2019-04-11
La soluzione di Tria faceva acqua. Rinviati di nuovo i soldi agli sbancati
Dopo gli annunci giulivi del Mef, il governo ha bloccato i rimborsi. Il motivo? Lo schema, elaborato in modo da non scontentare l'Ue, escluderebbe chi ha acquistato i titoli sul mercato secondario: metà delle «vittime».Sembrava tutto fatto, e invece martedì sera scorso si è materializzata un'altra doccia fredda per gli sbancati, che hanno assistito all'ennesimo rinvio del decreto attuativo necessario per avviare i risarcimenti a loro favore. Va detto che lo stanziamento (consistente, peraltro: un miliardo e mezzo) è stato già fatto in legge di bilancio, ormai più di tre mesi fa: ma, come La Verità ha spiegato molte volte, tutto rimane bloccato in assenza di un mini provvedimento di attuazione, che anche l'altra sera il Consiglio dei ministri ha però deciso di far slittare. Dopo le tensioni che tutti ricorderanno, si era giunti nel fine settimana passato a un'intesa sostanzialmente accettata da tutti i protagonisti politici (il ministro Giovanni Tria, il premier Giuseppe Conte, Lega e M5s), e l'ipotesi era stata illustrata lunedì in un ampio incontro con le associazioni dei risparmiatori danneggiati, 17 su 19 delle quali - alla fine - avevano detto sì (ma torneremo tra poco sul punto). E qual era la soluzione che sembrava ormai acquisita? Non un automatismo totale, come era stato ipotizzato in prima battuta dai grillini, ma comunque un compromesso che il Mef si affannava a descrivere come più che accettabile. Copertura e ristoro immediato per circa il 90% dei danneggiati (relativi ai crac di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, più CariChieti, CariFerrara, Banca Etruria e Banca Marche). Indennizzo immediato e automatico per chi abbia un imponibile Irpef inferiore ai 35.000 euro annui o beni mobili sotto i 100.000 euro. Ristoro pari al 30% del prezzo delle azioni e al 90-95% di quello delle obbligazioni. Per chi invece superasse quelle soglie di reddito o di patrimonio, necessità di un arbitrato: reso tuttavia più semplificato e rapido - si assicurava - dalla cosiddetta «tipizzazione» delle situazioni predisposta dal Mef e destinata ad essere usata come griglia valutativa dalla commissione che, nell'ambito del ministero dell'Economia, sarà chiamata a esaminare i casi. Per questa strada - era la tesi del Mef - si sarebbe per un verso accontentata Bruxelles, senza tuttavia entrare nel tunnel dell'analisi di ogni singolo e specifico caso. Notoriamente, infatti, l'ipotesi preferita dai commissari Ue Margrethe Vestager e Valdis Dombrovskis sarebbe stato un accertamento individuale per arrivare alla certezza della «vulnerabilità» dell'investitore danneggiato, della sua non consapevolezza del livello di rischio: prova che - se richiesta caso per caso - sarebbe stata quasi un esercizio diabolico. Tria e i suoi - questa la versione più volte veicolata dal Mef - erano riusciti a passare tra Scilla e Cariddi: e cioè a far contenta Bruxelles e al tempo stesso, con l'escamotage delle tipizzazioni, a evitare le strettoie e il calvario dell'analisi dei casi singoli. Ancora 48 ore fa, in un'intervista a Repubblica, lo stesso Tria aveva rivendicato l'intesa, perfino mostrando di togliersi qualche sassolino dalle scarpe, e intestandosi la soluzione. Resta da capire perché - se tutto andava bene come il capo del Mef sosteneva - ci si sia fermati, almeno per il momento. La spiegazione raccolta dalla Verità attraverso una fonte qualificata e di primo piano è che le cose non siano affatto così semplici come qualcuno le aveva descritte. Primo: è vero, 17 su 19 tra le associazioni dei risparmiatori avevano alla fine dato il proprio assenso nel corso della riunione di lunedì, ma le due rimaste scontente sono fra le più rappresentative e combattive, e molte altre fra le 17 hanno accettato solo perché - in alternativa, nel caso di un meccanismo di ristoro automatico - era stata loro prospettata la via crucis di una procedura d'infrazione Ue contro l'Italia. E, a quel punto, addio risarcimento. Secondo: c'è il rischio che coloro che hanno acquistato sul mercato secondario possano non rientrare nel meccanismo di risarcimento. Terzo: non c'è certezza sull'efficacia delle «tipizzazioni» finora abbozzate. E (soprattutto) quarto, argomento decisivo: a questo punto c'è da dubitare sul fatto che possa davvero essere soddisfatta, attraverso l'ipotesi Tria, la platea del 90% dei truffati. C'è il rischio che l'ombrello - alla fine della fiera - si riveli molto più piccolo, lasciando insoddisfatto un numero consistente di risparmiatori danneggiati. Se - per assurdo - saltasse la copertura per il mercato secondario, la platea potrebbe perfino arrivare a rischio di dimezzamento. Ecco perché il governo avrebbe deciso di prendersi qualche giorno in più: per verificare bene, e magari per valutare se non sia il caso di allargare, e quindi di rendere più ampia e flessibile, l'ipotesi annunciata lunedì alle associazioni. Fonti ufficiali del Mef, pure interpellate dalla Verità, gettano acqua sul fuoco. Sottolineano che nel Def non doveva esserci nulla, e che la norma troverà regolarmente posto nel decreto Crescita. Che però - non a caso - deve ancora essere bollinato… La realtà è che tutto può permettersi la maggioranza, tranne che lasciare insoddisfatti gli sbancati, e prolungare l'insopportabile rosario delle illusioni che tuttora sono imputate ai governi di centrosinistra.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)