
Il premier convoca la stampa a sorpresa. Il leghista lo anticipa e annuncia: «Se i pm non archiviano dopo avermi sentito, me ne vado entro 15 giorni». Il presidente, in video con mezz'ora di ritardo, è irritato: «Attendere non ha senso, al Cdm proporrò la sua revoca».La giornata di ieri sembrava tranquilla, sul fronte del governo, con polemiche meno incandescenti del solito tra Lega e M5s sul caso del sottosegretario leghista ai Trasporti Armando Siri, indagato per corruzione. Sembrava, tranquilla: alle 18 è arrivata una accelerazione improvvisa, inaspettata. La cronaca della serata di ieri è quella delle ore più difficili vissute dal governo del cambiamento.Alle 18 in punto, le agenzie di stampa annunciano che il premier Giuseppe Conte, alle 18.30, terrà una conferenza stampa sul caso Siri e comunicherà ufficialmente la sua decisione. Alle 18.29, con un timing che definire diabolico è un eufemismo, è lo stesso Siri a parlare, per la prima volta da quando è esploso il caso. «Confido», scrive Siri in una nota, «che una volta sentito dai magistrati la mia posizione possa essere archiviata in tempi brevi. Qualora ciò non dovesse accadere, entro 15 giorni, sarò il primo a voler fare un passo indietro, rimettendo il mio mandato, non perché colpevole, bensì per profondo rispetto del ruolo che ricopro». Una genialata, quella partorita dallo stato maggiore leghista: l'interrogatorio di Siri è previsto tra circa una settimana, dopo quello dell'imprenditore Paolo Arata, indagato insieme a lui per corruzione. Aggiungendo gli altri 15 giorni, si scavallano le Europee del 26 maggio.La nota di Siri scombina i piani di Palazzo Chigi. Non a caso, la conferenza stampa di Conte tarda ad iniziare: le 18.30 passano invano, neanche alle 19 il premier ha ancora fatto la sua apparizione in sala stampa. Alle 19.10, con 40 minuti di ritardo, Conte si presenta in sala stampa. Il premier è nervoso, quasi stizzito: la mossa di Siri, è lampante, lo ha messo in difficoltà. «Ho sempre rivendicato», esordisce il premier, «per questo governo un alto tasso di etica pubblica. Nel caso di specie, è normale ricevere suggerimenti per modifiche o introduzione di norme, e come governo abbiamo responsabilità di discernere e valutare se queste proposte hanno carattere di generalità o se avvantaggiano il tornaconto di singoli. In questo caso la norma non era generale e astratta», aggiunge Conte, «ho quindi valutato la necessità di dimissioni del sottosegretario. Porrò all'ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri la mia proposta di revoca della nomina del sottosegretario Siri».Poi, in riferimento alla dichiarazione di Siri di pochi minuti prima, Conte commenta: «Noi dobbiamo essere credibili, responsabili, le dimissioni o si danno o non si danno, le dimissioni future non hanno molto senso. Invito la Lega a non lasciarsi guidare da reazione corporative», aggiunge il premier, «e il M5s a non approfittare di questa soluzione per cantare una vittoria politica». Conte si alza e va via, senza rispondere alle domande dei giornalisti. L'atmosfera è tesissima, la sensazione è che neanche il presidente del Consiglio sia in grado di prevedere se il governo riuscirà a superare questa bufera.«Qualunque decisione mi va bene», commenta Matteo Salvini, «se Conte la spiega agli italiani. Se chiedessero a voi di dimettervi perché due tizi all'Autogrill parlano di voi, giustamente direste: “No fatemi spiegare a un giudice e poi ne riparliamo". In uno stato di diritto si è innocenti fino a prova contraria. Almeno lo si lasci parlare coi magistrati». Il Consiglio dei ministri sulla revoca di Siri, annuncia Luigi Di Maio a Otto e mezzo su La7, «si dovrebbe tenere tra l'8 e il 9 maggio, spero non si arrivi a nessun voto. Se si arrivasse, il M5s voterebbe a favore della revoca. Le dimissioni tra 15 giorni sarebbero state una furbata, si sarebbero scavallate le europee», aggiunge Di Maio, «non lo potevano consentire. Conosco la Lega e Salvini da alcuni mesi, hanno intelligenza e buon senso: credo che aprire una crisi di governo su un sottosegretario accusato di corruzione non dia una bella immagine».Cosa accadrà adesso? L'8 o il 9 maggio si riunirà il Consiglio dei ministri, e Conte proporrà la revoca di Siri, d'intesa con il ministro coadiuvato, Danilo Toninelli. Se non ci sarà unanimità, e quindi se la Lega si opporrà, si andrà al voto. Se la proposta di revoca di Siri sarà approvata, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firmerà il relativo decreto, come atto dovuto.I ministri del M5s, oltre al premier Conte, sono 9: il vicepremier Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede alla Giustizia, Riccardo Fraccaro ai rapporti con il Parlamento, Barbara Lezzi al Sud, Elisabetta Trenta alla Difesa, Danilo Toninelli alle Infrastrutture, Alberto Bonisoli ai Beni culturali e al turismo, Giulia Grillo alla Salute e Sergio Costa all'Ambiente. Sei i ministri della Lega: il vicepremier Salvini, Giulia Bongiorno alla Pubblica amministrazione, Erika Stefani agli Affari regionali, Lorenzo Fontana a Famiglia e disabilità, Gian Marco Centinaio alle Politiche agricole, Marco Bussetti all'Istruzione. Leghista anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. I due «tecnici» sono Giovanni Tria all'Economia e Enzo Moavero Milanesi agli Esteri.
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Il ministro dell'Interno e' intervenuto, insieme al capo della Polizia Vittorio Pisani, alla presentazione dell'edizione 2026 del calendario della Polizia di Stato alle Terme di Diocleziano a Roma.
Vladimiro Zarbo (iStock)
- Dopo la terza dose, a Vladimiro Zarbo si bloccarono gambe e braccia. Poi smise di vedere. Ma il Ssn ancora non riconosce la patologia.
- I pazienti pediatrici che assumono antidepressivi o similari sono raddoppiati dal 2020. Lo psichiatra Perna: «In quella fase la socialità è centrale. Il lockdown gliel’ha tolta».
Lo speciale contiene due articoli.
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«Non si mette in discussione, non viene mai ascoltata. Questa supponenza ha portato la sinistra ai margini della vita politica, la totale assenza di umiltà, di mettersi in discussione, che non li fa ascoltare mai e li fa solo parlare tra loro in una stanza». Lo ha detto il premier Giorgia Meloni al comizio del centrodestra a Bari a sostegno del candidato alla presidenza della Puglia Luigi Lobuono, in vista delle Regionali.
Robert W.Malone (Getty Images)
L’inventore della tecnologia mRna: «I Cdc Usa hanno soppresso i dati sugli eventi avversi. La buona notizia è che si possono curare: anch’io ho avuto problemi cardiaci dopo Moderna. L’utilitarismo e lo scientismo hanno prodotto un approccio stalinista alla salute».
Robert Malone è il papà dei vaccini a mRna. È lui che, neolaureato, conduce nel 1987 uno storico esperimento al Salk Institute in California e poi, l’11 gennaio 1988, appunta sul suo taccino: «Se le cellule potessero creare proteine dall’mRna, potrebbe essere possibile trattare l’Rna come farmaco». «Scusatemi, ero giovane, avevo soltanto 28 anni», ha ironizzato qualche settimana fa a Bruxelles. Ieri il fisico e biochimico, nominato dal ministro della salute Usa, Robert F. Kennedy, presidente della commissione vaccini americana (Acip), ha lasciato Roma, dove si è fermato tre giorni per partecipare a un convegno al Senato sull’esperienza statunitense della pandemia e alla conferenza sulla sanità del XXI secolo, organizzata dai medici Giuseppe Barbaro, Mariano Bizzarri, Alberto Donzelli e Sandro Sanvenero, insieme con l’avvocato Gianfrancesco Vecchio.






