2019-12-06
Droga, c’è mandato d’arresto per la radicale Bernardini
. Ma il carabiniere non esegue
I carabinieri trovano 32 piante di Rita Bernardini, però la Procura stoppa manette e processo per «evitare risonanza mediatica». Esistono due pesi e due misure nella giustizia in Italia? È per rispondere a questo dilemma che un anonimo luogotenente dell'Arma dei carabinieri ha deciso di andare allo scontro diretto con uno degli uffici giudiziari più importanti d'Italia, la Procura di Roma. Lui si chiama Enrico Sebastiani e, all'epoca dei fatti, era maresciallo in servizio presso il Nucleo operativo radiomobile della compagnia Roma Cassia. Nel settembre scorso ha firmato un esposto, indirizzato alla Procura di Perugia (che ha competenza su vicende che riguardano il distretto giudiziario della Capitale), alla Procura generale presso la Corte di Cassazione e al Csm (sezione disciplinare) per segnalare le condotte del procuratore facente funzione di Roma, Michele Prestipino, e del pm Giulia Guccione. La storia inizia il 17 luglio scorso quando, durante un'operazione di sequestro di piante di marijuana sul balcone di casa della giornalista Alessandra Flavetta, un carabiniere della squadretta di Sebastiani si accorge che, al pianterreno dello stesso stabile, nell'appartamento dell'ex deputata del Pd Rita Bernardini, c'è un'altra coltivazione fuorilegge. La donna, che in quel momento è fuori casa, viene convocata d'urgenza e sottoposta ad arresto insieme alla giornalista per violazione dell'articolo 73 comma 1 dpr 309/90 - che prevede il fermo obbligatorio -. Si scopre che la combattiva esponente radicale aveva 32 piante di marijuana (altezza media 1,2 metri) con un «sistema di annaffiamento canalizzato». Una volta in caserma, Sebastiani informa il suo superiore e il pm di turno, la Guccione appunto. A questo punto, com'è naturale che sia, le versioni delle parti in causa divergono.Il magistrato - ricostruiamo sempre dall'esposto del militare - ordina via cellulare il trasferimento delle due donne ai domiciliari e l'accompagnamento, l'indomani, in tribunale per celebrare il processo per direttissima. Mentre Sebastiani sta per chiudere la telefonata, il suo superiore gli subentra e al pubblico ministero spiega di essere stato contattato dal comandante del gruppo carabinieri di Ostia, il colonnello Pasqualino Toscani, con indicazioni diverse ricevute direttamente dal procuratore della Repubblica di Roma, Michele Prestipino. E cioè di non procedere all'arresto della Bernardini ma di denunciarla a piede libero per «evitare la risonanza mediatica». Stesso trattamento viene riservato pure all'altra donna, nonostante - ribadisce nell'esposto il carabiniere - l'arresto fosse già stato eseguito e comunicato a entrambe. Sebastiani afferma di aver parlato della violazione della procedura con il comandante, che gli avrebbe pure dato ragione, e di aver espresso perplessità al pm con tono rispettoso ed educato. Aggettivi, questi, importanti nella sua versione perché di lì a qualche settimana - il 10 agosto - il carabiniere riceverà una comunicazione di avvio di procedimento disciplinare sulla base di una lettera di censura, firmata proprio da Prestipino, che lo accusa di aver usato espressioni «inopportune e inappropriate», e di una relazione di servizio del pm Guccione. In cui il magistrato spiega di aver concordato già col superiore di Sebastiani la denuncia a piede libero per le due, in coerenza con altri casi trattati dall'ufficio giudiziario. Aggiungendo, altresì, un chiarimento di natura tecnica sulla scelta di non far scattare le manette: «Non si ritenevano sussistenti i presupposti di legge per procedere ad arresto, come inizialmente prospettato dal maresciallo, a fronte della palese mancanza dell'elemento soggettivo (…) essendo notorio l'intento dell'attivista, pubblicizzato a mezzo social o trasmissioni televisive nazionali, di cercare visibilità mediatica per la propria campagna politica sfruttando lo strumento del processo penale». La pm sottolinea inoltre che Sebastiani l'avrebbe accusata «di aver indebitamente “impedito un arresto obbligatorio", di aver agito con disparità di trattamento, secondo logiche del “due pesi due misure, in quanto negli altri casi si era proceduto all'arresto e al processo per direttissima" e che testualmente “non avrebbe dormito sonni tranquilli la notte consapevole di non aver fatto il proprio dovere"». Richiamo, questo, che il pm ha ritrovato nelle dichiarazioni della Bernardini che, infatti, quasi in diretta aveva commentato: «Ho reso dichiarazioni spontanee ai carabinieri lamentando il trattamento diverso rispetto a quello che accade a comuni cittadini sorpresi a coltivare piante di cannabis. La procura di Roma, normalmente, quando c'è un arresto in flagranza di reato procede con gli arresti domiciliari e poi si viene processati per direttissima». Successivamente, il luogotenente avrebbe avuto - a suo dire - modo di parlare del procedimento disciplinare con il colonnello Toscani che gli avrebbe risposto: «Ma sai chi è Prestipino?». Alla fine, Sebastiani è stato «condannato» a un giorno di consegna per «per minore senso di responsabilità... non tenendo una condotta a salvaguardia del prestigio dell'istituzione e dell'esercizio delle funzioni allo stesso devolute». Solo a questo punto, il militare ha deciso di ricorrere all'autorità giudiziaria. Contattato dal nostro giornale, il procuratore Prestipino, il più accreditato tra i candidati per prendere il posto del predecessore Giuseppe Pignatone, è stato di poche parole: «Non ricordo la vicenda e non ho nulla da dichiarare o da chiarire».
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