Niente price cap. La decisione influirà sui differenziali di prezzo dell’energia tra le economie europee. E a rimetterci sarà l’Italia.
Niente price cap. La decisione influirà sui differenziali di prezzo dell’energia tra le economie europee. E a rimetterci sarà l’Italia.Il Consiglio dei ministri europei dell’energia ha approvato ieri le tre misure tese, nelle intenzioni dichiarate, a ridurre i costi dell’energia. Le disposizioni su cui è stato trovato un faticoso accordo nelle ultime settimane sono le seguenti: sarà introdotta una tassa straordinaria sui profitti delle compagnie che trattano energie fossili, saranno imposte riduzioni dei consumi di energia elettrica (oltre a quelle già decise sul gas) e sarà applicato un tetto ai ricavi dei produttori di energia elettrica che usano fonti diverse dal gas.Dunque tasse, razionamenti e confische: per una istituzione che si dichiara liberale come l’Unione europea davvero non c’è male. Assomiglia molto a una vera economia di guerra. Più che ad abbassare i prezzi, i provvedimenti serviranno soprattutto a trovare soldi per evitare di scassare i bilanci degli Stati. A tal proposito, si potrebbe dire che la coperta è corta, se non fosse che in realtà non c’è nessuna coperta. Dopo l’esuberante iniziativa tedesca, ovvero un tetto al prezzo dell’energia pagato dal governo con 200 miliardi, nella inutilità delle soluzioni di Bruxelles, gli altri governi avranno il coraggio di fare altrettanto?L’effetto delle nuove disposizioni sulla dinamica dei prezzi è tutto da valutare nei reali effetti. Il tetto ai ricavi in particolare forse abbasserà i prezzi medi dell’energia elettrica ma potrebbe far aumentare la differenza tra i prezzi europei, a causa del differente mix di produzione dei singoli paesi.Se uno Stato, come ad esempio l’Italia, produce il 45% dell’energia elettrica con il gas, potrà estrarre una rendita dal restante 55% dell’energia. Un altro Stato che invece , produce con il gas solo il 15% della propria energia potrà estrarre rendite sull’85% dell’energia: molto di più. Per cui il suo prezzo medio sarà più basso di quello italiano. Il vantaggio di questa misura è dunque fortemente disuguale e influirà sui differenziali di prezzo dell’energia tra le economie europee, rendendole più o meno competitive rispetto alle altre. È già così, con l’Italia che quasi sempre ha i prezzi più alti in Europa, ma questo nuovo elemento potrebbe persino peggiorare la situazione. Difficile a dirsi, perché non sono state fatte valutazioni di impatto della normativa.Il tetto al prezzo del gas non si è fatto neppure questa volta. La Commissione è orientata ad applicarlo solo al gas russo, sapendo che ciò avrebbe impatto trascurabile sui prezzi ma decisivo sulla sanzione.L’energia è stata materia esclusiva nazionale, nell’Unione europea, limitatamente al mix di produzione energetica e alla scelta dei fornitori. Le regole di mercato, l’abolizione dei monopoli legali o di fatto, la separazione della catena del valore, le privatizzazioni, tutto è stato deciso a Bruxelles,Si è trattato di un processo lungo, con normative successive che si sono sedimentate nel tempo e che sono state tradotte nelle legislazioni nazionali con più o meno aderenza alle indicazioni europee. Con il Green deal, la Commissione ha imposto la rinuncia esplicita alle fonti fossili, quindi è entrata anche nel merito del mix produttivo.La cosa più preoccupante è che dopo trent’anni di costruzione di un modello, al primo serio shock esterno questo crolla su sé stesso. Il modello crolla perché è disfunzionale sin dall’inizio.La Germania è sotto assedio e reagisce: i due gasdotti che la collegavano alla Russia vengono fatti saltare, l’inflazione tocca il 10%, gli Stati Uniti pressano perché aumenti gli sforzi militari in supporto all’Ucraina, l’inverno in arrivo sarà fatto di razionamento energetico, gli accordi industriali e commerciali con la Russia sono saltati. Mentre il cancelliere Olaf Scholz afferma pubblicamente, con poca convinzione, che la Germania intende sostenere l’Ucraina con tutti i mezzi, par di sentire l’eco del pianto e stridor di denti che arriva dal dispositivo finanziario-industriale tedesco.Alla luce del trascurabile peso delle misure escogitate dall’Unione europea, gli europeisti che oggi strepitano per il presunto strappo tedesco dovrebbe spiegare perché non hanno detto nulla negli ultimi vent’anni a proposito della Francia, dove la compagnia statale Edf è rimasta sostanzialmente il monopolista di Stato e dove la liberalizzazione del mercato energetico (imposta a tutti gli altri paesi) è un pallido simulacro. Chi oggi è affranto per i destini dell’Europa dovrebbe spiegare perché non ha detto nulla quando, sempre la Francia, ha introdotto unilateralmente, otto mesi fa, il tetto agli aumenti delle bollette o quando ha deciso di nazionalizzare la stessa Edf. Difficile persino chiamarlo aiuto di Stato. Sarebbe anche interessante sapere perché nessuno ha alzato un sopracciglio quando Spagna e Portogallo hanno introdotto il loro tetto al prezzo del gas per la produzione termoelettrica, abbassando il costo dell’energia e rendendo quindi più competitive le proprie aziende e meno povere le famiglie. Ieri il ministro Roberto Cingolani ha detto che sui prezzi dell’energia in sede europea «si lavora a un tetto-forchetta». Sembra di tornare alle metafore di Pier Luigi Bersani, a base di tacchini sul tetto e mucche nel corridoio. Piuttosto, sarebbe importante capire per quanto tempo ancora si vuole tenere l’Italia appesa alle non-soluzioni di Bruxelles, e capire perché non si è intervenuti in maniera robusta quando era il momento di farlo, cioè già dallo scorso dicembre, ben prima della guerra in Ucraina.
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