
Monica Bellucci critica l'ex marito Vincent Cassel fidanzato con una ventenne. Ma la fine dei pregiudizi sulla differenza d'età giova alle donne. Intervistata dal settimanale francese Elle, Monica Bellucci ha dichiarato: «Mi vedreste accanto a un ragazzo di 20 anni, anche se molto bello? Lo guarderei come un figlio. Bisogna fare la differenza tra le pulsioni e il modo di gestirle, perché in caso contrario siamo uguali agli animali». Il riferimento al nuovo amore del suo ex marito Vincent Cassel, dal quale ha divorziato nel 2013 dopo quattordici anni insieme e due figlie (Deva di 14 anni e Léonie di 8), è evidente. L'attore francese, infatti, sta per convolare a nozze con una giovanissima modella che lo accompagna da un po', Tina Kunakey, dalla quale lo distanziano 31 anni: lui ne ha 52, lei 21. Va detto che probabilmente Monica Bellucci - oggi cinquantaquattrenne, due anni in più di Vincent - deve aver provato invano ad addomesticare le «pulsioni» dell'ormai ex marito, e parli da donna ferita o quantomeno sconfitta. Il divorzio tra i due, infatti, sopraggiunse su richiesta di lei. Dopo essersi trasferita per un po' con Vincent a Rio de Janeiro, scoprì che lui intratteneva una tresca con Ana Cristina Fernandes Dos Santos, messa a lavorare nel ristorante La Galeria di un amico di Vincent e oggi ventinovenne. Si trattava di una vera e propria doppia vita, perché Vincent viveva insieme con la Fernandes in una casa di coppia in Via Rua Roberto Dias Lopes 100, appartamento 1303, a Leme, un barrio a sud di Rio de Janeiro. Naturalmente, se sei Monica Bellucci - ovvero una delle donne davvero più belle del mondo, la cui bellezza sta anche in una aggraziata eleganza che deve avere profonda radice interiore per rilucere così forte all'esterno - ti tiri via da una situazione del genere. E siccome sei anche una signora, racconti alla stampa che col tempo l'amore si trasforma (così disse l'attrice spiegando le ragioni del divorzio). Non dici che hai sposato un playboy con il vizio delle giovinette. Le dichiarazioni di Monica, quindi, vanno lette alla luce della sua esperienza personale - e tutto fa pensare dolorosa - con le «pulsioni» di Cassel. Le quali, poi, non sono altro che un maschilismo trito e banale che esiste in taluni esemplari maschili, per cui il vecchio uomo si accompagna alla donna più giovane e schifa le coetanee e superschifa le più grandi di lui, onde dimostrarsi appetibile a prescindere dalla sua età. Il maschio che ragiona così - e ce ne sono - è un po' cieco quando ritiene di essere amato per la sola sua «anima»: non a caso i vecchi maschi con giovani donne sono uomini di potere e/o di agiata (come minimo) posizione sociale, professionale ed economica. Tutte queste lolite innamorate del vecchio barbone con le ragnatele nel portafogli noi non le abbiamo ancora viste: è raro essere amati per la sola propria essenza nei rapporti tra coetanei, figurarsi quando lui ha l'età per essere padre o nonno della ninfetta. In ogni caso, all'attempato maschio vanitoso interessa soprattutto l'effetto che la giovane belloccia - anche se sta con lui per interesse - suscita in pubblico. Egli la utilizza come un'estensione del suo narcisismo ossia come un trofeo da mostrare in pubblico. Il punto non è tanto la «pulsione», quindi, ma ciò che muove la pulsione... Premesso questo, la Bellucci sbaglia a ridurre la relazione tra partner con grande differenza d'età alla mera pulsione sessuale. Non è così, o almeno non sempre. Nell'intervista, Monica ha anche aggiunto: «Il mio non è un giudizio morale», ma la questione non è morale. È squisitamente antropologica, sociologica e storica. La diffusione delle relazioni tra partner con grande differenza d'età rappresenta una sorta di passaggio storico. È forse l'unica novità che rivoluzioni fortemente il mondo eterosessuale, altrimenti raccontato come un patetico Medio Evo dal mondo gay (dove i vecchi omosessuali coi giovani nerboruti spopolano) e da gran parte della sinistra (anche lì è pieno di Matusalemme con la giovine tosa). Il dato interessante non è quindi che il vecchio maschio sia attratto dalla giovane donna: è così ovvio che non necessita commenti. Il vero dato è che sono sempre più le relazioni in cui il «toy» non è femminile, ma maschile, e il «vecchio scarpone» dell'accoppiata non è l'uomo ma la donna. Sono tante le donne protagoniste di rapporti senza età. Sono tante le donne, anche famose, che stanno con uomini più giovani e sinceramente sì, noi vedremmo Monica Bellucci con un uomo di quaranta, trenta o venti anni, ma perché no? Se è vero che stare con un uomo di trent'anni più piccolo può simbolicamente ricordare l'incesto perché l'età potrebbe essere quella di un figlio, è anche vero che incesto, nella realtà, non è, non essendo davvero i due davvero figlio e madre. È importante, inoltre, ribaltare lo stereotipo che dipinge la donna «vecchia» come incapace di sedurre, di attrarre l'uomo sia sul piano erotico che su quello sentimentale. Nella Bibbia, Sara - a circa 75 anni e seguendo la consuetudine del tempo - consente che Abramo prenda in moglie Agar e gli dia un figlio, che poi sarà Ismaele. Ma dopo quindici anni, Dio promette a Sara che farà concepire pure a lei, miracolosamente, un bambino. Sara morirà a 127 anni, circa trent'anni dopo la messa al mondo di Isacco. Oggi tutti i limiti temporali dell'individuo si estendono (pensiamo per esempio alle pensioni), dunque è giusto che anche il tempo dell'amore si estenda. È giusto che la «soglia di amabilità» della donna - di solito fissata tra i 45 e i 55 anni - finalmente sfumi. Heidi Klum, 45 anni, è fidanzata con Tom Kaulitz dei Tokio Hotel, età 28 anni. Katie Price, 40 anni, è fidanzata con Kris Boyson, 29 anni. La «first lady» dei musical, Elaine Paige, 69 anni, sta con Justin Mallinson, 46 anni. Brigitte Trogneux, first lady della Francia, è sposata con Emmanuel Macron, che ha 24 anni meno di lei. Sono tutti maschi che «pulsano» al contrario? Non crediamo. E se anche fosse, che male c'è?
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Un servizio di «Fuori dal coro» mostra il racket dei bengalesi a Monfalcone: o cedi metà del tuo stipendio oppure non lavori o, peggio ancora, vieni pestato. I soldi presi dai caporali servono anche a finanziare gli imam che predicano abusivamente.
(Arma dei Carabinieri)
Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 persone indagate per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro. Con l’aggravante del metodo mafioso.
Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola , Seclì e presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che operava nella zona ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori «Puglia», dal Nucleo Cinofili di Modugno (Ba), nonché dai militari dell’11° Reggimento «Puglia».
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto è cominciato nel giugno del 2020 con l’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane nato nel 1999. Le successive investigazioni avviate dai militari dell’Arma hanno consentito di individuare l’esistenza di due filoni parallel ed in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della zona ionica del Salento, suddivise tra Nardò e Gallipoli. Quello che sembrava un’attività apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui rispettivi territori, capaci di piazzare gradi quantitativi di droga. In particolare, l’organizzazione che operava sull’area di Nardò è risultata caratterizzata da una struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalla cessione di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
Sono stati alcuni episodi a destare l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando,dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima era stata avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria auto.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere portata in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione della macchina, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima era stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola più volte con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra e causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo di primo piano è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Alcune avevano ruoli centrali, come referenti sia per il rifornimento dei pusher sia per lo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una di loro. Spesso utilizzavano automobili di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna vicina al capo gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, come l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile intercettazione (WhatsApp e Telegram).
Nell’azione delle due strutture è stato determinante l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per ordinare le dosi. In alcuni casi gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del prodotto ceduto, ricontattavano i clienti per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con diversi appellativi che ricordavano cibi o bevande (come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”), veniva prelevata da nascondigli sicuri e preparata in piccole dosi prima di essere smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio. Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti nel Salento ionico, fino all’intervento di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata di oggi.
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