2024-12-10
La sinistra ha un nuovo leader: il tartassatore dei contribuenti
Ernesto Maria Ruffini indicato come federatore del campo largo. Padrini (Mattarella e Prodi) e appoggi (in Vaticano) giusti: mancano i voti, che però qui spesso sono un dettaglio. Ma la vera domanda è: come fa a restare al suo posto?A quanto pare abbiamo un nuovo Prodi. O per lo meno c’è qualcuno che si crede tale e perciò si atteggia a futuro leader del campo largo, versione moderna dell’Ulivo con cui nella seconda metà degli anni Novanta i post-comunisti conquistarono per la prima volta Palazzo Chigi. Il nuovo professor Mortadella risponderebbe al nome di Ernesto Maria Ruffini. Vi state chiedendo chi sia costui, dato che il suo nome non vi dice nulla? Beh, sappiate che da almeno cinque anni è l’uomo che guida l’Agenzia delle Entrate, ovvero il braccio armato del ministero delle Finanze. Le letterine che in questi giorni vengono recapitate per sollecitare l’adesione al concordato, minacciando in caso di diniego possibili controlli da parte degli ispettori, sono opera sua. E sempre da lui dipendono certe astruse interpretazioni delle norme in materia di tributi, chiarimenti che guarda un po’ non sono mai favorevoli al contribuente. Sì, Ernesto Maria Ruffini è il Fisco con la F maiuscola, ovvero l’uomo della imposizione e della riscossione, compito che di questi tempi, considerando che a fine anno scattano i versamenti di Iva, Tari e Imu, non sembra proprio popolarissimo.Tuttavia, a leggere gli articoli usciti su alcuni quotidiani, in particolare quelli del gruppo Gedi, ovvero Repubblica e Stampa di casa Agnelli, il direttore dell’agenzia che si occupa di accertamenti fiscali starebbe carezzando l’idea di una sua discesa in campo. Ovviamente con la sinistra. O meglio: con la sinistra che fu democristiana. Vale a dire Prodi, Mattarella, Franceschini e compagnia bella. Ai primi due lo legherebbe un’antica amicizia, dovuta a rapporti paterni. Il babbo del direttore delle Entrate era infatti un potente ras della Dc, che dal 1963 e per quasi un quarto di secolo sedette in Parlamento, ricoprendo più volte l’incarico di ministro nei governi Andreotti. Il presidente della Repubblica lo ha anche omaggiato di una prefazione in un libro dato alle stampe un paio d’anni fa e dal titolo politico: Uguali per Costituzione. Storia di un’utopia incompiuta dal 1948 ad oggi. Quanto a Prodi, nel 2013 anch’egli accettò di introdurre una fatica letteraria di Ruffini, dal titolo L’evasione spiegata a un evasore. Ma oltre ai padrini politici, il direttore dell’Agenzia delle Entrate con aspirazioni da leader della sinistra può anche vantare solide conoscenze in Vaticano, perché lo zio paterno era l’omonimo cardinale, che guidò per più di vent’anni la diocesi di Palermo. Non solo: il fratello Paolo è giornalista e oltre ad aver diretto Rai 3 è da sei anni prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa sede. Insomma, tra i democristiani Ruffini va alla grande e tra i porporati ci sguazza. Anzi. L’unico scoglio semmai restano i voti, che non sono mai nella disponibilità né dei padri nobili del Pd (quali sono Mattarella e Prodi), né dei cardinali. Ma come è noto, sul consenso si può sorvolare. L’Italia è il Paese che spesso ha messo a capo del governo persone che da sole non sarebbero mai diventate presidenti di alcunché nel caso fosse stata necessaria un’elezione. Da Lamberto Dini a Carlo Azeglio Ciampi, da Mario Monti a Mario Draghi, senza dimenticare Prodi e Giuseppe Conte, nessuno dei succitati era un trascinatore di folle e di consensi, ma inspiegabilmente (o forse invece una spiegazione c’è ed è che il nostro Paese è governato da un’élite che fa e disfa i governi) tutti costoro sono divenuti presidenti del Consiglio. Dunque, anche Ernesto Maria Ruffini, che probabilmente in casa ha respirato la politica fin da quando era ragazzino, può ambire ad avere un ruolo e sognare di far crescere il nuovo Ulivo, che ora – restando in ambito bucolico – è chiamato campo largo. Del resto, dopo Berlusconi, in tanti ritengono che la discesa in campo sia un’opportunità alla portata di mano di chiunque e perciò nessuno sa tenere a bada le proprie ambizioni e il proprio ego. Aver dato l’esempio che si può fare è infatti la colpa più grave del Cavaliere, perché ha lasciato in eredità una serie di mini leader che si illudono di poter conquistare gli italiani. Così, dopo Carlo Calenda, aspirante capo del nuovo centro, ci tocca Ruffini il quale ieri, per rafforzare il concetto di una sua prossimo discesa in politica, ha partecipato a un convegno sull’impegno dei cristiani nella società. In tutto questo agitarsi restano due questioni da chiarire. La prima riguarda gli italiani: come la prenderanno gli elettori che verrebbero chiamati dalla sinistra a votare l’uomo che rappresenta più tasse per tutti? La seconda riguarda invece Ruffini: si può continuare a lasciar circolare la voce di una prossima discesa in campo, per di più per la sinistra, se si è un servitore dello Stato? Va bene che questo Paese ci ha abituato a tutto, anche a magistrati che vogliono farsi premier, ma l’esattore finora non ci era ancora capitato.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 18 settembre con Carlo Cambi