
Per prima cosa si è preoccupato di chiedere «rispetto» per i presunti colpevoli del disastro, perché per pensare alle vittime, si sa, c’è sempre tempo. E anzi ha ricordato che il rischio idrogeologico «non si può azzerare». Non poteva scegliere modo migliore, Michele De Pascale, presidente della Regione Emilia Romagna, per condensare in poche parole l’atavica inerzia delle amministrazioni Pd nel mettere mano alle fragilità del territorio romagnolo, finito sott’acqua tre volte di seguito negli ultimi due anni.
La Procura di Ravenna ha emesso 12 avvisi di garanzia per l’alluvione del settembre 2024 che colpì duramente due paesi, Traversara e Boncellino, in Provincia di Ravenna. L’argine che doveva proteggere le due frazioni di Bagnacavallo, che aveva già ceduto nel maggio del 2023 con una prima alluvione, a causa dell’incuria del territorio e delle mancate pulizie degli alvei del fiume, esplose letteralmente il 19 settembre 2024, sommergendo le abitazioni vicine e allagando completamente il centro abitato con decine di famiglie sfollate, molte delle quali, ancora oggi, non hanno fatto ritorno nelle loro case.
Gli indagati non sono tecnici qualunque, ma veri e propri big a livello regionale, «figure apicali della Protezione civile e del settore Cura del territorio e Ambiente della Regione Emilia Romagna» si legge negli atti, in attività già durante il mandato del presidente Stefano Bonaccini, in carica come governatore dal 2014 al 2024, a cui spettano comunque, per competenza, la maggior parte delle responsabilità politiche della vicenda. Tra gli atri risultano indagati Rita Nicolini, dal 2019 direttore della Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile e oggi in staff, con il ruolo di capo dell’area tecnica, del commissario straordinario di governo alla ricostruzione dei territori colpiti dalle alluvioni, e Paolo Ferrecchi, direttore generale dell’Arpae, ex vertice del servizio Ambiente della Regione Emilia Romagna.
Insieme a loro anche alcuni titolari delle ditte che hanno eseguito i lavori di ripristino dopo la prima alluvione in un regime di «somma urgenza» che, secondo l’accusa, avrebbe lasciato spazio a procedure quantomeno affrettate. Ma anche attualmente persiste il rischio di nuovi cedimenti. L’indagine era partita dopo il sopralluogo nelle zone colpite dalla alluvione dei pm Daniele Barberini e Francesco Coco che, per vederci chiaro, commissionarono una approfondita verifica tecnica al Politecnico di Milano e la consulenza ha segnalato sia negligenze di lunga data che «omissioni su strutture di ripristino che avrebbero potuto evitare o mitigare il rischio idraulico».
Il fascicolo, infatti, era stato aperto per disastro colposo contro ignoti, ma nel corso delle indagini è emerso che il rischio, per i territori già colpiti, non è affatto terminato. Alla prima ipotesi di reato, infatti, si è aggiunto anche il «pericolo di disastro» legato alla qualità degli interventi realizzati in seguito alle alluvioni. In poche parole, quello che è accaduto potrebbe ancora succedere.
Eppure, davanti a tutto questo, De Pascale, già sindaco di Ravenna e dunque originario dei luoghi disastrati, invece di gioire per le vittime che, da tempo, chiedono risposte sulle mancanze di chi doveva tutelare ambiente e cittadini, ha pensato bene di mettere, per prima cosa, al sicuro i suoi con un laconico «è giusto che i magistrati verifichino, ma chiediamo a tutti rispetto anche degli indagati», come se il problema dell’intera vicenda fosse lì. E non contento ha messo le mani avanti per il futuro: «Stiamo facendo il massimo ma il rischio idrogeologico in queste aree è impossibile da azzerare».
«Il presidente De Pascale è stato superficiale e irrispettoso nelle sue dichiarazioni, soprattutto nei confronti delle famiglie che pagano il prezzo più alto senza nessuna colpa. I cittadini hanno diritto di conoscere le scelte compiute in anni di governo di un territorio fragile e notoriamente vulnerabile» ha dichiarato la capogruppo Fdi in Regione Emilia-Romagna, Marta Evangelisti, ricordando che «la prevenzione non è uno slogan e oggi la priorità è fare piena chiarezza su quanto è stato fatto, o non fatto, in termini di manutenzione del territorio e utilizzo delle risorse già disponibili».
A gioire della piega precisa che, per una volta, sembra aver preso un’indagine su un disastro ambientale sono i comitati dei cittadini dei territori colpiti: «È molto importante questa conclusione delle indagini, perché conferma quello che da tempo è noto ma dà al tema una nuova ottica. Pare si vada, infatti, nella direzione di individuare non generiche responsabilità politiche ma responsabilità personali di amministratori pubblici e dirigenti - spiega l’avvocato Adriano Travaglia che segue decine di famiglie rimaste senza nulla a causa dell’alluvione -. È un fatto importante per spronare tutte le amministrazioni pubbliche a prendere davvero e con attenzione in carico il tema del rischio idrogeologico e ambientale».






