con almeno un centinaio di casi nel mondo. Chissà come sarebbero i numeri se il regime di Xi Jinping, invece di arrestarlo, avesse dato ascolto al medico Li Wenliang che aveva condiviso l'allarme a fine dicembre su un gruppo wechat chiamato «University of Whuan, clinic 2004». Il messaggio di Li Wenliang era: «Confermati 7 casi di Sars provenienti dal mercato di frutta e pesce» con tanto di diagnosi e foto dei polmoni di alcuni pazienti. Profetico il posto di un altro medico: «Stai attento, il nostro gruppo wechat potrebbe essere cancellato». Nell'ultimo messaggio di Li c'è la conferma: «Si tratta di coronavirus, ora stiamo cercando di identificarlo, fate attenzione, proteggete le vostre famiglie». Come previsto, invece dei ringraziamenti per aver segnalato il problema, non solo è stata chiusa la chat, ma il 3 gennaio i medico e altri sette colleghi sono stati arrestati per diffusione di «parole non veritiere in rete», comportamento che «ha gravemente disturbato l'ordine sociale», oltre che in violazione della pubblica sicurezza. In realtà, come riporta uno studio di The Lancet della scorsa settimana, dal 1 all'11 gennaio, sui 248 contagiati, c'erano già sette medici, ma ci sono voluti altri 17 giorni prima dell'arrivo, da parte del Comitato di salute cinese, il 20 gennaio, della conferma che il virus può diffondersi da persona a persona. La quarantena è infatti scattata a Wuhan solo il 23 gennaio. È lo stesso Wenliang, ora ricoverato con la famiglia in ospedale perché contagiati da 2019-nCov a pubblicare tutto sul suo blog personale Weibo. La Corte suprema ha ufficialmente scagionato lui e i sui colleghi perché, pur non essendo una notizia corretta (non era Sars), «sarebbe stata una fortuna se la gente li avesse ascoltati». Sui social Li Wenliang è già un eroe nazionale per aver sfidato la censura si Stato: un'impresa che si spera sia coronata dalla sua guarigione.
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Dalle gag social di Dario Nardella alla colazione a Chinatown di Beppe Sala. La strategia della sinistra contro i pregiudizi vira verso il trash.Riabilitato il medico che lanciò l'allarme (e fu arrestato). Li Wenliang fu il primo a diffondere la notizia del virus, ma Pechino lo punì. Ora è diventato un idolo sui social anti regime. Lo speciale comprende due articoli.Emergenza e serenità. Quasi un ossimoro ma, sarà per il nome che porta, il ministro della Salute, Roberto Speranza mostra sicurezza nella strategia adottata per affrontare il coronavirus già arrivato in Italia dalla Cina pur dichiarando un'emergenza per 6 mesi. Nel frattempo sorrisi e massima sicurezza sfoggiano alcuni sindaci dem, che lanciano anche iniziative a favore dei cinesi che in questi giorni vengono guardati con un certo timore. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, sui social ha lanciato l'hashtag #AbbracciaUnCinese e un videomessaggio per esprimere solidarietà alla comunità cinese, in queste ore secondo lui, vittima di pregiudizi ingiustificati. «Seguiamo le indicazioni delle autorità sanitarie e usiamo cautela, ma nessun terrorismo psicologico, e soprattutto basta con i soliti sciacalli che non vedevano l'ora di usare questa scusa per odiare e insultare». Così scrive l'ex amico di Matteo Renzi che nel video abbraccia Vito Wang, rappresentante dell'Unione giovani italo-cinesi. «Siamo uniti alla comunità cinese per questa battaglia comune!», scrive il sindaco che domani vedrà il ministro Speranza a Firenze per un incontro con i vertici e con gli operatori toscani. Altra iniziativa di propaganda al contrario: il «collega» di Milano Giuseppe Sala che, preoccupato per l'arresto del turismo cinese che nel capoluogo meneghino porta 300 milioni di euro al mese, invitando tutti ad evitare la psicosi «per pandemie che non vanno sottovalutate ma certamente ci sono i mezzi per fronteggiarle», ha annunciato di volere organizzare la prossima «Colazione col sindaco» in via Paolo Sarpi, cuore pulsante della comunità cinese milanese «per dare un segno di tranquillità».«Fa bene Sala, bisogna dare messaggi rassicuranti, che non significa rimuovere il pericolo o la necessità di fare vigilanza, però non bisogna neanche fare cose inutili più legate all'emotività che alla ragione» ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti che ieri, in un'intervista televisiva, è tornato ad attaccare il leader della Lega accusandolo di essere «un creatore di paure. Salvini le crea e le cavalca». Non senza aggiungere che ieri sera o stasera sarebbe andato a cena in un ristorante cinese «senza problemi».L'ex presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, invece, ieri ha chiesto all'Alto rappresentante Ue Josep Borrell di esigere dalla Cina la massima trasparenza sul coronavirus. In particolare, che si possa avere accesso a tutte le informazioni sui casi finora verificatisi in Cina, per evitare di arrecare danno alla salute dei cittadini europei. «L'allarme sanitario è ai massimi ed emergono gravissime responsabilità del governo cinese», ha detto l'azzurro.Il senatore leghista William De Vecchis ha chiesto invece le dimissioni dell'assessore al Commercio del Campidoglio Carlo Cafarotti, dopo che il grillino ha pubblicato una freddura sul suo profilo sociale: «Ma TerraCina è in TerraQuarantena?». «La Raggi, l'assessore Cafarotti e tutta la sua giunta non hanno alcun diritto di prendere in giro Terracina. Ancor più grave, poi, è fare della becera ironia su un virus che ha già ucciso centinaia di persone e che è diventato un problema sanitario ed economico su scala mondiale».«Siamo un grande Paese e non dobbiamo avere paura. Prendiamo le cose seriamente e anche se al momento l'epidemia non rappresenta un problema, in Italia la si affronterà con la massima determinazione», così Speranza ancora ieri dopo aver ribadito alcuni provvedimenti adottati, unici in Europa, come il blocco totale dei voli da e per la Cina e anche aver dichiarata l'emergenza sanitaria per 6 mesi. L'emergenza è quella che dà al ministro i poteri straordinari che per ora non esercita perché «non c'è bisogno» ma come ha spiegato l'esponente di Leu, «possiamo intervenire se le cose dovessero cambiare. E contare anche sulla collaborazione delle Regioni». Il primo potere è quello di requisire edifici ed ospedali per ricoveri numerosi, come sarà fatto per gli italiani in arrivo da Wuhan, che saranno concentrati nella «cittadella» allestita nell'area del Centro sportivo olimpico dell'Esercito alla Cecchignola, con una serie di container destinati ad ospitare i connazionali per tutto il periodo in cui rimarranno sotto osservazione. Alcune strutture di questo tipo, saranno però montate a scopo precauzionale anche all'interno del Policlinico Militare del Celio. Inoltre il ministero della Salute stanzierà 5 milioni per affrontare l'emergenza e magari acquistare nuovi materiali di biocontenimento, come tute speciali, guanti e maschere, ma anche per assunzioni veloci di medici e paramedici, sempre in caso di estrema necessità.Intanto ieri è stata necessaria una circolare del dicastero del Lungotevere, poi diramata dal ministero dell'Istruzione agli uffici scolastici regionali e, attraverso questi, alle scuole, per dire che non c'è alcuna preclusione a frequentare la scuola per gli studenti che sono arrivati in Italia dalla Cina che non presentano i sintomi del coronavirus. Il documento è stato necessario dopo l'appello rivolto alla ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, dal presidente dell'Associazione nazionale presidi (Anp) Antonello Giannelli, che in una lettera aveva chiesto di «diramare al più presto delle indicazioni precise».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-trovata-geniale-dei-sindaci-dem-abbracciare-cinesi-contro-la-paura-2644999241.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="riabilitato-il-medico-che-lancio-lallarme-e-fu-arrestato" data-post-id="2644999241" data-published-at="1765818818" data-use-pagination="False"> Riabilitato il medico che lanciò l’allarme (e fu arrestato) Mentre tutto il mondo è in allerta, con quasi un mese di ritardo, anche i cinesi son stati messi a conoscenza del pericolo. Il microscopico coronavirus ha costretto il regime del Dragone a riconoscere il ritardo nella comunicazione dell'infezione e a rimettere in libertà il medico che per primo aveva scoperto il pericolo. Come riporta il New York Times, lo scorso 31 dicembre, i funzionari di Pechino hanno informato l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dell'esistenza del nuovo coronavirus, ma grazie al controllo di tutti i media, hanno omesso di informare i cittadini del pericolo. Solo da pochi giorni cinesi hanno saputo del pericolo pandemico. Le epidemie, è noto, rientrano nel campo del segreto di Stato: non c'è da meravigliarsi del comportamento del regime, ma in questo il silenzio colpevole ha messo a rischio la salute dell'immenso popolo cinese e del mondo. «In questo momento mi sento in colpa, con rimorso e rimprovero», ha dichiarato Ma Guoqiang, segretario del Partito comunista cinese (Pcc) di Wuhan, la massima carica politica locale. La sua ammissione di colpa segue quella arrivata qualche giorno fa da Zhou Xianwang, sindaco di Wuhan che ha confessato di non essere stato autorizzato a parlare pubblicamente del virus fino a gennaio inoltrato, pochi giorni prima della messa in quarantena dell'epicentro del 2019-nCoV. Proprio questo lasso di tempo sarebbe stato cruciale nella diffusione del virus con almeno cinque milioni di persone che sono transitate per Wuhan senza nessuna precauzione. Così, a un mese dal primo allarme al solo Oms, i dati della Commissione sanitaria nazionale (Nhc) cinese comunica quasi 12.000 contagi e 259 morti, con almeno un centinaio di casi nel mondo. Chissà come sarebbero i numeri se il regime di Xi Jinping, invece di arrestarlo, avesse dato ascolto al medico Li Wenliang che aveva condiviso l'allarme a fine dicembre su un gruppo wechat chiamato «University of Whuan, clinic 2004». Il messaggio di Li Wenliang era: «Confermati 7 casi di Sars provenienti dal mercato di frutta e pesce» con tanto di diagnosi e foto dei polmoni di alcuni pazienti. Profetico il posto di un altro medico: «Stai attento, il nostro gruppo wechat potrebbe essere cancellato». Nell'ultimo messaggio di Li c'è la conferma: «Si tratta di coronavirus, ora stiamo cercando di identificarlo, fate attenzione, proteggete le vostre famiglie». Come previsto, invece dei ringraziamenti per aver segnalato il problema, non solo è stata chiusa la chat, ma il 3 gennaio i medico e altri sette colleghi sono stati arrestati per diffusione di «parole non veritiere in rete», comportamento che «ha gravemente disturbato l'ordine sociale», oltre che in violazione della pubblica sicurezza. In realtà, come riporta uno studio di The Lancet della scorsa settimana, dal 1 all'11 gennaio, sui 248 contagiati, c'erano già sette medici, ma ci sono voluti altri 17 giorni prima dell'arrivo, da parte del Comitato di salute cinese, il 20 gennaio, della conferma che il virus può diffondersi da persona a persona. La quarantena è infatti scattata a Wuhan solo il 23 gennaio. È lo stesso Wenliang, ora ricoverato con la famiglia in ospedale perché contagiati da 2019-nCov a pubblicare tutto sul suo blog personale Weibo. La Corte suprema ha ufficialmente scagionato lui e i sui colleghi perché, pur non essendo una notizia corretta (non era Sars), «sarebbe stata una fortuna se la gente li avesse ascoltati». Sui social Li Wenliang è già un eroe nazionale per aver sfidato la censura si Stato: un'impresa che si spera sia coronata dalla sua guarigione.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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