
Tutti gli ultimi divieti di ingresso in acque italiane stilati dal Viminale hanno la firma sua (e di Danilo Toninelli).Si chiama memoria a breve termine, ed è la capacità di ricordare pochissime informazioni per un limitatissimo periodo di tempo. Quel che si sta verificando, in pratica, tra gli esponenti di vertice del Movimento 5 stelle in questi giorni di crisi politica e d'identità. La parola del mese è certamente «umanità», quella che il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha sbandierato nel momento in cui ha ordinato a due unità della Marina militare di scortare, come damigelle d'onore, la Open arms verso l'isola di Lampedusa. «La politica non può mai perdere l'umanità. Per questo non ho firmato», ha spiegato la grillina l'altro ieri a proposito del divieto di ingresso nelle acque territoriali per la nave spagnola vistato dal solo Matteo Salvini. Una improvvisa, subitanea e insospettabile presa di coscienza che l'ha travolta dopo che già in precedenti occasioni non solo aveva controfirmato il decreto anti Ong ma si era addirittura lanciata in una vigorosa arringa in favore delle ragioni del vicepremier leghista. Leggere per credere. È il 10 luglio scorso quando a Palazzo Chigi si tiene un summit tra il premier Giuseppe Conte e i ministri interessati alla gestione del fenomeno. «Lavoriamo tutti insieme per il bene del Paese. È stata una riunione collaborativa e molto interessante», afferma all'uscita la Trenta. «La questione delle migrazioni è un problema, va gestito insieme e il Paese dovrebbe andare tutto nella stessa direzione, senza farne un tema politico». In un crescendo di trasporto, aggiunge pure che la «Libia è un porto che ha caratteristiche particolari, però ci sono delle esagerazioni». «Ieri si è parlato di migranti in pericolo ma quei migranti sono andati via perché l'Iom (l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, ndr) era andata a chiedere di spostare 50 persone. Bisogna guardare tutto con tranquillità, senza polarizzare». E, in effetti, fino al momento della crisi politica innescata da Salvini, la Trenta non aveva polarizzato alcunché. Tra giugno e agosto, per tre volte (Alan Kurdi, Open arms e Sea watch 3), la ministra aveva deciso di appoggiare la linea di fermezza voluta dal Viminale contro i «taxi del mare» vistando il divieto di transito nelle acque secondo quanto previsto dal decreto Sicurezza bis. E, come lei, aveva fatto il collega di partito e di governo Danilo Toninelli, altro convertito sulla via di Damasco. Toninelli addirittura si era autodenunciato, ed era finito indagato, in segno di solidarietà col leader leghista in occasione del ritardato approdo della Sea watch 3, nel gennaio scorso. Stesso comportamento tenuto dal vicepremier Luigi Di Maio e dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Tutti e tre avevano voluto, con quel gesto, rendere collegiali - quindi a nome dell'intero governo - la decisione e la responsabilità politiche di attuare una nuova strategia di contenimento degli arrivi dal Nord Africa anche ricorrendo alla scelta di non far sbarcare immediatamente, per motivi di sicurezza, i migranti dalle navi. Come per Salvini, il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, aveva chiesto l'archiviazione anche per i tre pentastellati.A proposito di Di Maio, ecco quel che diceva nelle dirette Facebook di metà luglio. «Per quanto mi riguarda quando una nave non risponde agli ordini si sequestra, si confisca, la si mette a terra e così la finiamo con questo show». «Qui siamo diventati il palcoscenico del Mediterraneo», attaccava a proposito del traffico marittimo verso Lampedusa, «con navi che ogni giorno vengono a provocare l'Italia perché negli altri Paesi, nonostante le multe - 900.000 euro in Spagna - non fa notizia perché ci sono governi o democratici o legati al Partito popolare [...] Le Ong […] vengono in Italia a sfidare il governo. E perché non vanno a Malta o in Spagna che chiudono i porti?».Ora questa domanda, evidentemente, non gli interessa più.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.