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2020-02-02
La trovata geniale dei sindaci dem: abbracciare cinesi contro la paura
Ansa
Emergenza e serenità. Quasi un ossimoro ma, sarà per il nome che porta, il ministro della Salute, Roberto Speranza mostra sicurezza nella strategia adottata per affrontare il coronavirus già arrivato in Italia dalla Cina pur dichiarando un'emergenza per 6 mesi. Nel frattempo sorrisi e massima sicurezza sfoggiano alcuni sindaci dem, che lanciano anche iniziative a favore dei cinesi che in questi giorni vengono guardati con un certo timore.
Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, sui social ha lanciato l'hashtag #AbbracciaUnCinese e un videomessaggio per esprimere solidarietà alla comunità cinese, in queste ore secondo lui, vittima di pregiudizi ingiustificati. «Seguiamo le indicazioni delle autorità sanitarie e usiamo cautela, ma nessun terrorismo psicologico, e soprattutto basta con i soliti sciacalli che non vedevano l'ora di usare questa scusa per odiare e insultare». Così scrive l'ex amico di Matteo Renzi che nel video abbraccia Vito Wang, rappresentante dell'Unione giovani italo-cinesi. «Siamo uniti alla comunità cinese per questa battaglia comune!», scrive il sindaco che domani vedrà il ministro Speranza a Firenze per un incontro con i vertici e con gli operatori toscani. Altra iniziativa di propaganda al contrario: il «collega» di Milano Giuseppe Sala che, preoccupato per l'arresto del turismo cinese che nel capoluogo meneghino porta 300 milioni di euro al mese, invitando tutti ad evitare la psicosi «per pandemie che non vanno sottovalutate ma certamente ci sono i mezzi per fronteggiarle», ha annunciato di volere organizzare la prossima «Colazione col sindaco» in via Paolo Sarpi, cuore pulsante della comunità cinese milanese «per dare un segno di tranquillità».
«Fa bene Sala, bisogna dare messaggi rassicuranti, che non significa rimuovere il pericolo o la necessità di fare vigilanza, però non bisogna neanche fare cose inutili più legate all'emotività che alla ragione» ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti che ieri, in un'intervista televisiva, è tornato ad attaccare il leader della Lega accusandolo di essere «un creatore di paure. Salvini le crea e le cavalca». Non senza aggiungere che ieri sera o stasera sarebbe andato a cena in un ristorante cinese «senza problemi».
L'ex presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, invece, ieri ha chiesto all'Alto rappresentante Ue Josep Borrell di esigere dalla Cina la massima trasparenza sul coronavirus. In particolare, che si possa avere accesso a tutte le informazioni sui casi finora verificatisi in Cina, per evitare di arrecare danno alla salute dei cittadini europei. «L'allarme sanitario è ai massimi ed emergono gravissime responsabilità del governo cinese», ha detto l'azzurro.
Il senatore leghista William De Vecchis ha chiesto invece le dimissioni dell'assessore al Commercio del Campidoglio Carlo Cafarotti, dopo che il grillino ha pubblicato una freddura sul suo profilo sociale: «Ma TerraCina è in TerraQuarantena?». «La Raggi, l'assessore Cafarotti e tutta la sua giunta non hanno alcun diritto di prendere in giro Terracina. Ancor più grave, poi, è fare della becera ironia su un virus che ha già ucciso centinaia di persone e che è diventato un problema sanitario ed economico su scala mondiale».
«Siamo un grande Paese e non dobbiamo avere paura. Prendiamo le cose seriamente e anche se al momento l'epidemia non rappresenta un problema, in Italia la si affronterà con la massima determinazione», così Speranza ancora ieri dopo aver ribadito alcuni provvedimenti adottati, unici in Europa, come il blocco totale dei voli da e per la Cina e anche aver dichiarata l'emergenza sanitaria per 6 mesi. L'emergenza è quella che dà al ministro i poteri straordinari che per ora non esercita perché «non c'è bisogno» ma come ha spiegato l'esponente di Leu, «possiamo intervenire se le cose dovessero cambiare. E contare anche sulla collaborazione delle Regioni». Il primo potere è quello di requisire edifici ed ospedali per ricoveri numerosi, come sarà fatto per gli italiani in arrivo da Wuhan, che saranno concentrati nella «cittadella» allestita nell'area del Centro sportivo olimpico dell'Esercito alla Cecchignola, con una serie di container destinati ad ospitare i connazionali per tutto il periodo in cui rimarranno sotto osservazione. Alcune strutture di questo tipo, saranno però montate a scopo precauzionale anche all'interno del Policlinico Militare del Celio. Inoltre il ministero della Salute stanzierà 5 milioni per affrontare l'emergenza e magari acquistare nuovi materiali di biocontenimento, come tute speciali, guanti e maschere, ma anche per assunzioni veloci di medici e paramedici, sempre in caso di estrema necessità.
Intanto ieri è stata necessaria una circolare del dicastero del Lungotevere, poi diramata dal ministero dell'Istruzione agli uffici scolastici regionali e, attraverso questi, alle scuole, per dire che non c'è alcuna preclusione a frequentare la scuola per gli studenti che sono arrivati in Italia dalla Cina che non presentano i sintomi del coronavirus. Il documento è stato necessario dopo l'appello rivolto alla ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, dal presidente dell'Associazione nazionale presidi (Anp) Antonello Giannelli, che in una lettera aveva chiesto di «diramare al più presto delle indicazioni precise».
Riabilitato il medico che lanciò l’allarme (e fu arrestato)
Mentre tutto il mondo è in allerta, con quasi un mese di ritardo, anche i cinesi son stati messi a conoscenza del pericolo. Il microscopico coronavirus ha costretto il regime del Dragone a riconoscere il ritardo nella comunicazione dell'infezione e a rimettere in libertà il medico che per primo aveva scoperto il pericolo.
Come riporta il New York Times, lo scorso 31 dicembre, i funzionari di Pechino hanno informato l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dell'esistenza del nuovo coronavirus, ma grazie al controllo di tutti i media, hanno omesso di informare i cittadini del pericolo. Solo da pochi giorni cinesi hanno saputo del pericolo pandemico. Le epidemie, è noto, rientrano nel campo del segreto di Stato: non c'è da meravigliarsi del comportamento del regime, ma in questo il silenzio colpevole ha messo a rischio la salute dell'immenso popolo cinese e del mondo. «In questo momento mi sento in colpa, con rimorso e rimprovero», ha dichiarato Ma Guoqiang, segretario del Partito comunista cinese (Pcc) di Wuhan, la massima carica politica locale.
La sua ammissione di colpa segue quella arrivata qualche giorno fa da Zhou Xianwang, sindaco di Wuhan che ha confessato di non essere stato autorizzato a parlare pubblicamente del virus fino a gennaio inoltrato, pochi giorni prima della messa in quarantena dell'epicentro del 2019-nCoV. Proprio questo lasso di tempo sarebbe stato cruciale nella diffusione del virus con almeno cinque milioni di persone che sono transitate per Wuhan senza nessuna precauzione. Così, a un mese dal primo allarme al solo Oms, i dati della Commissione sanitaria nazionale (Nhc) cinese comunica quasi 12.000 contagi e 259 morti, con almeno un centinaio di casi nel mondo. Chissà come sarebbero i numeri se il regime di Xi Jinping, invece di arrestarlo, avesse dato ascolto al medico Li Wenliang che aveva condiviso l'allarme a fine dicembre su un gruppo wechat chiamato «University of Whuan, clinic 2004». Il messaggio di Li Wenliang era: «Confermati 7 casi di Sars provenienti dal mercato di frutta e pesce» con tanto di diagnosi e foto dei polmoni di alcuni pazienti. Profetico il posto di un altro medico: «Stai attento, il nostro gruppo wechat potrebbe essere cancellato». Nell'ultimo messaggio di Li c'è la conferma: «Si tratta di coronavirus, ora stiamo cercando di identificarlo, fate attenzione, proteggete le vostre famiglie». Come previsto, invece dei ringraziamenti per aver segnalato il problema, non solo è stata chiusa la chat, ma il 3 gennaio i medico e altri sette colleghi sono stati arrestati per diffusione di «parole non veritiere in rete», comportamento che «ha gravemente disturbato l'ordine sociale», oltre che in violazione della pubblica sicurezza. In realtà, come riporta uno studio di The Lancet della scorsa settimana, dal 1 all'11 gennaio, sui 248 contagiati, c'erano già sette medici, ma ci sono voluti altri 17 giorni prima dell'arrivo, da parte del Comitato di salute cinese, il 20 gennaio, della conferma che il virus può diffondersi da persona a persona. La quarantena è infatti scattata a Wuhan solo il 23 gennaio. È lo stesso Wenliang, ora ricoverato con la famiglia in ospedale perché contagiati da 2019-nCov a pubblicare tutto sul suo blog personale Weibo. La Corte suprema ha ufficialmente scagionato lui e i sui colleghi perché, pur non essendo una notizia corretta (non era Sars), «sarebbe stata una fortuna se la gente li avesse ascoltati». Sui social Li Wenliang è già un eroe nazionale per aver sfidato la censura si Stato: un'impresa che si spera sia coronata dalla sua guarigione.
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Riduci
Dalle gag social di Dario Nardella alla colazione a Chinatown di Beppe Sala. La strategia della sinistra contro i pregiudizi vira verso il trash.Riabilitato il medico che lanciò l'allarme (e fu arrestato). Li Wenliang fu il primo a diffondere la notizia del virus, ma Pechino lo punì. Ora è diventato un idolo sui social anti regime. Lo speciale comprende due articoli.Emergenza e serenità. Quasi un ossimoro ma, sarà per il nome che porta, il ministro della Salute, Roberto Speranza mostra sicurezza nella strategia adottata per affrontare il coronavirus già arrivato in Italia dalla Cina pur dichiarando un'emergenza per 6 mesi. Nel frattempo sorrisi e massima sicurezza sfoggiano alcuni sindaci dem, che lanciano anche iniziative a favore dei cinesi che in questi giorni vengono guardati con un certo timore. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, sui social ha lanciato l'hashtag #AbbracciaUnCinese e un videomessaggio per esprimere solidarietà alla comunità cinese, in queste ore secondo lui, vittima di pregiudizi ingiustificati. «Seguiamo le indicazioni delle autorità sanitarie e usiamo cautela, ma nessun terrorismo psicologico, e soprattutto basta con i soliti sciacalli che non vedevano l'ora di usare questa scusa per odiare e insultare». Così scrive l'ex amico di Matteo Renzi che nel video abbraccia Vito Wang, rappresentante dell'Unione giovani italo-cinesi. «Siamo uniti alla comunità cinese per questa battaglia comune!», scrive il sindaco che domani vedrà il ministro Speranza a Firenze per un incontro con i vertici e con gli operatori toscani. Altra iniziativa di propaganda al contrario: il «collega» di Milano Giuseppe Sala che, preoccupato per l'arresto del turismo cinese che nel capoluogo meneghino porta 300 milioni di euro al mese, invitando tutti ad evitare la psicosi «per pandemie che non vanno sottovalutate ma certamente ci sono i mezzi per fronteggiarle», ha annunciato di volere organizzare la prossima «Colazione col sindaco» in via Paolo Sarpi, cuore pulsante della comunità cinese milanese «per dare un segno di tranquillità».«Fa bene Sala, bisogna dare messaggi rassicuranti, che non significa rimuovere il pericolo o la necessità di fare vigilanza, però non bisogna neanche fare cose inutili più legate all'emotività che alla ragione» ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti che ieri, in un'intervista televisiva, è tornato ad attaccare il leader della Lega accusandolo di essere «un creatore di paure. Salvini le crea e le cavalca». Non senza aggiungere che ieri sera o stasera sarebbe andato a cena in un ristorante cinese «senza problemi».L'ex presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, invece, ieri ha chiesto all'Alto rappresentante Ue Josep Borrell di esigere dalla Cina la massima trasparenza sul coronavirus. In particolare, che si possa avere accesso a tutte le informazioni sui casi finora verificatisi in Cina, per evitare di arrecare danno alla salute dei cittadini europei. «L'allarme sanitario è ai massimi ed emergono gravissime responsabilità del governo cinese», ha detto l'azzurro.Il senatore leghista William De Vecchis ha chiesto invece le dimissioni dell'assessore al Commercio del Campidoglio Carlo Cafarotti, dopo che il grillino ha pubblicato una freddura sul suo profilo sociale: «Ma TerraCina è in TerraQuarantena?». «La Raggi, l'assessore Cafarotti e tutta la sua giunta non hanno alcun diritto di prendere in giro Terracina. Ancor più grave, poi, è fare della becera ironia su un virus che ha già ucciso centinaia di persone e che è diventato un problema sanitario ed economico su scala mondiale».«Siamo un grande Paese e non dobbiamo avere paura. Prendiamo le cose seriamente e anche se al momento l'epidemia non rappresenta un problema, in Italia la si affronterà con la massima determinazione», così Speranza ancora ieri dopo aver ribadito alcuni provvedimenti adottati, unici in Europa, come il blocco totale dei voli da e per la Cina e anche aver dichiarata l'emergenza sanitaria per 6 mesi. L'emergenza è quella che dà al ministro i poteri straordinari che per ora non esercita perché «non c'è bisogno» ma come ha spiegato l'esponente di Leu, «possiamo intervenire se le cose dovessero cambiare. E contare anche sulla collaborazione delle Regioni». Il primo potere è quello di requisire edifici ed ospedali per ricoveri numerosi, come sarà fatto per gli italiani in arrivo da Wuhan, che saranno concentrati nella «cittadella» allestita nell'area del Centro sportivo olimpico dell'Esercito alla Cecchignola, con una serie di container destinati ad ospitare i connazionali per tutto il periodo in cui rimarranno sotto osservazione. Alcune strutture di questo tipo, saranno però montate a scopo precauzionale anche all'interno del Policlinico Militare del Celio. Inoltre il ministero della Salute stanzierà 5 milioni per affrontare l'emergenza e magari acquistare nuovi materiali di biocontenimento, come tute speciali, guanti e maschere, ma anche per assunzioni veloci di medici e paramedici, sempre in caso di estrema necessità.Intanto ieri è stata necessaria una circolare del dicastero del Lungotevere, poi diramata dal ministero dell'Istruzione agli uffici scolastici regionali e, attraverso questi, alle scuole, per dire che non c'è alcuna preclusione a frequentare la scuola per gli studenti che sono arrivati in Italia dalla Cina che non presentano i sintomi del coronavirus. Il documento è stato necessario dopo l'appello rivolto alla ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, dal presidente dell'Associazione nazionale presidi (Anp) Antonello Giannelli, che in una lettera aveva chiesto di «diramare al più presto delle indicazioni precise».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-trovata-geniale-dei-sindaci-dem-abbracciare-cinesi-contro-la-paura-2644999241.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="riabilitato-il-medico-che-lancio-lallarme-e-fu-arrestato" data-post-id="2644999241" data-published-at="1765628310" data-use-pagination="False"> Riabilitato il medico che lanciò l’allarme (e fu arrestato) Mentre tutto il mondo è in allerta, con quasi un mese di ritardo, anche i cinesi son stati messi a conoscenza del pericolo. Il microscopico coronavirus ha costretto il regime del Dragone a riconoscere il ritardo nella comunicazione dell'infezione e a rimettere in libertà il medico che per primo aveva scoperto il pericolo. Come riporta il New York Times, lo scorso 31 dicembre, i funzionari di Pechino hanno informato l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dell'esistenza del nuovo coronavirus, ma grazie al controllo di tutti i media, hanno omesso di informare i cittadini del pericolo. Solo da pochi giorni cinesi hanno saputo del pericolo pandemico. Le epidemie, è noto, rientrano nel campo del segreto di Stato: non c'è da meravigliarsi del comportamento del regime, ma in questo il silenzio colpevole ha messo a rischio la salute dell'immenso popolo cinese e del mondo. «In questo momento mi sento in colpa, con rimorso e rimprovero», ha dichiarato Ma Guoqiang, segretario del Partito comunista cinese (Pcc) di Wuhan, la massima carica politica locale. La sua ammissione di colpa segue quella arrivata qualche giorno fa da Zhou Xianwang, sindaco di Wuhan che ha confessato di non essere stato autorizzato a parlare pubblicamente del virus fino a gennaio inoltrato, pochi giorni prima della messa in quarantena dell'epicentro del 2019-nCoV. Proprio questo lasso di tempo sarebbe stato cruciale nella diffusione del virus con almeno cinque milioni di persone che sono transitate per Wuhan senza nessuna precauzione. Così, a un mese dal primo allarme al solo Oms, i dati della Commissione sanitaria nazionale (Nhc) cinese comunica quasi 12.000 contagi e 259 morti, con almeno un centinaio di casi nel mondo. Chissà come sarebbero i numeri se il regime di Xi Jinping, invece di arrestarlo, avesse dato ascolto al medico Li Wenliang che aveva condiviso l'allarme a fine dicembre su un gruppo wechat chiamato «University of Whuan, clinic 2004». Il messaggio di Li Wenliang era: «Confermati 7 casi di Sars provenienti dal mercato di frutta e pesce» con tanto di diagnosi e foto dei polmoni di alcuni pazienti. Profetico il posto di un altro medico: «Stai attento, il nostro gruppo wechat potrebbe essere cancellato». Nell'ultimo messaggio di Li c'è la conferma: «Si tratta di coronavirus, ora stiamo cercando di identificarlo, fate attenzione, proteggete le vostre famiglie». Come previsto, invece dei ringraziamenti per aver segnalato il problema, non solo è stata chiusa la chat, ma il 3 gennaio i medico e altri sette colleghi sono stati arrestati per diffusione di «parole non veritiere in rete», comportamento che «ha gravemente disturbato l'ordine sociale», oltre che in violazione della pubblica sicurezza. In realtà, come riporta uno studio di The Lancet della scorsa settimana, dal 1 all'11 gennaio, sui 248 contagiati, c'erano già sette medici, ma ci sono voluti altri 17 giorni prima dell'arrivo, da parte del Comitato di salute cinese, il 20 gennaio, della conferma che il virus può diffondersi da persona a persona. La quarantena è infatti scattata a Wuhan solo il 23 gennaio. È lo stesso Wenliang, ora ricoverato con la famiglia in ospedale perché contagiati da 2019-nCov a pubblicare tutto sul suo blog personale Weibo. La Corte suprema ha ufficialmente scagionato lui e i sui colleghi perché, pur non essendo una notizia corretta (non era Sars), «sarebbe stata una fortuna se la gente li avesse ascoltati». Sui social Li Wenliang è già un eroe nazionale per aver sfidato la censura si Stato: un'impresa che si spera sia coronata dalla sua guarigione.
Luca Casarini. Nel riquadro, il manifesto abusivo comparso a Milano (Ansa)
Quando non è tra le onde, Casarini è nel mare di Internet, dove twitta. E pure parecchio. Dice la sua su qualsiasi cosa. Condivide i post dell’Osservatore romano e quelli di Ilaria Salis (del resto, tra i due, è difficile trovare delle differenze, a volte). Ma, soprattutto, attacca le norme del governo e dell’Unione europea in materia di immigrazione. Si sente Davide contro Golia. E lotta, invitando anche ad andare contro la legge. Quando, qualche giorno fa, è stata fermata la nave Humanity 1 (poi rimessa subito in mare dal tribunale di Agrigento) Casarini ha scritto: «Abbatteremo i vostri muri, taglieremo i fili spinati dei vostri campi di concentramento. Faremo fuggire gli innocenti che tenete prigionieri. È già successo nella Storia, succederà ancora. In mare come in terra. La disumanità non vincerà. Fatevene una ragione». Questa volta si sentiva Oskar Schindler, anche se poi va nei cortei pro Pal che inneggiano alla distruzione dello Stato di Israele.
Chi volesse approfondire il suo pensiero, poi, potrebbe andare a leggersi L’Unità del 10 dicembre scorso, il cui titolo è già un programma: Per salvare i migranti dobbiamo forzare le leggi. Nel testo, che risparmiamo al lettore, spiega come l’Ue si sia piegata a Giorgia Meloni e a Donald Trump in materia di immigrazione. I sovranisti (da quanto tempo non sentivamo più questo termine) stanno vincendo. Bisogna fare qualcosa. Bisogna reagire. Ribellarsi. Anche alle leggi. Il nostro, sempre attento ad essere politicamente corretto, se la prende pure con gli albanesi che vivono in un Paese «a metà tra un narcostato e un hub di riciclaggio delle mafie di mezzo mondo, retto da un “dandy” come Rama, più simile al Dandy della banda della Magliana che a quel G.B. Brummel che diede origine al termine». Casarini parla poi di «squadracce» che fanno sparire i migranti e di presunte «soluzioni finali» per questi ultimi. E auspica un modello alternativo, che crei «reti di protezione di migranti e rifugiati, per sottrarli alle future retate che peraltro avverranno in primis nei luoghi di “non accoglienza”, così scientificamente creati nelle nostre città da un programma di smantellamento dei servizi sociali, educativi e sanitari, che mostra oggi i suoi risultati nelle sacche di marginalità in aumento».
Detto, fatto. Qualcuno, in piazzale Cuoco a Milano, ha infatti pensato bene di affiggere dei manifesti anonimi con le indicazioni, per i migranti irregolari, su cosa fare per evitare di finire nei centri di permanenza per i rimpatri, i cosiddetti di Cpr. Nessuna sigla. Nessun contatto. Solo diverse lingue per diffondere il vademecum: l’italiano, certo, ma anche l’arabo e il bengalese in modo che chiunque passi di lì posa capire il messaggio e sfuggire alla legge. Ti bloccano per strada? Non far vedere il passaporto. Devi andare in questura? Presentati con un avvocato. Ti danno un documento di espulsione? Ci sono avvocati gratis (che in realtà pagano gli italiani con le loro tasse). E poi informazioni nel caso in cui qualcuno dovesse finire in un cpr: avrai un telefono, a volte senza videocamera. E ancora: «Se non hai il passaporto del tuo Paese prima di deportarti l’ambasciata ti deve riconoscere. Quindi se non capisci la lingua in cui ti parla non ti deportano. Se ti deportano la polizia italiana ti deve lasciare un foglio che spiega perché ti hanno deportato e quanto tempo deve passare prima di poter ritornare in Europa. È importante informarci e organizzarci insieme per resistere!».
Per Sara Kelany (Fdi), «dire che i Cpr sono “campi di deportazione” e “prigioni per persone senza documenti” è una mistificazione che non serve a tutelare i diritti ma a sostenere e incentivare l’immigrazione irregolare con tutti i rischi che ne conseguono. Nei Cpr vengono trattenuti migranti irregolari socialmente pericolosi, che hanno all’attivo condanne per reati anche molto gravi. Potrà dispiacere a qualche esponente della sinistra o a qualche attivista delle Ong - ogni riferimento a Casarini non è casuale - ma in Italia si rispettano le nostre leggi e non consentiamo a nessuno di aggirarle». Per Francesco Rocca (Fdi), si tratta di «un’affissione abusiva dallo sgradevole odore eversivo».
Casarini, da convertito, diffonde il verbo. Che non è quello che si è incarnato, ma quello che tutela l’immigrato.
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