2019-10-16
La sanitopoli umbra ritorna a un passo dalle elezioni. In bilico il patto sinistra-M5s
Avviso di garanzia al commissario dell'Usl di Terni nominato in zona Cesarini dal Pd. Per i pm era il collettore delle raccomandazioni. Grillini in imbarazzo.La società spinge per uno stadio nuovo. Si offre Campi Bisenzio, ma il primo cittadino non ci sta a farsi scippare la squadra che avrà già il centro sportivo fuori città. E rischia l'isolamento nel Pd.Lo speciale contiene due articoliCominciano a prendere le distanze. Non dall'alleato, ma dall'esito del voto. È questa la strategia che Luigi Di Maio ha dettato per gli ultimi giorni di campagna elettorale a Perugia. Ha lasciato trapelare: «Ho detto ai miei che comunque l'Umbria è importante per gli umbri, non è un trofeo elettorale da sbandierare». Ma a Perugia il patto Pd-pentastellati è in bilico. Nel giorno in cui Nicola Zingaretti alla direzione nazionale del Pd disegna le magnifiche sorti e progressive dell'alleanza con i grillini per costruire un polo progressista che parte dal 40%, la somma Pd più M5s, dall'Umbria sono arrivate tante telefonate al capo politico pentastellato con una sola domanda: e ora che si fa? Perché è tornata deflagrare sanitopoli con un nuovo avviso di garanzia che mette fortemente in imbarazzo i pentastellati umbri. Sono stati loro con Maria Grazia Carbonari - consigliera regionale uscente e ricandidata che dicono abbia una gran voglia di menare metaforicamente le mani con i dem - ad accendere l'inchiesta che ha decapitato il Pd ed oggi si trovano a stare (poco) nelle piazze con gli ex nemici mentre tornano gli avvisi di garanzia per i concorsi truccati. Con una tattica degna del Conte (Zio) di manzoniana memoria, a chi dall'Umbria gli telefona Di Maio risponde: «Sopire, troncare… troncare, sopire». Ma c'è poco da sopire perché due giorni fa la Procura della repubblica a Perugia ha spedito ad Andrea Casciari - commissario straordinario dell'Usl di Terni - un avviso di garanzia per abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Lui si difende ammettendo l'avviso di garanzia: »Sono tranquillo, so di aver operato sempre nel rispetto della legge». I pm Paolo Abbritti e Mario Formisano sembrano di parere diverso e hanno agito ora contro Casciari perché lui - stando all'accusa - è uno degli attori della sanitopoli e il fatto di averlo nominato di nuovo al vertice di una Usl secondo i magistrati nasconde qualcosa. Andrea Casciari quando è scoppiata sanitopoli era direttore della Usl Umbria 1 e per la Procura è lui che ha passato alle commissioni le liste dei candidati da favorire che sarebbero state stilate da Luca Barberini, l'ex assessore pd alla Sanità finito agli arresti domiciliari. Dopo lo scandalo la Usl 1 fu commissariata, ma Casciari il 27 settembre - proprio mentre maturava l'accordo Pd-5 stelle - è stato nominato commissario straordinario all'ospedale di Terni dal presidente della giunta regionale facente funzioni dopo le dimissioni di Catiuscia Marini, anche lei indagata nell'inchiesta della sanità. E chi è il mentore di Casciari? Fabio Paparelli, che il Pd ora ricandida alla Regione, e che è l'uomo delle tessere del Pd a Terni dove Walter Verini - commissario regionale del Pd a seguito dell'arresto dell'ex segretario regionale Gianpiero Bocci - è stato costretto a commissariare una settimana fa la federazione del partito.Proprio a Terni i grillini avevano, in agosto, denunciato il degrado dell'ospedale. Il consigliere comunale Claudio Fiorelli, dipendente dell'Usl, e quello regionale Andrea Liberati avevano fatto fuoco e fiamme sulla gestione del Santa Maria. Per tutta risposta Paparelli, che è di Terni ed era a capo della Regione, ha tolto il commissario Lorenzo Pescini e ha nominato Andrea Casciari ora accusato di essere il collettore delle raccomandazioni. Con Paparelli però i 5 stelle devono fare campagna elettorale insieme. Da qui le preoccupazioni di Di Maio. Ma anche di Walter Verini perché per primo il commissario del Pd disse: «Ci dobbiamo vergognare di quanto è successo nella sanità e dobbiamo chiedere scusa» ma sperava che nessuno glielo ricordasse in campagna elettorale. Invece la sanitopoli torna fuori anche perché Gianpiero Bocci - l'ex segretario regionale Pd arrestato - che doveva essere sentito in Tribunale il 22 ottobre, a cinque giorni dal voto, ha avuto l'interrogatorio rimandato, ma ha dato la lista dei testi a suo favore. Ci sono dentro 3 prefetti, 6 tra comandanti di Carabinieri e Finanza dell'Umbria, il rettore dell'Università. Evidentemente essere stato sottosegretario agli Interni con Matteo Renzi e Paolo Gentiloni a qualcosa deve essere servito. Ecco come torna in primo piano la sanità umbra. Su questo Donatella Tesei - la candidata del centrodestra - incalza Vincenzo Bianconi che cerca di non fare parola dello scandalo, anzi promette i concorsi in streaming e dice che farà lotta selvaggia alle liste d'attesa.La cosa curiosa è che il Pd accusa la Tesei di voler aprire le corsie ai privati (questo le avrebbe garantito l'appoggio del Corriere dell'Umbria di cui sono editori gli Angelucci, imprenditori anche della sanità che ha tirato fuori la storia dei contributi del terremoto alle imprese di Bianconi) ma a scrivere nel programma che servono «modelli innovativi di collaborazione pubblico-privata per fornire prestazioni sanitarie a tariffe calmierate» è stato proprio il candidato di Pd e 5 stelle. Perché sa che sulla sanità il sistema Pd è franato. A meno di non seguire la ricetta di Emilio Duca, ex direttore dell'ospedale di Perugia assai vicino al Pd anche lui arrestato e a giudizio, che diceva: «Per smaltire le file d'estate basta spegnere i condizionatori, vedrai come se ne vanno». Carlo Cambi<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-sanitopoli-umbra-ritorna-a-un-passo-dalle-elezioni-in-bilico-il-patto-sinistra-m5s-2640980603.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nardella-e-il-ricatto-di-campanile-sulla-viola-la-faida-dei-sindaci-dem" data-post-id="2640980603" data-published-at="1757965373" data-use-pagination="False"> Nardella e il ricatto di campanile. Sulla Viola la faida dei sindaci dem C'è un'aria talmente pesante nel frastagliato Pd fiorentino e toscano, che perfino Frank Ribery, che non è un nuovo candidato alla carica di governatore della Toscana, ma semplicemente un campione di calcio, può far litigare sindaci dello stesso partito ma di diverse correnti. Peraltro abbastanza sovraeccitate dalla campagna elettorale alle porte e dall'attesa per la fondativa Leopolda 10, nel prossimo week end, per la quale già si è aperta la caccia alle streghe sul chi sta con chi, che fa prevedere discreti check point agli ingressi della vecchia stazione granducale di Firenze, per misurare chi va con Renzi e chi no. La Fiorentina, che com'è noto è anche un cavallo di battaglia di Matteo Renzi, trascinata dalle gesta sportive del nuovo Magnifico, il suddetto Frank, e dalle ambizioni di Rocco Commisso l'amerikano (secondo Forbes è il 131° fra i 400 americani più ricchi), fresco signore e padrone dell'universo viola, sta mettendo uno contro l'altro i dem, ma soprattutto ha messo il mondo contro Dario Nardella, per via del nuovo stadio da costruire. Che Rocco vuole finito nei tempi Usa, cioè «fast, fast, fast». Dove? È qui il punto. Il sindaco di Campi Bisenzio, Comune alle porte della grande città, ha messo a disposizione un terreno libero edificabile, senza sgocciolature ambientalistiche né insofferenze cementizie, una soluzione fast and easy come piace a Rocco, che sarebbe adatto alla realizzazione del nuovo impianto. Che però ha un solo, fondamentale difetto: non è nel territorio del Comune di Firenze. Allora: si può accettare che lo stadio dove giocherà la Fiorentina, intitolato ad Artemio Franchi, non sia più a Firenze ma a Campi? Per il sindaco Nardella assolutamente no: «Mi opporrò con tutte le forze. lo dico a tutti, compresi i miei colleghi di partito, di fronte ai giochini, io non-ci-sto», ha tuonato con scansione scalfariana e con un inusuale piglio post renziano. Gli ha risposto subito il collega di partito Emiliano Fossi, che oltre a essere il sindaco di Campi è un convinto zingarettiano: «Non si può tollerare una competizione fra sindaci, noi pretendiamo dignità e rispetto». E assai più ruvidamente si sono ribellati a Nardella gli altri sindaci dell'hinterland, specialmente quello di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi, espresso dalla sinistra quindi con il dente particolarmente avvelenato verso lo «strapotere» di Palazzo Vecchio: «Questa è una ripicca. Nardella rifugga dal tifo e dal provincialismo, il suo intervento è stato fuoriluogo e poco lungimirante». Il dado è tratto, la guerra è aperta. Nardella accusa Fossi di fare il furbo e di voler sfilare lo stadio a Firenze: troppo comodo prendersi la polpa (il business, i vantaggi dell'indotto, gli oneri di urbanizzazione) e lasciare a Palazzo Vecchio le incombenze più «sporche», come la viabilità, tipo strade e magari ferrovia. «Cà nisciuno è fesso», ha lasciato intendere l'inquilino di Piazza della Signoria, con lo spirito napoletano che gli deriva dall'origine partenopea. E a quel punto ha minacciato di rimettere sul tavolo tutte le rogne metropolitane, compreso l'aeroporto, il termovalizzatore e le tramvie che i Comuni intorno a Firenze osteggiano in ogni maniera. Vuoi lo stadio?, è il ragionamento rivolto da Nardella al sindaco Fossi, allora riparliamo di tutto quanto. Per molti è un ricatto di campanile. Tuttavia bisogna ricordare che negli ultimi anni il sindaco Nardella ha lavorato insieme alla vecchia proprietà di Diego Della Valle, per destinare allo stadio un'area che attualmente ospita il Mercato ortofrutticolo, superando con fatica vincoli e facendo approvare varianti urbanistiche dal consiglio comunale. Spariti i Della Valle, che avrebbero comunque avuto l'area della Mercafir in concessione, tutto potrebbe ricominciare da zero. Ed è in questa specie di vacatio che si è insinuato l'intraprendente Fossi: in tre anni il nuovo «Franchi» sarà pronto. La suscettibilità di Nardella, che è anche sindaco della Città metropolitana, ha una sua giustificazione politica, ma ne ha anche una di principio: lui non ci farebbe una bella figura se Firenze si lasciasse «scippare» la Fiorentina da Campi, dopo che un altro piccolo e glorioso municipio dell'hinterland, Bagno a Ripoli, ricco di paesaggi d'incanto, che ospita dimore e ville di vip, appena qualche giorno fa ha convinto il patron americano ad acquistare un'area di 25 ettari dove sorgerà il Centro sportivo, che diventerà quindi la Vinovo viola, il Milanello gigliato. Dunque, si può capire: perdere il Centro sportivo e poi anche lo stadio, è tanta roba. Eppure ai fiorentini tifosi, cioè quasi tutti, le schermaglie territoriali non interessano. Commisso è il nuovo re, quindi viva il re. La gente non ha apprezzato la rigidità del sindaco che improvvisamente è diventato impopolare e rischia addirittura l'isolamento nel Pd. Pregiudicando il lavoro che proprio lui stava facendo per trovare una soluzione unitaria alla scelta del candidato per la Regione. Solo qualche giorno fa aveva riunito a Livorno sessanta sindaci della Toscana per cercare un'intesa su idee e servizi. Ora l'effetto stadio sta dividendo, altro che unire. Perfino una foto nella quale uno dei pretendenti alla presidenza della Regione, Eugenio Giani, si è fatto ritrarre a braccetto con i sindaci di Campi e Bagno a Ripoli è stata interpretata come un endorsment anti Nardella. Sull'argomento non è pervenuta la posizione di Renzi, che sicuramente non farà mancare la sua indicazione. Nel frattempo il sindaco è in pieno recupero, sta cercando di accelerare i tempi per la soluzione che già aveva condiviso con i Della Valle («Tutto in 48 mesi», ha promesso ieri). E poi correre a convincere Commisso che si può fare «fast» come piace a lui. Dario Nardella non vuole passare alla storia come il sindaco di Firenze che si è fatto portare via la Fiorentina da Campi Bisenzio. Marcello Mancini
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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