2020-10-11
La stupidità dilaga ma torna utile a tutti: i politici la coltivano, gli artisti la sfruttano
Ennio Flaiano era affascinato dagli sciocchi, Carlo Maria Cipolla li temeva e Leonardo Sciascia ne rimpiangeva la genuinità.La stupidità umana non ha fine. Lo diceva quel genio di Albert Einstein, lo hanno dimostrato i saggi di Bertrand Russell raccolti nel suo Il trionfo della stupidità, lo confermano i politici che ormai se ne fanno un vanto e gli industriali che approfittano di questa condizione umana per riempirsi le tasche. Uno studio norvegese di due anni fa ha rivelato che gli uomini nati tra il 1962 e il 1991 avrebbero perso ben 7 punti di quoziente intellettivo a partire dalla metà degli anni Settanta. Una catastrofe. La colpa, stando ai ricercatori del Ragnar Frisch centre for economic research, va data all'uso eccessivo dei cellulari, dei computer e alla tv popolare. In fondo lo diceva anche Ennio Flaiano, grande ammiratore dell'idiozia: «La stupidità ha fatto progressi enormi. È un sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé». Ricorda Pietro Citati che «per Flaiano, non esisteva nulla di più bello ed affascinante della stupidità; e lui amava ed inseguiva e coltivava gli stupidi, i cretini, gli idioti - la sublime vetta del mondo. Flaiano ne era persuaso ed ossessionato. La stupidità gli bastava - come la scultura bastava ad Antonio Canova, il romanzo storico ad Alessandro Manzoni, le storie terrificanti a Edgar Allan Poe, il romanzo pittoresco a Charles Dickens, la poesia a Emily Dickinson, la filosofia a Hegel». Armand Farrachi nel suo divertente pamphlet pubblicato quest'anno da Fandango, anche questo intitolato Il trionfo della stupidità, sostiene che il continuo dilagare della stupidità sia dovuto anche alla massificazione economica e soprattutto a un'istruzione troppo approssimativa. Fa notare che in Francia «il figlio di un dirigente fa oggi 2,5 volte in più di errori ortografici rispetto al figlio di un contadino cento anni fa» e che le nuove edizioni dei libri di testo sono ormai incomplete: «Si osserva che le conoscenze, per esempio in storia, diventano parziali, non cronologiche, senza connessioni, e creano soprattutto molta confusione». Per farla breve, i giovani di oggi non hanno gli strumenti basilari necessari a formulare un proprio pensiero, hanno grandi difficoltà a stabilire collegamenti, «disturbi della comprensione dovuti all'incultura, alla goffaggine nell'espressione, alla pesantezza di spirito». Ormai, conclude un Farrachi sconsolato, «la parafrasi, un tempo bandita dai commenti, è diventata necessaria per la comprensione dei testi letterari».Farrachi se la prende anche con la classe politica incapace di essere un saldo punto di riferimento. Se un tempo i presidenti delle repubbliche democratiche erano degli intellettuali ,oggi sono per lo più dei laureati in economia che puntano a dirigere lo Stato come fosse un'impresa e tendono a confondere le masse con i numeri, «a servirsi di strumenti digitali invece che dell'eloquenza, a presentare idee con efficacia, piuttosto che con profondità».Più scaltri, gli industriali, che hanno saputo fare dei cretini la loro fonte di ricchezza primaria vendendo una miriade di prodotti che una classe di consumatori un pelino più intelligente disdegnerebbe. Il trucco, secondo il mitico investitore Warren Buffett, sta nel puntare «su un'azienda che può essere gestita da un imbecille, perché prima o poi un imbecille la gestirà». L'economista Carlo Maria Cipolla s'è accollato la briga di redigere Le leggi fondamentali della stupidità umana. Cinque semplici norme che regolano un vero e proprio esercito di imbecilli perché, come dice la prima legge, «sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione». Ne erano convinti anche l'ex cancelliere tedesco Konrad Adenauer - che sosteneva che certa gente avesse fatto la fila tre volte quando s'era trattato di distribuire la stupidità - e Cicerone che dall'urbe, lanciò per primo il grido d'allarme: «Stultorum plena sunt omnia», gli stolti sono ovunque. Leonardo Sciascia rimpiangeva i buoni vecchi cretini di un tempo: «È ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia cretino. Ma di intelligenti c'è sempre stata penuria; e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto ci assalgono tutte le volte che ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh, i bei cretini di una volta!».Nel 1850, durante il suo viaggio in Egitto, Gustave Flaubert, autore tra l'altro di un vero e proprio trattato sulla stupidità dal titolo Bouvard et Pécuchet, scriveva: «Avete riflettuto qualche volta, caro vecchio compagno, sulla serenità degli imbecilli? La stupidità è qualcosa di incrollabile, niente può attaccarla senza spezzarsi contro di essa. Ha la natura del granito, dura e resistente. Ad Alessandria, un certo Thompson, di Sunderland, ha scritto sulla colonna di Pompeo il suo nome in lettere di sei piedi di altezza. Si legge a un quarto di lega di distanza. Tutti gli imbecilli sono, chi più chi meno, dei Thompson di Sunderland. Quanti nella vita ne incontriamo nei posti più belli e dalle angolature più pure! E poi vi travolgono sempre; sono così numerosi, così felici, si ripresentano così spesso, hanno una salute così buona!».Più clementi verso gli stolti erano Seneca e Orazio. Per loro mescolata in giuste dosi alla saggezza, la stupidità diventava una condizione piacevole. Johann Kaspar Lavater riconosceva uno stupido al primo colpo d'occhio. Nel suo trattato sulla fisiognomica, per il quale si avvalse anche della collaborazione di Johann Gottfried Herder e Johann Wolfgang Goethe, faceva di tutti gli sciocchi un fascio: «Ogni viso è stupido di natura quando la sua fronte è notevolmente più corta del naso, misurato dalla fine della fronte, pur avendo la massa morbida e perpendicolare delle guance la stessa lunghezza. Stupido anche il viso la cui bocca di profilo è così larga che la distanza dell'occhio calcolata dalla palpebra superiore fino al culmine della bocca, corrisponde soltanto al doppio della sua larghezza». E ancora: «Quanto più è ottuso l'angolo che si forma tra il contorno dell'occhio e la bocca, osservati di profilo, tanto più debole e sciocco è l'uomo».Per Carlo Maria Cipolla, il vero sinonimo della stupidità è pericolosità: «Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita». In pratica lo sciocco è il tipo di persona più pericolosa che esista, più stupido di un bandito, che danneggia ma almeno ne trae un vantaggio. Sosteneva Bertrand Russell che il problema dell'umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. Giorgio Manganelli nella stupidità ci vedeva una sua «gloria», quella di chi sa di non sapere. Sulla stupidità anche Robert Musil ha detto la sua: «Non esiste una sola idea importante di cui la stupidità non abbia saputo servirsi, essa è pronta e versatile e può indossare tutti i vestiti della verità. La verità invece ha un abito solo e una sola strada, ed è sempre in svantaggio».In sintesi all'idiozia non c'è rimedio. Anche perché conviene a tutti. Conclude Armand Farrachi: «Conviene ai politici, che grazie a essa possono dirigere un popolo ai cui occhi bugie enormi riescono a passare per verità. Conviene ai giornalisti, messaggeri di una verità ufficiale. Conviene ai mediocri artisti che si sono avventati come cavallette e che potranno più facilmente essere presi per geni, come ci confermano le opere d'arte che ornano le rotatorie francesi o le scene teatrali che sfigurano capolavori con la scusa di “rivisitarli"». Come dicevano Edmond e Jules de Goncourt: «Quel che al mondo ascolta più stupidaggini è forse un quadro da museo».
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