2018-11-25
La stella danzante di Nietzsche brilla nel fumetto scritto dal ribelle Onfray
Arriva in Italia la graphic novel firmata dal celebre filosofo francese sulla tormentata esistenza del grande pensatore tedesco. Che riprende vita grazie agli eleganti disegni di Maximilien Le Roy. Le sue bellissime tavole, così eleganti ed essenziali, hanno il merito di farci vedere, o quanto meno intravedere, l'esteriorità di questa grande opera alchemica, pure in gran parte celata.La vita di Friedrich Wilhelm Nietzsche rappresenta, per i suoi interpreti, un enigma la cui decifrazione appare ardua tanto quanto quella dei più ermetici aforismi ritrovati tra le sue carte sparse. A cominciare da quella malattia infinita, sfibrante, misteriosa, così sfuggente da sembrare, a volte, immaginaria, o quanto meno psicosomatica, eppure così reale, così carnale, così lacerante da inverarsi infine nella catastrofe, nel cortocircuito torinese su cui tanto si è scritto. Quale male ha torturato l'esistenza del più grande genio della modernità? E che rapporto intrattiene tale sofferenza con la sua opera? Domande legittime soprattutto per quel pensatore che più di altri ha indagato genealogicamente il nesso tra corpo (biologico) e corpus (dottrinario), scorgendo nelle teorie filosofiche le secrezioni di membra vigorose o estenuate, di stomaci attivi o pesanti, di gambe allenate o flaccide.Nella sua discussa e discutibile biografia nietzscheana, Massimo Fini ha tentato di risolvere il rompicapo affidandosi alla spiegazione semplicistica della proiezione psichica: Nietzsche avrebbe messo su carta tutto quello che egli non era e non riusciva a essere nella vita vera. L'eternamente cagionevole ha così potuto cantare l'esuberanza della grande salute; il corteggiatore imbranato e timorato, l'innocente sensualità pagana; il goffo secchione, l'affermazione guerriera. Si tratta di una spiegazione che centra alcuni tratti della parabola nietzscheana, ma a cui sembra costantemente sfuggire l'intero, l'essenza, la chiave in grado di aprire lo scrigno di Zarathustra. Tra la notte della sofferenza dell'uomo e l'alba visionaria della profezia, c'è infatti il lavorio nascosto di un sole spirituale che ancora ci sfugge. Siamo quindi ancora qui a chiederci come sia stata possibile, per esempio, un'opera come il Così parlò Zarathustra, poema filosofico che non ha eguali nel pensiero moderno e che sembra dettato, nella sua forma già perfettissima, da un qualche genio personale, evocato dal filosofo a costo di uno struggimento sacrificale di sé. Le bellissime tavole di Maximilien Le Roy, così eleganti ed essenziali, hanno il merito di farci vedere, o quanto meno intravedere, l'esteriorità di questa grande opera alchemica, pure in gran parte celata. Le tinte pastello dei paesaggi autunnali e nordici che cedono il passo alle esplosioni psichedeliche delle crisi, i morigerati costumi borghesi che cadono di fronte a quel demone scapigliato e che si piega in due su taccuini in cui riversa visioni e lampeggiamenti d'avvenire - è uno spettacolo vedere Nietzsche in azione, il pensiero nel suo forgiarsi. E pazienza per qualche scelta esteticamente ripugnante, come quello Zarathustra che sembra un bagnino rasta in cerca di turiste inglesi in un rave a Goa, anziché il custode dei fuochi sacri dell'antica Persia, dove lo andò a pescare Nietzsche per dare un nome al suo legislatore di domani.Il Nietzsche di Le Roy parla pochissimo: per lo più ascolta, pensa, osserva, cammina, scrive, soffre, grida, piange, fa persino sesso, esperienza che nella realtà non è affatto certo abbia provato. Quando parla, però, è Michel Onfray a prestargli le parole. Deve essere stato un bello sforzo, per questo anarchico proudhoniano dall'ego debordante, adattarsi alla scarna essenzialità dello stile di Le Roy. Polemico, esuberante, narcisista, Onfray gioca infatti da tempo il ruolo del guastatore all'interno dell'intellighenzia progressista francese, sfruttando la sua indubitabile provenienza gauchiste. [...] Un atteggiamento tanto impertinente da meritare il richiamo dell'allora premier francese Manuel Valls, che lo bacchettò per aver flirtato con Alain de Benoist: «Quando un filosofo conosciuto e apprezzato da molti francesi, Michel Onfray, spiega che Alain de Benoist, che era il filosofo della Nouvelle droite negli anni Settanta e Ottanta, che in una certa maniera ha fabbricato la matrice ideologica del Front national, con il Club de l'Horloge e il Grece, […] alla fin fine vale più di Bernard-Henri Lévy, questo vuol dire che si sta perdendo la bussola», disse Valls in un'intervista.Ma Onfray è anche un pensatore umorale, capriccioso, oltre che estremamente vanesio. Quasi tutte le sue opere iniziano con lunghi capitoli autobiografici, in cui il filosofo descrive le proprie origini contadine, l'educazione in un collegio con dei preti dalle mani troppo lunghe, la propria scoperta del sesso e così via, in un interminabile monumento a se stesso. Eccolo, di nuovo, il confronto tra corpo e corpus.Onfray si è occupato anche di Nietzsche, ovviamente. Lo ha fatto nel volume Nietzsche e la costruzione del superuomo. Non la sua miglior prova, né una pietra miliare degli studi nietzscheani in generale. Il filosofo tedesco, attraverso la penna del francese, diventa un pensatore libertario, nemico giurato dei monoteismi, propugnatore di un «senso della terra» declinato in chiave materialista.Manca del tutto, in Onfray, e in parte manca anche nella graphic novel di Le Roy (dove tuttavia tale assenza è più giustificata), la parte del progetto di civiltà nietzscheano, progetto che, come ha mostrato in modo esaustivo Domenico Losurdo qualche anno fa, è anche e soprattutto politico. Una politica che certo non si può ridurre agli sproloqui di qualche nazista hollywoodiano, ma la cui portata disturbante, per la sensibilità sociale contemporanea, andrebbe comunque presa totalmente in carico da qualsiasi interprete che non voglia ridursi a glossatore di quella «ermeneutica dell'innocenza» (l'espressione è sempre di Losurdo) che qualche decennio fa volle convincerci che Nietzsche fosse un chierichetto della democrazia o addirittura del socialismo. Piaccia o non piaccia, non era così.