2021-06-12
La Rai si è fatta fregare una galleria d’arte
Sono quasi 120 le opere, tra dipinti e sculture, sparite dalle sedi della tv di Stato. Il sospetto è che siano state trafugate da dipendenti infedeli, come dimostra il caso di un quadro sottratto da un impiegato. L'inchiesta è nata per caso dopo il ritrovamento di un falso.Rai, di tutto, di meno. In Viale Mazzini e nelle sedi regionali adesso spariscono anche i quadri e le opere d'arte della collezione della tv di Stato. Anzi, più che «adesso» è il caso di dire da sempre, perché la Procura di Roma ha aperto un'inchiesta per scoprire dove sono finite circa 120 opere che sarebbero svanite nel nulla almeno dal 1996, anno in cui molte di queste furono esposte a Lecce in una mostra. Il danno è di decine di milioni e in almeno un caso sarebbe sparito perfino il falso che aveva sostituito una tela originale di Giorgio De Chirico, per altro tra gli artisti più falsificati della storia. Insomma, un furto al quadrato con beffa. Una storia di incuria decennale e che forse dovrebbe far riflettere sulla demenziale opposizione della politica al trasferimento della produzione tv a Milano, al Portello, dove magari la Rai potrebbe chiedere a chi gestisce l'ospedale Covid di lasciare qualche sorvegliante un po' più attento delle ditte romane, che da sempre si contendono i ricchi appalti della vigilanza di Viale Mazzini. Dopo le prime, parziali, rivelazioni di un mese fa di Striscia la notizia, ieri il Messaggero ha svelato l'esistenza di un'indagine del Nucleo tutela del patrimonio artistico dei carabinieri, che sta cercando di rintracciare questa sorta di pinacoteca diffusa di Mamma Rai, composta da circa 120 opere, tra dipinti, stampe e sculture di grande valore che abbellivano in gran parte le sedi romane, ma anche alcuni uffici regionali. Si tratta di un decimo di un patrimonio che arriva a 1.500 opere d'arte, arazzi compresi. Ma l'elenco della vergogna è lungo e comprende capolavori del Novecento come Vita nei Campi di De Chirico, La domenica della buona gente di Renato Guttuso. E poi, Composizione di Karol Rama, Castello d'Issogne di Gigi Chessa, Kovancina di Felice Casorati, Giuditta di Carlo Levi, Tristano e Isotta di Massimo Campigli, e Numeri di Ugo Nespolo. Manca all'appello anche un nutrito numero di stampe di grande valore, firmate da Amedeo Modigliani, Alfred Sisley, Jean Baptiste Corot e Claude Monet.L'indagine è partita da una denuncia dell'azienda ai primi di maggio, come ha spiegato ieri il presidente, Marcello Foa: «È la stessa Rai ad aver fatto emergere quanto riportato oggi dai media su furti d'arte in azienda nell'arco di più anni. La scoperta è avvenuta grazie a un audit (inchiesta interna, ndr), da me avviato non appena avuta la percezione di un possibile problema. Una volta conclusa l'indagine interna, abbiamo subito sporto denuncia». Foa ha aggiunto di aspettarsi che certi comportamenti finiscano per sempre e che questa storiaccia sia l'inizio di una «valorizzazione del patrimonio artistico della Rai». Ma come ha fatto la Rai ad accorgersi delle ruberie? Per caso. Qualche mese fa è capitato, nella sede centrale di Viale Mazzini, che una tela di Ottone Rosai sia caduta e in questo modo si è scoperto che era un falso, messo lì da qualcuno che s'era portato via l'originale chissà quanti anni prima. Al momento, le indagini hanno scoperto che il quadro sarebbe stato venduto per 25 milioni di lire nel corso degli anni Settanta da un dipendente dell'epoca. L'impiegato ladro avrebbe anche già ammesso il furto con il pm, tanto ormai sono passati oltre 40 anni e sia la ricettazione sia il furto sono caduti in prescrizione. Ovviamente, che tanti furti siano andati in scena in un arco di tempo così lungo dovrebbe far riflettere sul clima di lassismo e incuria che regnava in azienda. La notizia di ieri comunque non era esattamente inattesa, dopo che lo scorso 13 maggio era stato l'inviato comico di Striscia la notizia, Pinuccio, a raccontare di un Guttuso e di un De Chirico scomparsi dalla Rai. Anche se alcune delle opere trafugate erano in sedi distaccate, va detto che il grosso era naturalmente a Roma e sembra confermare la triste fama di un'azienda che spesso pare essere fuori controllo e dove tutto può accadere, dagli appalti pilotati alle forniture affidate a parenti e amici, fino alla vigilanza e ai bar interni. Eppure Rai è per molti sinonimo obbligato di Roma e basta. A cominciare dai partiti, storicamente indaffarati a piazzare gente «di fiducia» nel carrozzone pubblico. Ma la «fiducia» vera, come si vede da questa storia, è merce rara. E questa indagine ai confini del surreale arriva nel pieno delle polemiche politiche partite dalla Capitale per fermare il previsto trasloco di alcuni centri di produzione a Milano, al Portello, negli spazi del MiCo. Un trasloco già deciso e bloccato solo dalla pandemia cinese, visto che questi spazi sono stati nel frattempo utilizzati per la realizzazione dell'ospedale «ad hoc» in Fiera. Il cda di Viale Mazzini a questo punto ha fissato il 2025 come termine ultimo del trasferimento. Ma intanto, da Roma, sono partiti i siluri di tre candidati sindaci come l'uscente Virginia Raggi e gli ex ministri Carlo Calenda e Roberto Gualtieri, tutti timorosi che il trasloco snaturi la famosa «centralità di Roma» per la Rai. E non è mancato di intervenire neppure il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, che l'ha buttata sul notarile: «Penso innanzitutto che un cda in scadenza, come è quello della Rai, dovrebbe evitare scelte così strategiche a poche settimane dalla sua cessazione», ha detto l'ex segretario dem al Messaggero. Per Zinga, «la produzione televisiva, la tv pubblica sono proprie di Roma, della Capitale d'Italia e del Lazio». I quadri alle pareti, invece, sono del primo funzionario o commesso che li stacca e se li porta a casa, senza che nessuno se ne accorga per decenni.
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Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
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Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)