«Nel 2017 i soldi per la sanità aumenteranno e non ci saranno interventi sui pacchetti di sigarette. Il ministro della Sanità chiede sempre dieci, poi se ottiene uno non è che ha avuto un taglio, ha avuto uno». Niente tagli, quindi, ha promesso Renzi su Rai 1 pochi giorni fa. Poi però se si va a grattare sotto la patina degli annunci si scopre che per i Lea, i livelli base dell'assistenza, cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento del ticket, sono a rischio.
Il refrain governativo è il solito: il Fondo sanitario nazionale che oggi vale 111 miliardi salirà a 113. E invece non è così, non aumenterà, perché Renzi dà un'elemosina che è sempre meno della reale necessità, ma soprattutto perché la sanità non può essere esente dalla spending review. E lo sanno bene anche le Regioni che devono far ancora quadrare i conti per le nuove prestazioni sanitarie varate a giugno, i Lea appunto. Un tempo si chiamavano livelli «minimi» oggi sono ridotti all'essenziale e riguardano l'assistenza ospedaliera, la farmaceutica, la specialistica, l'assistenza di base, i vaccini, le protesi, la prevenzione collettiva.
Palazzo Chigi per i Lea quest'anno ha stanziato a copertura 800 milioni - anche se le ultime stime (l'ultima volta erano stati ridefiniti nel 2001) sul loro fabbisogno erano arrivate a quota 3 miliardi - sostenendo che gli oltre due miliardi mancanti andranno trovati estendendo i ticket, ricorrendo alle gare di acquisto e soprattutto applicando rigorosamente l'«appropriatezza». Epperò più che ai medici bisognerebbe chiedere al Rottamatore che intende per appropriatezza: costringere i medici ad adeguarsi alle linee guida malgrado i bisogni dei malati, o adeguare le cure alla compatibilità economica fregandosene dei malati?
Tornando ai sottofinanziati Lea, considerate la longevità del popolo italiano e la forte denatalità, tanto da far pensare a un ridicolo fertility day, i più penalizzati saranno gli anziani, fragili e vulnerabili, i «millennial», la generazione nata tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni del Duemila, eroi della precarietà, i disoccupati e quelli che non possono permettersi di ricorrere alla sanità privata (cresciuta nel frattempo del 3,2%). Per il Censis, infatti, ci sono 11 milioni di italiani fuori dalle cure mediche per povertà, malgrado abbiano necessità di farmaci, visite o accertamenti diagnostici e soprattutto cure dentistiche. Insomma, meno soldi alla sanità, meno attenzione al fabbisogno della gente, scaricando tutto il peso sulle Regioni che continuano a chiedere quei 2 miliardi, non pervenuti, legati al Fondo sanitario nazionale. La Lorenzin assicura battaglia visto che sono garantiti dal Def e comunque, quegli 800 milioni «ci sono e ci saranno anche l'anno prossimo perché sono una misura strutturale e non una tantum ma soprattutto le Regioni potranno aumentare le risorse all'interno del Servizio sanitario nazionale grazie ai risparmi che si faranno con le centrali di acquisto».
Un esempio di risparmio, secondo il governo, arriverà dalla mitica siringa che dovrà diventare nazionale, cioè costare da Udine a Lampedusa, lo stesso prezzo. Tanta retorica più che vero risparmio, considerato che il costo delle siringhe nel bilancio della sanità italiana rappresenta lo 0,02 per cento dei costi. Al confronto di nuove terapie, nuove esigenze sociali, nuove tecnologie e nuove malattie, per le Regioni le siringhe restano briciole mentre due miliardi sono montagne. Il più soddisfatto, però, è il presidente della rossa Emilia-Romagna e presidente della conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini: «Abbiamo alzato il livello della tutela della salute: questo, di fatto, significa l'approvazione dei nuovi Lea. Un provvedimento molto atteso perché ha a che fare con i diritti dei cittadini e che necessita ora di una sostenibilità economico-finanziaria pluriennale». Altri tempi, quando il presidente era Errani e chiedeva sempre meno tagli e più finanziamenti...
Ecco, l'intesa e l'unanimità dei presidenti sul provvedimento è preoccupante: con altri governi avrebbero alzato le barricate chiedendo risorse ed opponendosi a tagli e aumenti di ticket. Oggi non si rendono conto, però, che senza risorse, col «marchese» fiorentino rischiano il commissariamento.
E' il capolavoro sanitario del governo: adeguare i livelli di assistenza non per dare di più, ma per dare di meno e operare un taglio drastico dei consumi facendo spazio a mutue e assicurazioni sul modello americano.
Sul modello liberista, di sinistra, di Matteo Renzi.