- «La ri-Stampa» per il secondo giorno di fila spaccia come proprio uno scoop della «Verità». Lo scopo è sempre quello: attaccare Matteo Salvini giocando sulle date. «Repubblica» invece parla di telefonate tra Silvio Berlusconi e l’ambasciatore russo e si becca una smentita da levare la pelle.
- Il quotidiano si accorge dei clandestini per dar la colpa a Vladimir Putin. Intanto i dem stravolgono in Aula la linea di Minniti sulla Libia.
«La ri-Stampa» per il secondo giorno di fila spaccia come proprio uno scoop della «Verità». Lo scopo è sempre quello: attaccare Matteo Salvini giocando sulle date. «Repubblica» invece parla di telefonate tra Silvio Berlusconi e l’ambasciatore russo e si becca una smentita da levare la pelle. Il quotidiano si accorge dei clandestini per dar la colpa a Vladimir Putin. Intanto i dem stravolgono in Aula la linea di Minniti sulla Libia.Lo speciale contiene due articoliIn Italia è nato un nuovo modello di giornalismo investigativo basato su inchieste di riporto. Ecco le semplici regole: leggere le esclusive della Verità, cercare qualche pezza o qualche fonte che li confermi, ripubblicarli praticamente tali e quali qualche settimana dopo, ma con titoli a caratteri cubitali così da suscitare un’«eco assai maggiore», come ha evidenziato qualcuno. Avvalorando la tesi che, in un mondo di lettori distratti, non è importante se la notizia sia nuova, ma quanto sia strillata. Una lezione confermata dai pigri redattori di siti e tv che in questi giorni hanno rilanciato a più riprese i presunti «scoop» della Stampa sugli abboccamenti di Matteo Salvini e del suo ex consigliere per i rapporti internazionali, Antonio Capuano, con l’ambasciata russa. E poco importa che qualcuno possa accorgersi delle scopiazzature, tanto, come recita il vecchio adagio, non esiste niente di più inedito di quanto già edito. Il Pulitzer di questo nuovo tipo di giornalismo è Jacopo Iacoboni, arcigna firma atlantista in servizio permanente effettivo contro l’invasore fu bolscevico. Se ci fosse una guerra in Corea lui sarebbe embedded a Seul, se ci fosse un nuovo Vietnam, lui invierebbe febbrili reportage da Hanoi, se qualcuno rialzasse la cortina di ferro lui scriverebbe accovacciato ai bordi del ponte di Glienicke, meglio conosciuto come Ponte delle spie, in stile Montanelli con una Lettera 22 sulle ginocchia.Non è un mestiere trascurabile quello del defensor libertatis a mani nude. E lui si applica moltissimo. Usando per i suoi pezzi qualunque cartuccella gli si passi sottobanco. È stato foraggiato dalla Bestia renziana quando Renzi era un baluardo anti Putin e filo Obama con posto nel cda di una società moscovita. Ma quando si è interrotto il flusso informativo che partiva da Rignano sull’Arno, il nostro paladino dei valori occidentali ha iniziato a cercare veline altrove. Rischiando qualche inciampo.Come gli è accaduto l’altro ieri, quando ha riferito baldanzoso di aver «visionato documenti di intelligence» sui legami tra Salvini, Capuano e i russi. Subito il sottosegretario con delega ai servizi segreti Franco Gabrielli ha bollato come «prive di ogni fondamento le indiscrezioni apparse sul quotidiano La Stampa, in merito all’attribuzione all’Intelligence nazionale di asserite interlocuzioni tra l’avvocato Capuano e rappresentanti dell’ambasciata della Federazione Russa in Italia, per far cadere il governo Draghi».Ma la smentita di Gabrielli («scontata» per il direttore del quotidiano torinese Massimo Giannini) si presta a varie interpretazioni. Ha negato l’esistenza di intercettazioni o il significato che ne ha dato La Stampa?A noi pare che escluda che la crisi di governo sia mai stata tema di discussione con i diplomatici russi.Di fronte alla rettifica di Gabrielli, il quotidiano torinese ha dovuto innestare la retromarcia, che ha aggiustato il tiro più sul contenitore che sul contenuto: «I dettagli sugli incontri e sulle conversazioni tra Kostyukov (Oleg, importante funzionario dell’ambasciata russa a Roma, ndr) e Capuano sono contenuti in documenti informali di sintesi del lavoro di intelligence comunicato a suo tempo ai competenti livelli istituzionali» ha vergato Giannini.«Documenti informali di sintesi», in pratica veline compilate con l’inchiostro simpatico, riassunti di ipotetici colloqui probabilmente mai trascritti in modo ufficiale. In sostanza annotazioni fantasma inutilizzabili. Ma Iacoboni, ieri, ha proseguito nella sua opera di «scoopista del mese dopo» e ha offerto ai suoi lettori un’altra notizia pubblicata l’11 giugno sulla Verità.Se possibile con un titolo («Lega, da Mosca a Pechino») sparato a caratteri ancor più grandi di quelli usati due giorni fa. A cui seguiva questo sottotitolo: «Nuove rivelazioni segrete nelle sintesi dei documenti degli 007. I contatti dell’emissario di Salvini con l’ambasciata a Roma. Progettava una missione in Cina di ritorno da viaggio in Russia».Nel corpo dell’articolo era riportato quanto segue: «Nell’aprile 2022 Capuano si sarebbe confrontato con il capo della sezione politica dell’ambasciata cinese in Italia, Zhang Yanyu, proprio “per riferirgli di una missione programmata dal leader della Lega a Mosca dal 3 al 7 maggio, finalizzata a incontrare Istituzioni, Ministro degli esteri e Presidente russi”. I cinesi insomma vengono a sapere della possibile missione russa (inizialmente prevista a inizio, non a fine maggio) di un membro decisivo della maggioranza Draghi, quando ancora lo stesso premier italiano non ne è informato. Russia e Cina, separatamente, sanno, Italia no».Una considerazione quasi certamente errata visto che Capuano, mentre quei fatti accadevano, era monitorato dalla nostra intelligence, a causa dei suoi rapporti con spie di Mosca.Comunque noi, l’11 giugno, avevamo offerto ai nostri lettori informazioni più dettagliate sui rapporti tra la Lega e l’ambasciata cinese mediati da Capuano. Avevamo ricordato che pochi giorni dopo l’intervento a favore di Taipei del parlamentare del Carroccio Paolo Formentini, che era riuscito a far approvare una mozione a favore dell’isola secessionista, «il capo della sezione pubblica dell’ambasciata cinese in Italia Zhang Yanyu si sarebbe lamentato con Capuano per l’associazione fatta da Formentini tra Taiwan e l’Ucraina, un parallelismo che non sarebbe per nulla piaciuto nemmeno al ministero degli Esteri di Pechino». Quindi avevamo aggiunto un capitoletto, anticipando di quaranta giorni lo «scoop» della Stampa, sul possibile ruolo dei diplomatici cinesi nella delicata trasferta russa di Salvini. Leggiamo: «A inizio marzo Capuano avrebbe fatto incontrare Salvini, che per mesi aveva attaccato la Cina su temi come il 5G, con Zhang e con l’ambasciatore Li Junhua per iniziare un avvicinamento tra la Lega e il Paese del Dragone. E quando Salvini ha deciso di andare in visita a Mosca Capuano ha subito coinvolto i diplomatici cinesi di stanza a Roma». A onor del vero Iacoboni ha riferito anche questo: «Capuano si muove “chiedendo al diplomatico cinese la possibilità di organizzare, prima di rientrare dalla Russia, un incontro a Pechino con il Ministro degli esteri cinese, Wang Yi” […] Capuano è così interessato anche a una sorta di coinvolgimento dei cinesi, da proporre di superare eventuali restrizioni dovute alla pandemia organizzando l’incontro da remoto, nella sede dell’ambasciata cinese». Peccato che pure questa parte fosse già stata anticipata dalla Verità: «Capuano a fine aprile ha anche sondato la possibilità di organizzare dopo la visita a Mosca e prima di rientrare in Italia, un incontro a Pechino per Salvini con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi per portare avanti l’ambizioso piano di pace del leader leghista. Un meeting che, vista l’emergenza Covid, si sarebbe potuto anche tenere da remoto da Roma».E avevamo arricchito la notizia con questo particolare: «Addirittura è stata accarezzata l’ipotesi di tenere un tavolo di pace tra russi e ucraini in Italia, presso l’ambasciata cinese della Capitale».Qualcuno obietterà che Iacoboni, a proposito delle trattative con l’ambasciata russa, ieri abbia riportato un ulteriore passaggio del presunto brogliaccio in suo possesso. Questo: «In aggiunta Capuano auspicherebbe anche un possibile incontro di Salvini con il presidente Putin, sempre nella giornata del 31 maggio».Mentre leggevamo, abbiamo avuto un déjà vu. Forse perché sulla Verità del 10 giugno avevamo scritto: «Capuano, in aggiunta, avrebbe auspicato anche un possibile incontro di Salvini con il presidente Putin sempre nella giornata del 31 maggio».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-stampa-ci-copia-pure-sui-cinesi-e-corregge-la-sua-versione-sulle-fonti-2657778555.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="repubblica-scopre-il-legame-tra-migranti-e-mosca-solo-al-voto" data-post-id="2657778555" data-published-at="1659140426" data-use-pagination="False"> «Repubblica» scopre il legame tra migranti e Mosca solo al voto Il quotidiano più vicino ai desiderata del Pd, La Repubblica, ieri ha scoperto nell’ordine, il rischio immigrazione dalla Libia, la presenza dei mercenari russi del gruppo Wagner in Cirenaica e, terzo, la correlazione diretta tra l’instabilità causata dai russi (in compagnia dei turchi e degli egiziani) e l’aumento dei flussi di profughi o semplici immigrati economici. Verrebbe da dire evviva, se non fosse che la scoperta non è certo un rinsavimento sul piano geopolitico o tanto meno una preoccupazione per la sicurezza nazionale. La ragione della scoperta è di natura elettorale. Un modo per attaccare il centrodestra e tutelare il Pd. L’articolo pubblicato ieri non si limita a riportare i fatti, tra l’altro parziali, ma ha l’obiettivo chiaro di dimostrare che i russi iniziano a dar fastidio ora perché vogliono destabilizzare Tripolitania e Cirenaica, fare in modo che l’Italia subisca nuove ondate migratorie e quindi spingere per un governo di centrodestra che finirà poi con il favorire le mire di Vladimir Putin. I nessi logici non sono però il forte di Repubblica. Da un lato, i giornalisti ricordano che gli alert dell’intelligence sono di mesi fa, mentre si omette che il tentativo di destabilizzazione dei russi è ben precedente, si rivolge all’intero Sahel e quindi punta a tutta l’Europa. dagli al centrodestra Si dà infatti per scontato l’idea che aumentare gli immigrati aiuti la campagna elettorale di Matteo Salvini, cosa che di per sé potrebbe essere vera, ma all’interno del medesimo articolo si lancia l’allarme sulla bocciatura in Parlamento del rinnovo dell’accordo tra Roma e Tripoli per il rifinanziamento della Guardia costiera libica. Poco più di 12 milioni di euro che rappresentano però ancora oggi uno dei tasselli della dottrina Minniti, l’uomo forte della sicurezza nei governi di sinistra, ora presidente di Med-Or. A bocciare il rifinanziamento della Guardia costiera e la dottrina Minniti è stato però il Pd. Con il risultato che uno dei pochi ganci diretti tra la politica italiana e quella libica si scioglierà da qui alle prossime settimane, lasciando spazio di manovra diretta ai turchi (che subentrereranno nel finanziamento delle motovedette) e indiretta proprio agli uomini di Wagner in Libia, che avranno ancor meno freni nella marcia di conquista dell’ex Jamahiriya. Sia Erdogan che Putin hanno interesse a vedere una Libia divisa e ad assistere a un aumento dei flussi migratori. Questo è il punto di fondo. E trattare il tema solo per motivi elettorali non aiuterà in alcun modo il nostro Paese. Stupisce infatti anche la risposta dei vertici leghisti al pezzo di Repubblica. guerra sui dati Il sottosegretario Nicola Molteni ha replicato: «Al 29 luglio 2022, gli sbarchi in Italia di migranti provenienti dalla Libia sono stati 21.507. Di questi, meno di 4.000 arrivano dalla Cirenaica, gli altri dalla Tripolitania. Da un anno a questa parte, ovvero dalla seconda metà del 2021, sulla base delle interviste fatte ai migranti che sbarcano in Italia, si assiste a un lieve incremento degli arrivi dalla Cirenaica». In poche parole, non ci sono i russi dietro l’aumento. A rincarare anche un comunicato di Matteo Salvini. «Molteni, dati alla mano, smentisce la notizia riportata con grande evidenza da un quotidiano a proposito di immigrazione verso l’Italia e influenza della Russia. Lamorgese deve decidere: smentisce il suo sottosegretario, oppure smentisce il quotidiano che scrive una notizia molto preoccupante per la sicurezza del nostro Paese?». Purtroppo la situazione è molto più complessa. Basti pensare che la principale base dei russi non è più in Cirenaica, ma esattamente al centro del Paese magrebino. Lo scorso autunno, il presidente del Consiglio Supremo, Khalid Al Mishri, dichiarava apertamente che I mercenari Wagner dopo aver portato qualcuno al potere nella Repubblica Centrafricana hanno cercato di catturare la Libia centrale dal Ciad. Al momento», sosteneva, «ci sono più di 7.000 elementi russi in Libia e hanno aerei. Stanno scavando anche trincee a Sirte e ad Al Jufra. Ci sono 30 jet in una delle più grandi basi aeree, Gardabiya, che viene utilizzata anche come aeroporto civile a Sirte e nella base aerea di Jufra». Un report Onu dello scorso anno riportava la notizia del ritrovamento di un tablet di un mercenario russo. Tra i file conteneva anche un elenco di articoli richiesti, tra cui droni e carri armati. Questi sono i mezzi usati. Lo schema è semplice. Intensificare gli scontri da un lato perché i migranti vadano dall’altro e poi coordinare le mosse di chi gestisce i centri di detenzione e i trafficanti di esseri umani. i fan di obama e sarkozy La Verità si occupa del tema da diversi mesi. La cacciata dei francesi dal Mali ha un mandante preciso: la Russia. Le missioni italiane e tedesche in Mali e in Niger sono di fatto nel congelatore. Sempre per via dell’avanzata russa (con il sostegno logistico dei cinesi). Per riconquistare la Libia bisogna partire dal Sahel. Servirà per stabilizzare i flussi migratori e perimetrare le risorse di gas. Purtroppo più tempo si attende più si rischierà uno scontro militare anche con i nostri uomini. Fa solo sorridere - per usare un eufemismo - che i giornali progressisti si interessino dell’immigrazione solo in tempo di voto e per scagliarla contro il centrodestra. Anche se, a onor del vero, un elemento di coerenza c’è. Sono gli stessi giornali che hanno incensato le primavere arabe, la dottrina Obama e quella Sarkozy. L’origine dei mali del Maghreb e il vero assist ai russi e ai turchi.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.